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In Israele è crisi di governo, e questa volta Netanyahu potrebbe non avere un piano B

È la prima volta nella storia di Israele che un Primo Ministro non riesce a formare una coalizione e un governo stabile: una situazione ancora più preoccupante se si pensa che Netanyahu, nel corso della sua carriera, ha formato governi con membri ben più distanti ideologicamente gli uni dagli altri. Gli otto membri del partito religioso United Torah Judaism (guidato da Ya’acov Litzman) non sono scesi a compromessi sul rinnovamento del provvedimento sull’esenzione degli Haredim dal servizio militare, attualmente in scadenza e che Avigdor Lieberman, in trattativa per entrare a far parte del governo, vuole regolare con una legge differente, mirata a reintrodurre gradualmente la coscrizione per gli ultrareligiosi.

È proprio Netanyahu, poco prima di mezzanotte (ora italiana) ad avvisare la stampa locale di non essere stato in grado di raggiungere un compromesso con il partito Yisrael Beytenu, guidato dallo storico (ma non più) alleato Avigdor Lieberman, sulla controversa legge di coscrizione per gli Haredim – la compagine ultra religiosa dell’ebraismo ortodosso. Sulla base delle dichiarazioni dei membri della Knesset presenti, Netanyahu avrebbe elaborato una serie di compromessi per convincere Lieberman, rappresentante della destra laica, a far parte del governo, ma quest’ultimo avrebbe rifiutato qualsiasi alternativa, affermando di non volersi arrendere agli ultraortodossi. La Knesset ha fissato le elezioni per il 17 settembre, ma ci sono state diverse altre opzioni che la coalizione avrebbe potuto considerare in seconda lettura, opzioni che avrebbero richiesto però a Netanyahu di farsi da parte in favore del secondo partito, quello di Benjamin Gantz.

IL PESO DEGLI HAREDIM

La legge che “esenta” gli ultrareligiosi dagli obblighi militari è solo una manifestazione di una problematica ben più ampia. Queste compagini, infatti, non riconoscono la legittimità dello stato di Israele, non di rado insultano, colpiscono e minacciano i soldati per le strade del Paese – i quali spesso non hanno modo di intervenire – e sostengono le ragioni dei Palestinesi anche in modo non pacifico. A malapena sopportati dalla maggioranza della popolazione, laica o religiosa che sia, la comunità degli ultrareligiosi gode anche di una serie di immunità e imponenti aiuti economici che consentono anche agli adulti di non lavorare. Il disegno di legge rifiutato senza compromessi dalla fazione ultrareligiosa, avrebbe stabilito obiettivi annuali crescenti per la coscrizione degli Haredim nell’esercito israeliano. Non sono mancate le frizioni tra il Likud e lo stesso Lieberman, accusato di essersi solo fintamente immolato alla causa della cittadinanza laica, nascondendo il proposito di voler distruggere la carriera politica del suo ormai rivale Netanyahu.

L’INFLESSIBILITÀ DI LIEBERMAN

Il leader di Yisrael Beytenu, è accusato dai membri del Likud di non aver mai avuto intenzione di appoggiare un governo a guida Netanyahu. Fu proprio lui a lasciare il proprio incarico di Ministro della Difesa, costringendo Israele ad andare a elezioni anticipate. Il principale rappresentante dell’ebraismo laico russo, infatti, non aveva alcuna intenzione di accettare il cessate il fuoco di Hamas – voluto invece da Netanyahu – a seguito del pesantissimo attacco missilistico con cui il gruppo terrorista colpì Israele nel novembre del 2018. Il partito ultra-ortodosso United Torah Judaism, che al momento detiene solo otto seggi, è ancora al fianco di Netanyahu e ha dichiarato che ne sosterrà nuovamente la candidatura alla guida del governo. Il leader del Likud, ai microfoni della stampa locale, ha invece affermato che Lieberman si è unito ufficialmente alla sinistra.

COME CAMBIA ISRAELE

Il collasso dell’alleanza tra il Primo Ministro di Israele e Lieberman nasconde due spaccature che investono tutta la società israeliana. La prima è quella della vera natura della destra, la quale con sempre più urgenza sarà chiamata a scegliere tra un nazionalismo patriottico simboleggiato dalla coscrizione, ed il più puro dei conservatorismi religiosi. La seconda, invece, circonda l’inflessibilità nei confronti del terrorismo rappresentata dal più bellicoso Lieberman, e il pragmatismo di Netanyahu, che sia per proteggere i rinnovati rapporti con gli Stati arabi, sia per scongiurare qualsiasi ipotesi di conflitto con Gaza, ha accettato di scendere a “patti” con chi attacca con cadenza sempre maggiore le città di Israele.

VENDETTA PERSONALE O STRATEGIA DI LUNGO PERIODO?

Se le elezioni frequenti rappresentano una prova di crisi politica, anche un governo caratterizzato da ingovernabilità è sintomo di una spaccatura che rischia di cambiare il modo in cui Israele ha sempre suddiviso le priorità del Paese. Per il portavoce del Likud Jonathan Urich il problema non è nella coscrizione né nei principi su cui si basa o meno la destra Israeliana, bensì nella volontà di Lieberman abbattere Netanyahu, è evidente che neanche l’ipotesi di una vendetta personale possa essere abbastanza papabile. La verità, è che la versione più utilitaristica della teoria del “complotto di Lieberman” lo vedrebbe usare la principale debolezza del Primo Ministro, ovvero il suo rapporto con gli ultrareligiosi, per rafforzare la propria posizione e concretizzarsi come nuovo uomo forte della destra. I ‘ultranazionalista e spietato Lieberman – rappresentante di una destra laica e vicina alla Russia – punterebbe a farlo apparire come “debole” e inadeguato agli occhi non già dell’opposizione, ma del Likud stesso, attraverso due vicoli ciechi in cui Netanyahu stesso – afferma – si sarebbe cacciato: sottomissione agli ultrareligiosi, rappresentati come coloro che non di rado calpestano la bandiera e insultano l’esistenza dello stato di Israele, e pavida accettazione di qualsiasi richiesta proveniente da Hamas, nonostante i ripetuti attacchi.

COSA ACCADRÀ

Lieberman, rivela la stampa locale, sa di non poter vincere da solo le prossime elezioni. Il suo obiettivo potrebbe essere quello di rubare molti esponenti della destra secolare e persino alcuni elettori centristi al Likud. Per avere un’idea di quanto la crisi di Netanyahu sia profonda, nei giorni scorsi, persino i parlamentari di Meretz (partito di sinistra) hanno dichiarato di voler sedersi con Lieberman in una coalizione se questo significa fare cadere l’attuale Primo Ministro. Il blocco della destra religiosa continuerà – rivelano i sondaggi- ad avere la maggioranza anche senza Lieberman, e l’attuale Primo Ministro ha ancora buone probabilità di mantenere la propria carica rispetto a Gantz nelle elezioni di settembre. I punti interrogativi si fanno, però, sempre più numerosi nel lungo periodo, anche in virtù del fatto che le udienze preliminari di Netanyahu inizieranno proprio nel prossimo autunno.


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