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L’intelligence festeggia l’unità ma la Lega di Salvini non c’è

Stavolta, ripensando al famoso dubbio di Nanni Moretti, non c’è dubbio che sia stata notata di più l’assenza, quella di esponenti leghisti alla cerimonia di inaugurazione della nuova sede del comparto intelligence a piazza Dante a Roma. Davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a quelli del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e della Camera, Roberto Fico, al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ai vertici del Copasir, giudiziari e militari spiccavano invece i ministri della Difesa, Elisabetta Trenta, e quello della Giustizia, Alfonso Bonafede. Matteo Salvini era giustificato perché impegnato in Campania per la campagna elettorale, ma è stata chiaramente una scelta politica che, lo si voglia o meno, ha rappresentato anche uno sgarbo nei confronti del Capo dello Stato.

La scelta può prestarsi a diverse interpretazioni, forse il voler marcare un’ulteriore distanza con il presidente del Consiglio che ha mantenuto la delega all’intelligence e che scelse il direttore del Dis, Gennaro Vecchione, anche se il segnale che è arrivato difficilmente sarà piaciuto ai Servizi. Vecchione ha rimarcato il concetto di sicurezza nazionale come bene supremo in un’epoca in cui l’intelligence deve affrontare minacce economico-finanziarie, ibride e legate al terrorismo jihadista. Significativi il passaggio dedicato agli italiani ancora sequestrati all’estero e, in particolare, le parole rivolte alla cooperante Silvia Romano che “continueremo a cercare senza sosta e con tutte le nostre energie”.

Il palazzo che diventerà il cuore dell’intelligence italiana fu individuato nel 2008, ha ricordato Enrico Savio, vicedirettore vicario del Dis, una scelta “condivisa da sei governi”, pur dovendo superare diversi problemi durante i lavori, e progettata “per durare 200 anni”. Con l’amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti proprietaria dell’immobile, Fabrizio Palermo, il Dis ha sottoscritto una convenzione.

Il presidente Conte (leggi qui il discorso integrale) ha rimarcato che i sentimenti di consapevolezza e fiducia sono quelli da condividere con gli appartenenti al comparto: “Consapevolezza che la sicurezza nazionale è una conquista quotidiana; fiducia che, sebbene il rischio zero non possa esistere a fronte di nessuna minaccia, il Paese è resiliente, sa ridurre l’incertezza sul futuro”. I Servizi hanno dimostrato “cultura democratica ed efficienza operativa”, ha aggiunto Conte, certo che “l’opacità non appartiene e non deve appartenere mai all’intelligence italiana”.

All’ingresso del palazzo c’è una “Parete della memoria” per ricordare i quattro agenti caduti in missione che Conte ha citato: Vincenzo Li Causi, Nicola Calipari, Lorenzo D’Auria e Piero Antonio Colazzo. Una sede imponente nel cuore di Roma, costruita subito dopo la Prima guerra mondiale, che da oggi ospiterà un migliaio di operatori dei Servizi, una sede definita da Conte “la raffigurazione plastica della legge di riforma” che punta all’unitarietà del sistema di sicurezza nazionale.

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