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La Macedonia del Nord ferma i sovranisti. E si avvicina alla Nato

Certo non è stato né un trionfo né un plebiscito, ma tanto basta al premier nord-macedone Zoran Zaev per chiudere la partita con i sovranisti del Vmro-Dpmne, pensare alla seconda parte del suo mandato, che sarà in discesa, e fare tirare un sospiro di sollievo a Tsipras e Bruxelles. Quello nord-macedone, infatti, è un voto dal sapore europeo, che arriva a poche settimane da elezioni dove, mai come oggi, gli elettori della Ue saranno chiamati a scegliere fra due modi completamente diversi di concepire il club di Bruxelles.

IL NUOVO PRESIDENTE 

Intanto, ieri sera, il popolo della Macedonia del Nord, anche se con un’affluenza scarsa, appena il 44,5%, ha scelto il suo primo Presidente della Repubblica da quando il Paese ha cambiato il nome. Si tratta del social democratico Stevo Pendarovski che ci aveva già provato nell’aprile 2014, ma era stato fermato dal conservatore Gjorge Ivanov che non si è potuto ripresentare ma che negli ultimi mesi, pur rappresentando la carica più alta dello Stato, è intervenuto e non poco nel dibattito politico, soprattutto per quanto riguarda l’accordo con la Grecia, firmato lo scorso giugno, che ha cambiato il nome del Paese da Macedonia a Macedonia del Nord.

Pendarovski ha sconfitto la candidata dei conservatori sovranisti, Siljanovska Davkova, con il 51,5% contro il 44,5%. Vittoria non certo schiacciante, ma certamente meglio del primo turno, che si è tenuto due settimane fa e si è chiuso con il 42% a testa e poche migliaia di voti di differenza. Deludente, in entrambe le votazioni, l’affluenza alle urne. Poco più del 40% due settimane fa, il 44,5% ieri. Se si conta che anche al referendum sul nuovo nome del Paese, che si è tenuto lo scorso autunno, alle urne era andato il 35% dei votanti, tutto si può dire, ma non che la scena politica sia al centro delle preoccupazioni dell’elettorato, molto più interessato alla situazione economica disastrosa, la corruzione dilagante e la mancanza di sicurezza.

Pendarovski ha assicurato che sarà il presidente di tutti, anche di quelli che non lo hanno votato. Il premier Zoran Zaev parla di “scelta europea” da parte dell’elettorato e certamente non gli si può dare torto. Da oggi, però, conviene mettersi a lavorare, perché l’esecutivo è accusato di aver pensato troppo ai progetti europeisti e troppo poco alle condizioni economiche del Paese, ergo, le tendenze sovraniste sono tutto fuorché sconfitte.

UNA MACEDONIA LONTANA DALLA RUSSIA

La buona notizia è che quei pochi che vanno a votare per la maggior parte condividono il progetto europeista di Zoran Zaev che con il premier greco, Alexis Tsipras, ha raggiunto un compromesso storico sul nome della piccola repubblica balcanica, ponendo fine a una disputa durata anni e aprendo la strada per l’ingresso di Skopje nella Nato e in Unione Europea. Una voglia di Europa che rompe le uova nel paniere anche a Vladimir Putin, per il quale la Macedonia del Nord rappresenta un Paese chiave per il controllo dei Balcani.

Zaev quindi festeggia e si prepara a guidare una Macedonia del Nord sempre più vicina all’Europa e lontana dall’influenza di Mosca, adesso che può contare anche sulla prima carica dello Stato dalla sua parte. Ma il risultato nord-macedone è una bella notizia anche per Tsipras, che si può lanciare nelle ultime battute della campagna per le elezioni europee, dimostrando che l’accordo con Skopje non solo funziona, ma è anche destinato a durare. Vedremo se basterà a convincere l’oltre 60% dei greci che si è dichiarato contrario al provvedimento e risollevare le percentuali di Syriza, il partito di sinistra al governo in Grecia, che al momento è sotto di quasi 10 punti rispetto ai conservatori di Nea Dimokratia.

LA VISITA DI PAPA FRANCESCO

Per una strana coincidenza del destino, oggi in questa Macedonia del Nord rinnovata e che guarda all’Europa, arriva Papa Francesco, che ieri in Bulgaria nei suoi discorsi ha fatto leva sullo spirito di solidarietà e di accoglienza che caratterizza la regione, da ricollegare alla tragedia dei migranti, che proprio in questa terra trovano un Paese di transito importante sulla cosiddetta “rotta balcanica”. Una strada che Skopje cerca di sbarrare in tutti i modi, costruendo anche un muro con la Grecia.


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