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La fraternità tra cristiani e musulmani nel nome di Maria

Tanto racconti cristiani quanto brani islamici indicano che a Maria piacessero i datteri. Il Corano fa nascere Gesù sotto una palma e così “I datteri di Maria. Fraternità tra cristiani e musulmani” è stato il titolo indovinato per attirare l’attenzione sul convegno islamo-cristiano di riflessione comune su Maria svoltosi ieri all’Antonianum di Roma.

LA FIGURA DI MARIA NEL CORANO

Citata 31 volte nel Corano che la definisce consacrata a Dio, Maria ha sempre avuto devozione tra i musulmani, soprattutto tra le musulmane, che visitano e invocano aiuto per la propria anelata maternità in tanti santuari mariani. Ma l’idea più importante dei francescani che hanno promosso l’incontro è stata quella di sorprendere i tanti presenti trasmettendo la stupenda registrazione di una voce che ha salmodiato l’intera sura coranica dedicata a Maria. Qualche brusio in sala ha dimostrato l’importanza della scelta non annunciata al suo inizio dalla presidenza: cosa stava succedendo? Cosa si salmodiava? E perché? Man mano però l’uditorio ha capito che c’era una voce incomprensibile ai più che parlava di qualcosa di noto: parlava di Dio, di fede, di spiritualità. L’idea che il Corano sia un testo di inimicizia deve così essersi allontanata e lo sguardo contemplativo così importante per stare con il prossimo deve aver unito i cristiani e i musulmani presenti.

L’ex nunzio Luigi Bressan aveva già introdotto con autorevolezza i lavori, inserendo il dialogo mariano tra musulmani e cristiani in un dialogo più ampio, citando gli importanti e non tanto noti casi di devozione e di studio di Maria documentati e diffusi nell’induismo, nel buddismo e oggi nell’ebraismo. Ascoltando le relazioni ci si è fatti l’idea che la conoscenza di ciò che unisce è tanto limitata quanto osteggiata da chi preferisce che si conosca solo quel che divide. Ma i sentieri comuni ci sono e i cantori dello scontro di civiltà saranno rimasti sorpresi dalle testimonianze citate con scrupolo da monsignor Bressan con riferimenti precisi a tanti Paesi del vasto Oriente, da quello centro asiatico a quello del sub-continente indiano a quello nipponico. Importante ad esempio la documentata esistenza di centri universitari buddisti in Giappone intestati a Maria.

LO SPIRITO DELL’INCONTRO DI OTTO SECOLI FA FRA IL SULTANO E FRANCESCO D’ASSISI

Ma il confronto su Maria in quest’anno che celebra l’incontro di otto secoli fa tra il sultano e il poverello d’Assisi non poteva non cercarne una traduzione anche nella lettura di quell’evento. Perché le strade che si incontrano sono soprattutto quelle di chi segue la loro ispirazione, il loro coraggio. In questo senso è stata importante la testimonianza del docente francescano americano Gonzales, per il quale dovremmo riuscire a capire che Dio non ha bisogno di soldati, ma di costruttori di pace. Era questo lo spirito dell’incontro di Damietta tra Francesco e il sultano Malik al Kamil? Difficile dirlo per certo, come escludere che in quel tempo nei protagonisti non vi fosse anche il desiderio di convincere, convertire. Ma già la loro scelta di tentarci attraverso un incontro stupisce, stupì. Importante è stata così l’affermazione scientificamente fondata dell’imam Pallavicini: entrambi furono ostacolati, entrambi furono traditi. Furono ostacolati, come confermano tutte le fonti, dai loro che non erano favorevoli all’incontro. Furono traditi, come dimostrano le fonti in particolare francescane, dai molti che tentarono di trasformare il senso di quell’incontro. E come può essere trasformato il senso favorevole all’incontro di un incontro? Un esempio semplice, non citato dall’imam Pallavicini, ma diffuso nella letteratura francescana, è questo: presentare quell’incontro come un qualcosa di eccezionale, quasi impossibile. Possibile cioè a un personaggio eccezionale e irripetibile come Francesco, ma non ad altri. Anche per questo è stato importante sentire nuovamente esposte le novità offerte al pensiero di Francesco dal comportamento del sultano, che seppe accettare il rifiuto dei suoi doni da parte dell’ospite probabilmente per rispetto del suo voto di povertà.

IL VIAGGIO COME INCONTRO

L’imam Pallavicini ha preferito però soffermarsi, e a buona ragione, sui viaggi. E infatti questo aspetto troppo spesso sottovalutato ci spiega che entrambi, non solo Francesco, intrapresero un viaggio lungo e periglioso per raggiungere l’egiziana Damietta. Francesco da Assisi, attraversando il Mediterraneo e linee nemiche in tempo di guerra, il sultano da Baghdad, sede del suo califfato, attraversando deserti e lasciando incarichi politico-amministrativi, anche lui in tempo di guerra. Il viaggio è parte dell’incontro, è già incontro. Perché il viaggio e i suoi pericoli appartengono alla scelta compiuta, ponendo entrambi, ha proseguito l’imam Pallavicini, davanti alla possibilità di proseguirlo trovando il modo di procedere al di là dell’intenzione, presumibile, di convertire. E fin dove? Fino alla ricerca di una possibile sintesi tra le tesi che avrebbero esposto? No. Qui l’imam Pallavicini è parso citare un’intervista poco conosciuta di Papa Francesco, dove il Francesco odierno, l’uomo del dialogo e dell’incontro in un tempo nuovamente di scontro e di guerra, dice: “L’opposizione si risolve in un piano superiore”. Salire a un livello “altro” è quello che Francesco e il sultano sono evidentemente riusciti a fare, senza più cercare di imporre la fede nell’unico Dio nella forma ritenuta “ortodossa”, “canonica”, “vera”, ma riconoscendo il cammino umano verso Dio anche nell’altra forma. Non a caso, hanno sottolineato in molti, l’eco di quell’incontro sarebbe rimasto anche nella regola francescana.

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