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Incostituzionale (e non solo). Sechi boccia il conflitto d’interessi contro Cairo

Cairo

Una battaglia che produrrebbe un Parlamento ad excludendum. Il giornalista e scrittore Mario Sechi, fondatore di List, definisce così l’ultima proposta del governo giallo-verde, quella sul conflitto di interessi con l’incompatibilità a candidarsi per chi ha patrimoni immobiliari o mobiliari oltre i 10 milioni. E mette l’accento sul fatto che la norma abbia chiari profili di incostituzionalità, perché a questo punto non si vede una ratio nel voler privare del diritto di candidarsi un ricco, un editore o un azionista.

Direttore, il governo giallo-verde ha paura di Urbano Cairo?

Non mi pare che Cairo stia progettando di entrare in politica, non è in agenda in questo momento, anche se la legge sembra fatta su misura per Berlusconi. Da parte loro sarebbe puerile fare una legge simile in vista del voto europeo, così come è stata presentata. Inoltre l’impianto generale è sbagliato perché si introduce una sorta di condizione per cui l’accessibilità alle cariche elettive è quasi impossibile per i ricchi. E allora il conflitto di interessi di Casaleggio?

L’incompatibilità per chi ha patrimoni immobiliari o mobiliari oltre i 10 milioni è anticostituzionale?

Sì. La legge non si può fare. Ma poi mi chiedo perché Cairo un domani non debba candidarsi. Qualcuno negli Usa lo ha impedito a Donald Trump? Si dirà che noi non siamo una democrazia così forte come loro, ma la vera sfida è non diventare più deboli. I giornali oggi non sono l’unica entità misurabile nello spazio mediatico, anzi, sono minoranza visto l’imperversare della rete. L’audience di una piattaforma internet dedicata al social politcs è di gran lunga maggiore di quelle di Corriere, Repubblica o Stampa. Corriamo il paradosso di vedere in Parlamento un provvedimento che di fatto esclude una minoranza e non ciò che plasma l’opinione pubblica.

Il rapporto tra le fonti oggi è rovesciato. Quindi la legge cosa persegue?

È internet che fa la differenza, non avere un giornale o una tv che, pure in un paese resiliente come l’Italia, inizia ad avere meno seguito rispetto ad alcune classi sociali. Se il tema è che si vuole impedire ai ricchi e ai tycoon di avere rapporti con la pubblica amministrazione e di candidarsi, vi sono alcuni problemi da analizzare. Il primo come detto, è di incostituziomalità. In secondo luogo mentre prima si votava per censo, oggi si assiste al no censo, e si mandano in Parlamento quelli senza arte né parte. Ma poi perché Cairo?

Già, perché?

Ci si lamenta sempre che in Italia non vi sono editori puri, ma poi quando ne abbiamo uno che svolge quel ruolo (e anche bene), senza altri intrecci, poi lo si vuole escludere. E sulla base di cosa? E soprattutto in virtù di quale reale influenza visto che abbiamo appurato che ormai l’influenza viaggia su altri mezzi? È tutto da vedere che i giornali facciano l’agenda. Le agende politiche di Salvini e Di Maio sono dettate dalla televisione o dai giornali? Non mi pare. Aggiungo inoltre l’elemento dell’esperienza che è prezioso per il Parlamento.

Ovvero?

Il Parlamento dovrebbe accogliere una serie di personalità provenienti da tutti i mestieri e da tutte le esperienze sociali, come si fa in democrazia. Perché dunque escludere chi ha avuto fortuna, bravura e competenza nel mondo del business e delle aziende?

Cairo che cosa potrebbe offrire alla politica italiana?

Se un domani dovesse decidere di fare politica, sarebbe un’opportunità in più per il nostro Parlamento, non una in meno. Perché l’editore del Corriere della Sera dopo aver fatto bene il suo lavoro non può decidere un bel giorno di dedicarsi al bene comune? Credo che Cairo non abbia bisogno di curare i propri interessi in Parlamento, perché lo fa molto meglio da fuori.

C’è un parallelo con Berlusconi?

No, sono due cose completamente diverse. È vero che Berlusconi aveva un conflitto di interesse, ma nello stesso tempo quel conflitto era palese e sanzionato di volta in volta dall’elettore italiano che ha ritenuto non fosse un problema tale da impedirgli di vincere o perdere le elezioni. Ciò non significa che le leggi sul conflitto di interesse non servono, tutt’altro, ma non fatte in questo modo. Oggi c’è una volontà punitiva.

In casa Pd spicca la proposta di legge, primo firmatario Emanuele Fiano, che prevede anch’essa un “conflitto di interesse patrimoniale”, sebbene limitato al controllo di società. Anticamera al dialogo con il M5s?

No, perché non muta alcunché la tipolgia del business: è tutto sbagliato. Perché escludere un banchiere? Invece io vorrei che un personaggio con una robusta esperienza nel settore del credito possa venire eletto per essere utile in commissione finanze. E magari per redigere una legge che non sia piena di strafalcioni come quelle che sono state fatte negli ultimi anni in materia economico-finanziaria. Mi chiedo inoltre cosa centri questa legge con la campagna elettorale per le europee. Davvero è un tema che interessa ai cittadini degli stati membri? Tutto è solo proiettato a fini interni.

Salvini ha detto che questa «non è l’emergenza nazionale». Però è contenuta nel contratto di governo…

La situazione è imbarazzante, perché si vuole regolare Cairo ma poi, per dirne una, si lascia open la piattaforma Rousseau legata ad una società che, legittimanente intediamoci, fa marketing. Non penso però che Casaleggio sia il mostro che tutti dipingono, come non penso che Cairo sia un pericolo per la democrazia. Anzi più ce n’è meglio è. Il risultato finale di questa deriva potrebbe essere un Parlamento ad escludendum che non rappresenta la realtà italiana. E se si inizia con una categoria, allora c’è il rischio che, dopo, si vada avanti per tutte le altre: dopo i ricchi, sarà il turno di magistrati e giornalisti. Vi sono diritti costituzionali che non si possono ignorare.

twitter@FDepalo

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