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Attaccare il papa è peggio che sventolare un rosario. Consiglio alla prudenza di Mario Giro

papa

“Qui mange du pape en meurt”: è un proverbio francese che significa all’incirca “chi cerca di mangiare il papa ne muore”. Questo è il vero problema della sceneggiata milanese dell’altro giorno. La Chiesa è da secoli abituata all’ostentazione fuori luogo dei suoi simboli o dei suoi principi, strumentalizzati dalla politica del momento. Non se ne cura più di tanto. Ma attaccare il papa è un’altra cosa, molto peggio che sventolare un rosario.

Consiglierei prudenza: nel corso della storia ci hanno provato re e imperatori, autocrati e dittatori ed è sempre andata male. Il papa di Roma rappresenta l’unità dei cattolici che li differenzia dagli altri cristiani. La Chiesa cattolica non è mai stata un monolite in cui tutti la pensano allo stesso modo, come sovente viene caricaturata. Nondimeno è una sola Chiesa, unita, e la figura, il centro di tale unità è il papa.

Toccare il papa significa mettersi contro, alla fin fine, tutti i cattolici. Il cardinal Parolin ha reagito dicendo “Dio è di tutti”, com’è giusto che sia. Anche il papa è di tutti i cattolici, qualunque cosa votino. In particolare i papi del Novecento, dopo la fine dello Stato della Chiesa, non hanno diminuito la loro funzione unitaria, anzi si può dire che il ruolo globale, cattolico cioè universale, della Chiesa di Roma si sia andato via via rafforzando. La figura del pontefice romano ha acquistato un significato sempre più centrale, che gli viene riconosciuto anche dalle altre religioni. De facto il papa è il più importante tra i leader religiosi mondiali.

L’unità è qualcosa di fondamentale per i cattolici. Papa Benedetto XV non ebbe timore di avversare la Prima guerra mondiale chiamandola “inutile strage”, mettendosi contro gli arcivescovi cattolici europei che benedivano le bandiere. Per la chiesa di Roma una guerra europea era infatti percepita e sentita come una guerra civile, una guerra tra fratelli. Tale coscienza è divenuta negli anni sempre più forte, fino a giungere all’opposizione netta dei successori (in particolare da Giovanni XXIII a Francesco passando per Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) ad ogni forma di conflitto. Questo sta a dimostrare che la Chiesa cattolica oggi sente molto il suo ruolo fondamentale di segno di unità del mondo: l’unità dei cattolici evoca l’unità del genere umano.

Da qui discende il lavoro di dialogo interreligioso: ogni visione etnica, fondamentalista o di parte della religione è contraria allo spirito profondo che è nel Dna dei cattolici e sta anche in radice alle altre religioni. Tale leadership cattolica su tale essenziale questione è portatrice di futuro: profetizza tempi nuovi e diversi. La figura profetica principale, al centro di questo gigantesco sforzo, è proprio il papa.

Attaccare il papa per costringere la Chiesa cattolica a divenire Chiesa nazionale o nazionalista, Chiesa di una parte, Chiesa etnica, Chiesa dei “nostri” o Chiesa statale, è contrario ad ogni visione cattolica. Tra l’altro la maggioranza dei cattolici oggi non è europea ma latinoamericana, asiatica e soprattutto africana: di questo il papa tiene conto. Ogni rigurgito nazionalista ed ogni forma di apartheid (religiosa o etnica che sia) che voglia coinvolgere la Chiesa, non è cattolico e porterebbe allo scisma. Questo i preti e i vescovi cattolici (anche coloro che non sono d’accordo con tutto ciò che si dice o si fa a Roma) lo sanno bene. È già accaduto nella lunghissima storia della Chiesa. E alla fine prevale sempre Roma.

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