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Royal Baby potrebbe essere il primo inglese alla Casa Bianca

Royal baby

WASHINGTON 2057

Washington, 20 gennaio 2057. In una splendida giornata di sole invernale, si insedia il 51esimo presidente degli Stati Uniti, eletto in novembre con una maggioranza travolgente sfruttando bene la propria giovane età (appena 36 anni e mezzo, poco più del limite fissato dalla Costituzione), l’etnia mista (è per un quarto di colore), la capacità di stare sulla scena (probabilmente ereditata dalla madre, che vanta trascorsi a Hollywood) e una posizione politica improntata all’unità di una nazione ormai segnata da ogni possibile divisione.

Ma forse più di ogni altra cosa lo ha aiutato l’accento britannico, che agli americani continua a indicare l’eleganza e cultura che hanno fatto la fortuna di film e attori. Ora però tutti lo attendono al varco: saprà Albert Windsor mantenere quanto ha lasciato intendere in campagna elettorale? Saprà mettere gli interessi Usa al di sopra di quelli dell’Inghilterra, smentendo i maldicenti che insinuano che la sua candidatura sia nata per riannettere le colonie e ribaltare il lungo declino dell’ex Regno Unito?

QUANDO TRUMP PROVO’ A ESCLUDERE OBAMA 

Lo scenario è romanzesco, ma non infondato. Poiché Meghan Markle è cittadina statunitense, in base allo ius sanguinis il maschietto di 3,3 chili che ha appena dato alla luce è anche lui cittadino americano sin dalla nascita. È quindi un natural born Citizen, come richiesto dalla Costituzione per il presidente degli Stati Uniti. Un requisito che nel 2008 Donald Trump e i birthers agitarono contro Barack Obama nel tentativo di escluderlo dalla gara per la Casa Bianca. Avevano torto, perché essendo sua madre statunitense e avendo lui trascorso negli Usa i 14 anni richiesti dall’articolo 2 della Costituzione non vi sarebbe stato comunque dubbio sul fatto che fosse nato (e non naturalizzato) cittadino americano. In ogni caso, il passaporto di Meghan significa che Albert (o comunque il bambino venga battezzato) è nato americano e lo sarà finché non vi rinunci.

IL PIU’ GRANDE TIMORE DEI PADRI FONDATORI

A 243 anni dalla Dichiarazione d’Indipendenza, torna sulla scena lo spettro che alla convenzione costituzionale di Philadelphia agitava i padri fondatori: la possibilità che fosse eletto presidente un non-americano e che ciò potesse portare a una qualche forma di riunificazione con un paese europeo – di fatto la Gran Bretagna, che pur essendosi arresa a Yorktown ed avendo firmato la pace a Parigi manteneva truppe in territorio americano e, naturalmente, controllava il Canada. John Jay, autore con Hamilton e Madison della proto-dottrina costituzionale dei Federalist Papers e futuro Chief Justice della Corte Suprema, sollevò la questione con lo stesso George Washington segnalandogli l’inopportunità che il comando in capo delle forze armate andasse a un non-americano. «Mi consenta di chiedere se non sarebbe saggio e ragionevole fornire una robusta difesa contro l’ammissione di Stranieri nell’amministrazione del nostro Governo nazionale, e di dichiarare espressamente che il Comando in capo dell’esercito Americano non sarà dato a, né approderà a, nessuno tranne un Cittadino alla nascita.»

I NATURALIZZATI (ALBRIGHT, KISSINGER)

Fu così che tra una bozza e l’altra, nell’articolo 2 comparvero le parole natural born, che oggi distinguono l’incarico di presidente degli Stati Uniti da qualsiasi altro incarico elettivo, governativo o militare americano. I naturalizzati (e le naturalizzate, naturalmente) possono essere segretari di Stato (come Madeleine Albright, nata vicino Praga nel 1937), consiglieri per la sicurezza nazionale (come Henry Kissinger, nato a Fürth, in Germania, nel 1923), governatori (come Arnold Schwarzenegger, nato a Thal, in Austria, nel 1947), giudici della Corte Suprema (come Felix Frankfurter, nato a Vienna nel 1882) e così via. Ma non presidenti.

Negli ultimi anni c’è chi ha sollevato, senza successo, il dubbio che il 14° emendamento, che estende a tutti i cittadini la totalità dei diritti, non superi in qualche modo l’obbligo di cittadinanza per nascita. La questione non è infondata, ma è stata sempre respinta dai tribunali.

Tutto questo non si applica però all’ultimo nato di casa Windsor che, pur essendo nato all’estero, resta un natural born Citizen e potrebbe quindi ambire alla presidenza. In teoria dovrebbe rinunciare al trono, come per amore di Wally Simpson (manco a farlo apposta, americana …) fece lo zio della bisnonna Elisabetta II. Ma, a ben guardare, il neonato è il settimo in linea ereditaria. Con probabilità così basse di salire al trono, perché non volgere lo sguardo dall’altra parte dell’Atlantico? La Casa Bianca varrà bene un passaporto.

docente di History of the Americas, LUISS

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