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Ecco perché l’Ue non toglierà le sanzioni alla Russia. Nonostante Salvini

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Non solo immigrazione e austerity. C’è anche la politica estera Ue nel mirino dei sovranisti che sono entrati in forza all’Europarlamento dopo queste elezioni europee. Dalla campagna elettorale, soprattutto in Italia, la diplomazia è rimasta fuori. E non c’è nulla di sorprendente, perché è da sempre un tallone d’achille dell’emiciclo di Strasburgo, spiega a Formiche.net l’ambasciatore Stefano Stefanini, già rappresentante permanente dell’Italia alla Nato e consigliere diplomatico del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Ambasciatore si può dare una lettura geopolitica di queste elezioni?

Difficile, perché sono la somma di tante elezioni nazionali. Lo dicono i sondaggi: in Italia gli elettori hanno avuto gli occhi puntati sul contesto nazionale, la politica estera non ha avuto spazio in questa campagna elettorale.

Vero, però l’Europarlamento oggi ha un nuovo volto. Cosa dobbiamo aspettarci dai sovranisti riusciti a fare l’en plein di voti?

Partiti di grandi dimensioni come Lega e Rassemblement National che hanno vinto in due Paesi chiave dell’Ue come Italia e Francia condividono un’esplicita apertura alla Russia di Vladimir Putin. Non mi sorprenderei se cercassero di promuovere una linea europea più accomodante. Anche se il ruolo del Parlamento europeo in politica estera è molto limitato.

Immagino si riferisca alle sanzioni Ue contro Mosca.

A dire il vero quella è una prerogativa del Consiglio europeo, cioè dei singoli governi degli Stati membri che non hanno subito modifiche con queste elezioni. In Francia, ad esempio, Le Pen ha riscosso un grande successo e ciononostante non avrà voce in capitolo sulla politica estera del Paese.

Che dire invece della Lega? Il plebiscito europeo spingerà Salvini a prendere in mano la politica estera?

Sul caso specifico delle sanzioni ne dubito. L’Italia ha sempre avuto la possibilità di porre il veto contro le sanzioni al Consiglio Europeo, dove è richiesta l’unanimità, ma non l’ha mai fatto.

Eppure è nel contratto.

Il governo ha già una serie di contenziosi aperti con Bruxelles, a cominciare dalla definizione del prossimo bilancio europeo. Aprire un fronte sulla Russia significherebbe andare allo scontro frontale con Paesi che su quel dossier sono nostri alleati, come la Polonia, e soprattutto con gli Stati Uniti. Non credo convenga a Salvini rompere il consenso europeo. Quest’estate è prevista una visita di Putin in Italia, forse quella sarà l’occasione per una presa di posizione più marcata contro le sanzioni.

Il governo russo ci conta?

Fin dall’inizio dell’esperienza di governo gialloverde i russi si sono detti soddisfatti ma hanno anche spiegato di non aspettarsi dall’Italia un cambio di passo sulle sanzioni. E in effetti ad oggi non abbiamo notizie di grosse interferenze russe nelle elezioni europee, nulla di paragonabile alle presidenziali americane del 2016 o al referendum sulla Brexit.

Dall’autunno scorso, salvo episodi isolati, la Lega salviniana si è pubblicamente disinteressata del dossier russo, che invece è stato raccolto dai Cinque Stelle. Perché?

Una risposta è da cercare in questo risultato europeo. Nel 34% dei voti della Lega c’è una componente di elettori che ha premiato la percezione del Carroccio come partito responsabile e affidabile nella gestione dei rapporti internazionali e dell’economia. Il Nord che produce, i piccoli e medi imprenditori che sostengono la Lega possono accettare posizioni estreme di Salvini sull’immigrazione ma preferiscono la prudenza in politica estera. Anche perché i rapporti economici con la Russia e quelli con gli Stati Uniti hanno due dimensioni incommensurabili.

Per la Cina vale lo stesso discorso? Con il nuovo mandato popolare Salvini premerà il freno sulle trattative cinesi avviate dai Cinque Stelle?

Con la Cina abbiamo firmato un memorandum of understanding. Un atto politicamente importante ma non vincolante, perché si tratta di una dichiarazione di impegni tutti da attuare. Ormai il governo lo ha incassato, ci sono tanti altri Paesi europei che hanno avviato lo stesso dialogo. Credo che adesso le cose cambieranno. Dopo che Trump ha pubblicamente lanciato la sua sfida a Huawei il governo italiano ha tutto l’interesse a mantenere un basso profilo cercando una copertura europea.

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