Nessuno cali il sipario. Si apre una nuova breccia nel caso Russiagate che promette di riscaldare le opposte tifoserie. Per il procuratore speciale Robert Mueller il riassunto di quattro pagine diffuso dal procuratore generale William Barr a indagini chiuse avrebbe creato troppa confusione e darebbe una versione distorta delle conclusioni.
A rivelare il clamoroso retroscena è il Washington Post, che dà conto di una lettera inviata da Mueller a Barr lo scorso 27 marzo in cui l’ex numero uno dell’Fbi lamenta l’opacità del sommario reso pubblico specialmente per quanto concerne le accuse a Donald Trump di ostruzione alla giustizia.
Il resoconto di Barr era stato celebrato dal Tycoon come la pietra sepolcrale che chiudeva un calvario di due anni. Nessuna collusione, nessuna ostruzione, fine della caccia alle streghe dei democratici, era stato il riassunto di Trump su twitter. Opposte le reazioni in casa dem. Il Partito dell’Asinello aveva chiesto fin da subito al procuratore generale di pubblicare il rapporto Mueller nella sua interezza. Da Bill e Hillary Clinton a Elizabeth Warren, da Alexandria Ocasio Cortez a Bernie Sanders e Adam Schiff, in molti hanno cavalcato l’onda accusando Barr di aver politicizzato le conclusioni del Russiagate. Tant’è che le commissioni di inchiesta del Congresso, finite nelle mani dei democratici dopo le elezioni di mid-term lo scorso novembre e inaugurate con la solenne promessa di avviare il procedimento di impeachment, avevano rincarato la dose annunciando ulteriori audizioni e indagini. Accuse che ora trovano un formidabile assist nella querelle Barr-Mueller svelata dal WashPost.
I fatti risalgono a fine marzo. Il 24 Barr aveva inviato una lettera al Congresso in cui per la prima volta dava conto delle attesissime conclusioni del rapporto Mueller. Con una frase che da subito ha diviso Capitol Hill, l’alto funzionario del Dipartimento di Giustizia riferiva delle indagini sull’ostruzione della giustizia da parte di Trump spiegando che “se è vero che il rapporto non conclude che il presidente ha commesso un crimine, è altrettanto vero che non lo esonera”. L’ambiguità lessicale non è per niente piaciuta a Mueller che in tutta risposta, riferisce il Post, ha inviato una lettera al collega il 27 marzo lamentando che il sommario di quattro pagine dato in pasto al pubblico da Barr “non ha pienamente colto il contesto, la natura e la sostanza” delle 448 pagine del rapporto. A mettere altra carne al fuoco è Kerri Kupec, portavoce del Dipartimento di Giustizia. “In una conversazione cordiale e professionale, il procuratore speciale ha sottolineato come nella lettera del procuratore generale del 24 marzo non ci fosse nulla di inaccurato o equivoco”. Poi l’affondo: “tuttavia, egli ha espresso frustrazione sulla mancanza di contestualizzazione e la conseguente copertura mediatica sull’analisi circa l’ostruzione alla Giustizia”. Ecco il pomo della discordia. Mueller, spiega il Washington Post, non ha raggiunto un verdetto sull’ostruzione alla Giustizia in gran parte perché la politica del Dipartimento di Giustizia vieta l’incriminazione di un presidente in carica per questo reato.
I democratici hanno preso la palla al balzo. “Il procuratore generale non dovrebbe prendersi la briga di descrivere le conclusioni del procuratore speciale in modo favorevole al presidente – è l’accusa di Jerrold Nadler, presidente della Commissione Giustizia alla Camera, che ora ha chiesto al Dipartimento di Giustizia una copia della lettera di Mueller – era solo questione di tempo prima che i fatti lo smentissero”. Il sasso nello stagno lanciato dal Washington Post riapre la polemica in un momento delicatissimo per Barr, che questo mercoledì era atteso dalla commissione Giustizia del Senato. Il prossimo è Mueller, che ora i democratici vogliono torchiare al più presto al Congresso. La saga Russiagate continua…