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C’era una volta il motto “Non sbarcano e non sbarcheranno”

Immigrazione, scontro sea watch, migranti accordo migrazione sbarchi decreto sicurezza

Tra il pugno duro contro la nave Sea Watch e la promessa della flat tax al 15 per cento, Matteo Salvini si sta giocando tutto in questi ultimi giorni di campagna elettorale, mostrando forse qualche affanno. Dopo aver raggiunto indubbi risultati sul fronte degli sbarchi, anche a costo dell’isolamento dell’Italia, le ultime ore con la vicenda della nave Sea Watch stanno dimostrando che certe direttive del ministro dell’Interno sono inefficaci: nonostante la diffida della Guardia di Finanza affinché l’imbarcazione dell’ong non entrasse nelle acque italiane, la Sea Watch ha proseguito in direzione di Lampedusa ed è stata fatta ancorare dalla Guardia costiera a un miglio dal porto.

Dopo lo sbarco autorizzato di 18 persone (bambini, genitori e un malato), dalla nave hanno fatto sapere che la situazione dei 47 ancora a bordo si è fatta difficile. Se la direttiva si basa sulla ratio che un’ong che raccoglie migranti attuerebbe un passaggio non inoffensivo, con possibili accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e con l’ipotesi che a bordo possano infiltrarsi terroristi, la realtà sta dimostrando che chi vuole dirigersi verso un porto lo fa comunque.

Ci saranno conseguenze giudiziarie, ma il motto “non sbarcano e non sbarcheranno” sembra ormai debole: Luigi Di Maio sostiene che potranno sbarcare se l’Unione europea si farà carico di una quota dei migranti a bordo, Salvini ripete che “costi quello che costi, questo barcone non attracca e questi immigrati non scendono”. Se invece toccheranno terra, negli ultimi comizi forse la responsabilità sarà fatta cadere sul presidente Giuseppe Conte, probabilmente costretto all’ennesima mediazione con altri Stati europei. Infatti, dal Viminale hanno fatto sapere che “se qualcuno non è d’accordo, si prenda la responsabilità di dirlo e di autorizzarlo”.

Ma dopo un anno di governo siamo sicuri che la base leghista sia interessata più all’immigrazione che all’economia? Anche l’imprenditoria del nord l’anno scorso poteva essere stata ammaliata dalla promessa delle (impossibili) 500mila espulsioni di irregolari, oggi è invece preoccupata dalla situazione economica. Non è un caso, infatti, che nei comizi di questi giorni il leader leghista stia insistendo molto sulla flat tax al 15 per cento per tutti, promessa se la Lega sarà il primo partito in Italia alle elezioni europee pur aggiungendo con realismo che non potrà essere realizzata in un mese. Gli applausi scroscianti dimostrano che i militanti non hanno la più pallida idea dei costi.

I sondaggi riservati degli ultimi giorni, non pubblicabili, mostrerebbero un arretramento della Lega rispetto al boom delle scorse settimane. Un ottimo risultato, ma meno del previsto. Se si aggiunge l’ipotesi di un testa a testa tra il Pd e il Movimento 5 stelle per il secondo posto, il dopo-voto sarebbe più complicato per il governo e Salvini avrebbe meno margine di manovra. Il Consiglio dei ministri previsto per domani difficilmente vedrà l’approvazione del decreto sicurezza bis, tasto sul quale il ministro dell’Interno batte nei comizi, così come la Lega non è d’accordo sul miliardo che Di Maio vorrebbe destinare alle famiglie per favorire la natalità. Veti incrociati che renderebbero ancora di più infuocate le ultime ore di campagna elettorale perché per Salvini il decreto sicurezza bis è “necessario, urgente e tecnicamente ineccepibile”.

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