L’onda Trump “travolge” il settore delle telecomunicazioni britanniche. Vodafone e EE (parte di Btp Group), due fra i maggiori operatori telefonici del Regno Unito, hanno annunciato oggi la sospensione dei piani per la messa in vendita nel Regno Unito dei nuovi modelli di smartphone 5G di ultima generazione prodotti dal colosso cinese Huawei. La notizia arriva sulla scia della decisione del Dipartimento del Commercio Usa, che in linea con i timori dell’amministrazione, ha inserito l’azienda di Shenzhen in una ‘black list’ di imprese straniere con cui le compagnie americane non potranno più fare affari se non dopo un ok governativo. Per primo è arrivato l’annuncio di Google, che ha fatto sapere che non fornirà più ai dispositivi Huawei il sistema operativo Android (potrà essere utilizzata solo la sua versione open source), mettendo così in difficoltà la tech cinese, secondo produttore mondiale di telefonini dopo la sudcoreana Samsung. Altre aziende Usa stanno adottando misure analoghe.
L’EFFETTO TSUNAMI NEL REGNO UNITO
Come diversi analisti avevano previsto, la decisione della Casa Bianca ha generato un primo effetto anche oltreconfine. La britannica EE mercoledì prossimo aveva in programma di lanciare la prima rete 5G in Regno Unito dopo una corsa contro il tempo con il competitor Vodafone. Il lancio in collaborazione con Google e Niantic (la società che ha sviluppato Pokémon Go) era previsto inizialmente per sei città e prevedeva il coinvolgimento di dispositivi Huawei. Dopo la messa al bando dell’amministrazione Usa e l’annuncio di Google l’azienda ha tuttavia scelto di sospendere la fornitura. Poco importa che il Dipartimento del Commercio Usa abbia concesso una proroga di tre mesi al ban. Alle attuali condizioni, ha spiegato il direttore esecutivo Marc Allera, Huawei non dispone della “sicurezza di servizio” necessaria per contratti a lungo termine. EE continuerà a usare dispositivi Huawei per costruire assieme alla svedese Ericcson l’equipaggiamento per la rete 5G. “Non c’è niente di cristallino – ha chiosato Allera citato dal Financial Times – ma non abbiamo altra scelta che continuare a lavorare in questa ambiguità”.
Allo stesso modo, Vodafone ha detto di voler sospendere l’utilizzo degli Huawei Mate X per la sua linea 5G. Un portavoce sentito da Afp ha chiarito che il dispositivo “deve ancora sottoporsi alle necessarie certificazioni”. Tira dritto invece un’altra competitor nella telefonia mobile, Rival O2, confermando che per il momento continuerà ad acquistare telefonini 5G del colosso cinese.
IL CONTRACCOLPO IN GIAPPONE
Inoltre, alle notizie britanniche si sono aggiunte ulteriori cattive notizie. In Giappone, sempre sulla scia americana, Ymobile, braccio della telefonia mobile low-cost del gruppo SoftBank, ha detto che ritarderà il lancio del Huawei P30 Lite. Un altro smartphone della compagnia è finito invece nel mirino della giapponese KDDI Corp, che per le stesse ragioni ne ha congelato il lancio. Rimane in bilico invece un altro grande player nipponico, la NTT Docomo, pronta a frenare le ordinazioni per il Huawei P30 pro.
UN ALTRO COLPO: LA BRITANNICA ARM SI SFILA
Ma non c’è solo la telefonia mobile a scricchiolare sotto i colpi della vicenda Huawei. ARM, produttore di chip con base a Cambridge, avrebbe detto ai suoi dipendenti di tagliare “tutti i contratti attivi, i diritti e gli impegni pendenti” con Huawei. A darne notizia la BBC che ha visionato un memo fatto circolare in via privata nella compagnia. L’azienda si sarebbe trovata costretta ad adeguarsi alle decisioni di Washington, perché alcuni design dei suoi processori sono sviluppati in Texas e in California. ARM, che nel 2016 è stata acquistata dalla giapponese Softbank per 24 miliardi di sterline, è considerato il primo gruppo tech britannico e uno dei più grandi designer di processori al mondo. Questo spiega la reazione immediata di Huawei, che in un comunicato si è detta “fiduciosa” di poter risolvere la “situazione spiacevole” frutto “di decisioni di tipo politico”.
IL CASO HUAWEI A DOWNING STREET
Il contraccolpo Trump si abbatte sul settore delle telco britanniche in un clima politico già arroventato dall’affaire Huawei. Il primo maggio la premier Theresa May ha licenziato in tronco il segretario alla Difesa Gavin Williamson, accusato di aver confidato al Daily Telegraph l’esito di una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale britannico durante la quale la May avrebbe ignorato le obiezioni di alcuni consiglieri, compreso l’ex segretario, sull’opportunità di lasciare in mano a Huawei l’implementazione della rete 5G. La notizia ha avuto come conseguenza l’immediata reazione americana, prima con un duro monito di Robert Strayer, vice-segretario di Stato per gli affari cyber e le comunicazioni internazionali. Poi con le parole del segretario di Stato Mike Pompeo in visita a Londra l’8 maggio scorso, quando ha ribadito di fronte alla May e al ministro degli Esteri Jeremy Hunt che la partecipazione di Huawei alla fornitura 5G costituisce “un rischio” per i dati degli alleati.