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Trump vedrà Erdogan al G20, ma il compromesso sui missili russi è lontano

Erdogan

Potrebbe essere una schiarita, come l’aggravamento di una crisi aperta già da tempo. La novità è che ieri, dopo settimane di mediazione da parte di delegazioni di deputati turchi e americani, il presidente Usa, Donald Trump e quello turco, Recep Tayyip Erdogan, si sono parlati al telefono e hanno deciso che si incontreranno di persona al prossimo G20 in programma a giugno a Osaka, in Giappone.

Sul tavolo, per il momento, il capitolo più delicato che ha di fatto reso molto difficili le relazioni fra i due Paesi: l’acquisto, da parte di Ankara, del sistema missilistico russo s-400. La decisione turca è arrivata dopo diversi rifiuti, da parte di Washington, di vendere alla Turchia un sistema analogo, il Patrol. La Mezzaluna, però, ha reagito a sorpresa e, nel dicembre 2017, ha accettato la proposta di vendita da parte della Russia. La scelta ha messo gli Stati Uniti e la Nato in una posizione di grande difficoltà. La Turchia, infatti, rappresenta il secondo esercito numerico dell’alleanza atlantica. Washington ha reagito congelando la consegna dei caccia F35 alla Turchia e tagliando fuori Ankara dal programma di addestramento.

Come se non bastasse, a questa situazione vanno aggiunte le divisioni fra i due Paesi sul capitolo Siria, l’avvicinamento della Turchia a Mosca e il rifiuto, da parte americana di estradare Fethullah Gulen, il nemico numero uno del presidente Erdogan, che vive in autoesilio in Pennsylvania e che è considerato anche il mandante morale del fallito golpe del luglio 2016.

Il clima è leggermente più disteso rispetto ai mesi precedenti, con la Casa Bianca che ha deciso di eliminare una parte dei dazi sull’acciaio turco, anche se sostanzialmente in funzione anticinese. Le tensioni sono sempre dietro l’angolo e l’obiettivo del presidente Erdogan, forse, è troppo ambizioso. Il capo di Stato turco, infatti, è convinto di poter convincere Trump del fatto che lo scudo missilistico russo e i caccia americani possono coesistere sullo stesso territorio.

Da settimane dirigenti dei rispettivi ministeri della Difesa e dello Stato Maggiore si incontrano per cercare di trovare un compromesso sulla faccenda. Ma gli Stati Uniti hanno ancora come obiettivo di convincere Ankara ad abbandonare il sistema s-400, pena severe tensioni all’interno dell’alleanza atlantica. Delle quali, però, la Turchia sembra non tenere particolarmente conto, se si considera che alcuni ufficiali sono già in Russia per iniziare il training sul sistema.

L’impressione è quella che nessuna delle due parti sia disposta ad arretrare, in una contesa che ha anche un grandissimo valore simbolico e dove le possibilità di compromesso sono davvero poche. Infatti o Ankara fa un passo indietro o rischia di venire definitivamente bollata da Washington come alleato inaffidabile e membro della Nato ribelle.

Si tratta di una situazione molto pericolosa per Erdogan. Trump sa benissimo come vendicarsi e come mettere la Turchia in difficoltà. Il Paese sta ancora pagando le conseguenze della grave crisi valutaria di quasi un anno fa. Se il cambio con la lira turca dovesse tornare fuori controllo, in un momento in cui l’economia nazionale è in seria sofferenza, per il presidente Erdogan potrebbero essere guai, anche dal punto di vista della stabilità interna.


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