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Turchia e India, quelli che festeggiano i dazi contro la Cina (ma Trump vuole colpire anche loro)

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Turchia e India fanno festa per la nuova guerra dei dazi fra Stati Uniti e Cina. Lo dicono i dati della Gps, un’organizzazione con sede a Washington e che include le maggiori aziende americane e organizzazioni commerciali che hanno accordi commerciali preferenziali.

Stando ai dati in possesso, l’imposizione di dazi sulle merci in arrivo dalla Cina, avrebbe fatto lievitare il commercio con la Turchia, l’India, l’Indonesia la Thailandia e la Cambogia. Un successo soprattutto per Ankara, se si conta che, a causa dei dissapori fra il presidente americano, Donald Trump e l’omologo, Recep Tayyip Erdogan, il commercio fra i due Paesi ha subito nei mesi scorsi una secca battuta di arresto con l’imposizione, anche in questo caso di dazi su alcune di merci, prima fra tutte l’acciaio. Nei giorni scorsi, l’amministrazione americana ha deciso di alleggerire questa misura, in segno di buona volontà per una riconciliazione dei rapporti con la Mezzaluna, ma anche per dare alle aziende americane una via alternativa a quella cinese.

La “salvezza” di Ankara, ma anche degli altri Paesi è stata che il range dei dazi imposti sulle merci cinesi è oltremodo esteso e comprende oltre 1300 categorie, dalla carne ai prodotti caseari, dalla verdura alla frutta, dall’elettronica al tessile. Alle aziende americane non è rimasto altro che rivolgersi ad altri fornitori per rimpiazzare quelli cinesi ed evitare aumenti che sarebbero costati loro molto casi.

Si calcola che le società che fanno parte del Gps nel 2017 abbiano importato merci per 21,1 miliardi di dollari, una cifra salita a 23,6 dopo l’aumento dei dazi. Il presidente americano voleva incrementare la produzione domestica dai danni delle merci importate dalla Cina ma, almeno in parte, da altri Paesi. Ankara, nello specifico, ha esportato nei Paesi della rete Gps merci per 1,9 miliardi di dollari nel 2017 e 1,9 miliardi di dollari nel 2018. In generale, le esportazioni sono state di 8,6 miliardi nel 2017 e 8,3 miliardi nel 2018.

Secondo i dati della Tim, l’Associazione degli esportatori turca, a marzo, quando sono iniziati i problemi di Pechino, l’export di cemento verso gli Usa è aumentato del 114,8% arrivando a 37,7 milioni di euro. In aumento anche l’export di grano e farina, che con un incremento del 23,5 ha raggiunto i 25,8 milioni di dollari e i gioielli, con un incremento del 20% e 30 milioni di dollari di gioielli esportati. Questo settore in particolare, si sta rivelando particolarmente fruttuoso anche in aprile, con un aumento del 140,2% e 58,1 milioni di dollari.

Tutto troppo bello per essere vero e soprattutto innocuo. Secondo alcuni media americani, infatti, il presidente Trump non sarebbe particolarmente contento di questo sviluppo e adesso Turchia e India potrebbero diventare indigeste alla sua politica commerciale tanto quanto la Cina.

Il primo provvedimento potrebbe essere proprio espellere entrambi i Paesi dal Gps.

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