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Fra Maduro e Guaidò l’ombra dello scontro fra Putin e Trump. Ecco perché

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Il riesplodere della crisi venezuelana rischia di produrre nuove e preoccupanti ripercussioni nel già complicato rapporto tra Stati Uniti e Russia. Come è noto, se Washington appoggia l’ascesa di Juan Guaidò, Mosca spalleggia al contrario Nicolas Maduro.

Negli ultimissimi mesi, del resto, le relazioni tra le due potenze si sono rivelate non poco turbolente sulla questione. Il Cremlino ha non a caso a più riprese accusato Washington di interferire nelle dinamiche politiche di uno Stato sovrano, mentre – poche settimane fa – ha inviato alcuni soldati sul territorio venezuelano. Una mossa che gli Stati Uniti hanno interpretato come un vero e proprio schiaffo nei loro confronti: una violazione, in grande stile, della Dottrina Monroe, in base a cui – dal 1823 – Washington non consente interventi diretti di potenze europee nel proprio emisfero. Una dottrina con cui lo Zio Sam indirettamente ha assai spesso invocato un controverso diritto di tutela nei confronti del Sudamerica. E non sarà del resto un caso che proprio ad essa, già alcuni mesi fa, si fosse richiamato lo stesso National Security Advisor, John Bolton, per giustificare l’iperattivismo statunitense contro il regime di Maduro. Davanti alle accuse della Casa Bianca, i russi hanno optato per due linee di risposta: una, aggressiva, ricordando agli americani che il loro promesso ritiro dalla Siria (storico alleato del Cremlino) non si fosse ancora verificato; l’altra, più morbida, derubricando l’invio di soldati ad accordi fondamentalmente estranei alla crisi.

Insomma, una situazione già complicata rischia di diventarlo ancora di più, con l’acuirsi delle tensioni interne al Venezuela. Del resto, poco dopo l’invito di Guaidò alla rivolta, Stati Uniti e Russia hanno di fatto ribadito le proprie posizioni antitetiche. Da una parte, Vladimir Putin ha convocato il consiglio di sicurezza russo per monitorare attentamente la situazione. Dall’altra, il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, e il National Security Advisor, John Bolton, hanno espresso un pieno appoggio nei confronti dell’iniziativa di Guaidò. In questo quadro complicato, indiscrezioni della stampa parlano di alcune migliaia di mercenari di Blackwater per intervenire a sostegno del presidente dell’Assemblea Nazionale.

D’altronde, la rivalità tra Stati Uniti e Russia sul dossier venezuelano si spiega anche alla luce della complicata rete di alleanze che i due Paesi hanno intrecciato nell’area sudamericana. Putin intrattiene storicamente relazioni piuttosto cordiali con il regime di Maduro e non sarà un caso che le principali nazioni latinoamericane ad essersi schierate ieri con l’attuale presidente venezuelano siano Bolivia e Cuba: due realtà con cui il Cremlino vanta saldi legami, oltre a una serie di accordi in materia energetica, commerciale e di sicurezza. Dall’altra parte, l’influenza statunitense si sta rafforzando nella regione. La Colombia è entrata l’anno scorso a far parte della Nato come “partner globale”, mentre – lo scorso marzo – il Cile ha promosso la creazione di Prosul: un blocco di Stati sudamericani tendenzialmente vicini agli Stati Uniti e conseguentemente ostili al regime chavista. Inoltre, non va dimenticato che gli equilibri della regione siano stati di recente spostati dalla vittoria di Jair Bolsonaro in Brasile: il nuovo presidente – in carica dallo scorso gennaio – sta attuando un progressivo allontanamento dalla Cina e dalla Russia, per collocarsi su posizioni più decisamente filostatunitensi. È proprio in quest’ottica che Donald Trump sta auspicando l’ingresso di Brasilia nella Nato.

Insomma, in gioco ci sono interessi che vanno ben al di là del Venezuela (e del suo petrolio). E adesso bisognerà cercare di capire le prossime mosse di Washington. Se difatti la linea statunitense appare formalmente compatta, non va dimenticato che – all’interno dell’amministrazione – potrebbero in realtà scorgersi linee non del tutto sovrapponibili sulla questione. Non è un mistero che Pompeo e Bolton abbiano sempre mantenuto una posizione particolarmente proattiva su questo dossier: soprattutto il National Security Advisor ha in passato invocato l’intervento diretto delle truppe statunitensi in Venezuela. Una linea durissima che tuttavia Trump, almeno fino a oggi, ha mostrato di condividere sino a un certo punto. Il presidente americano ha infatti evitato un coinvolgimento troppo diretto degli Stati Uniti, smorzando le richieste più nette dello stesso Bolton. Una cautela che bisognerà capire se il magnate voglia continuare a seguire anche nei prossimi giorni. Una cautela che potrebbe avere alla base svariate spiegazioni. Non solo la volontà di non avvicinarsi troppo a una crisi ricca di incognite come quella venezuelana ma forse anche per non compromettere irrimediabilmente quel processo di distensione che, pur tra alti e bassi, questo presidente americano ha sempre auspicato di attuare nei confronti proprio del Cremlino. Una strategia che, con l’acuirsi delle tensioni dalle parti di Caracas, rischia di restare sempre più appesa a un filo.



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