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Vinci Salvini? Il leader della Lega come Obama e Trump

In principio fu l’esperienza a cena fuori con gli Obama, l’esperienza premio in palio per i donatori e gli attivisti politici che si registravano con i propri dati sulla piattaforma messa a punto per la campagna elettorale presidenziale statunitense del 2012. Poi venne il turno di Trump, con la possibilità per i finanziatori registrati al sito web delle donazioni di vincere un incontro a Washington, con tanto di con il presidente degli Stati Uniti. Dal momento che da noi tutte le esperienze di comunicazione politica di successo giungono con almeno un lustro di ritardo, ci troviamo oggi a parlare dell’esperienza del secondo concorso a premi Vinci Salvini, ideata con modalità molto simili agli ormai consolidati esempi di coinvolgimento online delle basi elettorali dei candidati alla presidenza degli Usa.

La meccanica del concorso a premi viene spiegata dal leader della Lega stesso in una delle sue più riuscite performance comunicative da arci-italiano (il video, volutamente in stile bravo presentatore della televisione commerciale anni ’90, è disponibile qui). Maggiore è il numero di like e la velocità di reazione ai post di Salvini su Facebook, Instagram e Twitter, maggiore sarà il punteggio dell’attivista registrato al sito web del concorso. Si possono vincere una telefonata con Salvini, la diffusione di foto del vincitore con il leader della Lega ad una “community di 6 milioni di amici”, l’incontro con il leader della Lega per il più attivo sui social network a fine campagna elettorale.

È stata posta in luce la modalità di giochi e delle tecniche di game design. Si tratta di una tecnica sempre più impiegata in altri contesti, come le risorse umane, il credito, la finanza, la consulenza aziendale. L’invito alla partecipazione politica sui social sotto forma di gioco e di utilizzarli per finalità di propaganda elettorale. Ai sensi del regolamento del concorso vengono acquisiti e gestiti, ai sensi del GDPR, il regolamento europeo sulla privacy del 2018, dati quali nome, cognome, sesso, data di nascita, email, numero di cellulare, riferimenti ad account FB, Twitter e IG, comune e provincia di residenza. Tali dati verranno conservati fino al termine del maggio 2020 e potranno essere utilizzati anche per la trasmissione di “materiale informativo e comunicazioni di promozione elettorale e politica, informazioni su manifestazioni, incontri, assemblee, dibattiti, conferenze, convegni e simili, vendita di gadget, pubblicazioni o altro, attraverso l’invio di posta tradizionale, posta elettronica, sms, mms, piattaforme di messaggistica istantanea o attraverso contatti telefonici e per l’elaborazione di statistiche per promuovere lo sviluppo e le attività del Movimento”. Si tratta di un’ottima base di dati, reperiti senza costi per il partito politico, anzi, con la collaborazione degli attivisti politici; essa consentirà di elaborare quella microtargetizzazione degli elettorati di riferimento, cui inviare messaggi politici sempre più coinvolgenti e cuciti addosso, che ha costituito il fondamento dei successi elettorali di Obama e Trump.

Tuttavia, le critiche a tale modalità di acquisizione dei dati sulle preferenze elettorali nel concorso VinciSalvini ci dicono qualcosa anche sul diritto alla privacy e su come gli utenti dei social network lo interpretano oggi. Se negli Usa, in termini di diritto, è consentito raccogliere dati sull’appartenenza a comunità etniche o sulle preferenze religiose e sessuali (e si veda il successo dei Latinos e della comunità LGBT per Obama), il sistema europeo di tutela della privacy prevede un differente trattamento per i dati considerati sensibili, tra cui sono inserite le preferenze politiche. Che cosa ne sarà dei like dati ai post di Salvini, con tanto di dati personali e di contatto, conservati in un server ubicato in Europa, di qui alla fine maggio del 2020? Chi vi potrà accedere e sotto quale regime di controlli? Queste preoccupazioni appaiono rilevanti in termini di diritto. Tuttavia, esse non sembrano interessare più di tanto gli utenti dei social italiani, che percepiscono i propri dati sensibili lasciati in rete alla stregua delle impronte che si lasciano sulla spiaggia: sono nostri in quanto li abbiamo lasciati online noi, ma restano disponibili dietro di noi per chiunque abbia la tecnologia per interpretarli, rendendone complessa la procedura di “rivendicazione”, nella vita reale.

Così, oltre a svelarci qualcosa sulla nostra idea di dati personali sui social, Vincisalvini ottiene un triplice effetto politico per la Lega e il suo leader: la possibilità di tracciare ed ottenere dati sulle preferenze politiche della base elettorale di riferimento su temi e argomenti; l’occasione di fare propaganda politica mediante la diffusione dei contenuti nelle reti di relazioni governate dagli algoritmi dei social; l’opportunità di creare pseudo-eventi, come le premiazioni dei vincitori parziali e del premiato finale, e di costruire agende anche sui media tradizionali (che non cessano di dare spazio all’iniziativa). Una nuova frontiera della comunicazione politica a tutto spettro, senza spendere risorse finanziarie, insomma. Se il team di comunicazione che si occupa di tali meccanismi per Salvini comprendesse l’utilità di associare al concorso strumenti per la microdonazione elettorale, l’intero sistema della politica italiana si avvicinerebbe ancora di più al modello Usa.


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