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Gli americani hanno capito Salvini. E sulla Russia… La versione di Dottori

Il vicepremier italiano Matteo Salvini ha detto con i giornalisti che hanno raccolto le due dichiarazioni appena arrivato all’ambasciata italiana di Washington, dove è in visita, che “l’Italia vuole tornare a essere il primo partner, il partner più importante in Europa, della più grande democrazia del mondo (gli Usa, ndr)” perché non ci sono solo interessi, economici o strategici, ma c’è una condivisioni di valori e visioni del mondo.

Qual è la profondità di questa alleanza nell’epoca Salvini-Trump?

“Anche nel corso della conferenza stampa seguita all’incontro con il segretario di Stato Pompeo, Salvini ha ribadito l’importanza dei valori che uniscono gli Stati Uniti all’Italia”, commenta con Formiche.net Germano Dottori, docente di Studi Strategici alla Luiss di Roma.

“Io credo — continua — che in gioco ci sia qualcosa di più importante e duraturo della convergenza tra la visione che Trump ha del mondo e quella che ha il leader della Lega. Vedremo concretamente come si strutturerà il rapporto tra Salvini e l’amministrazione repubblicana al potere in America, che in effetti sta davvero iniziando solo adesso. Le premesse perché possano derivarne ricadute positive per il nostro Paese tuttavia ci sono. Anche se, naturalmente, potranno sempre esserci dossier in cui Roma e Washington potranno esprimere sensibilità differenti. L’importante, mi pare, è stato far capire agli americani, che dei dubbi li avevano, da quale parte Salvini intenda condurre l’Italia”.

Dove possiamo trovare qualche punto di attrito tra la Casa Bianca e il governo italiano?

Gli Stati Uniti stanno cambiando la loro postura nei confronti del resto del mondo. Passano dal controllo di prossimità ad uno “da remoto”. Ma non è un “tana libera tutti”. Gli americani si aspettano invece una grande assunzione di responsabilità da parte dei loro amici ed alleati nelle zone divenute per loro secondarie o in cui trovano ormai poco conveniente rimanere. Tra queste regioni ci sono anche il Mediterraneo ed il Medio Oriente, quindi teatri come Libia e Siria. Aree in cui purtroppo si combatte e la sicurezza è un progetto tutto da costruire. L’Italia potrà trovare difficile, in qualche caso, impegnarsi al livello che ci si aspetterebbe, pur facendo onorevolmente la sua parte. I margini per fare delle cose ci sono, a patto che negli Stati Uniti vengano compresi i nostri attuali limiti. Lì forse potranno verificarsi attriti. Dovremo rafforzarci, ma non potrà accadere in un giorno. La maggiore autonomia che la visione di Trump tende a riconoscere significa dilatazione dei margini di libertà ed esercizio della sovranità nazionale, ma anche oneri. Se saremo all’altezza del ruolo che viene immaginato per noi, però, il prestigio nazionale del nostro paese ne risentirà molto positivamente. Vedremo. Dobbiamo ricordare sempre che ci troviamo in un ambiente difficile e in un momento storico non proprio ideale per il nostro paese.

Il vicepremier italiano ha anche parlato di un argomento che è centrale nella descrizione dell’impegno strategico globale dell’America di Trump che lei racconta nel suo ultimo libro, “La visione di Trump. Obiettivi e strategie della nuova America” – che, stando alla foto diffusa su Facebook durante l’imbarco, Salvini si sarebbe portato con sé a Washington. Intendo il rapporto con la Russia e con la Cina, e in particolare la gestione della bromance strategica tra Pechino e Mosca e il ruolo di Stati Uniti e Italia. Di cosa parliamo?

Non è un mistero che Trump sia arrivato alla Casa Bianca con il progetto di trasformare le relazioni tra il suo paese e la Federazione Russa. Non è il primo presidente a provarci, ma il suo richiamo ad una tradizione politica americana diversa da quella idealista e molto ancorata al realismo aveva acceso grandi speranze a Mosca. Questo aspetto del programma di Trump ha però incontrato resistenze fortissime, che hanno obbligato la Casa Bianca ad assumere un atteggiamento molto più prudente. La delusione in Russia è stata forte. E la Cina ne ha approfittato, guadagnando influenza nella Federazione. Xi e Putin si sono incontrati già una trentina di volte, approfondendo una collaborazione bilaterale che inizia a preoccupare. Siamo in qualche modo ad un bivio. Se a Trump viene impedito di andare avanti sul terreno del dialogo con Mosca, il rischio che la Russia divenga un satellite della Cina diventa elevatissimo. Per molte ragioni, a mio avviso non è interesse degli Stati Uniti e neanche della Russia che ciò accada. I primi rischiano di essere estromessi da vaste porzioni dell’Eurasia. La seconda corre invece il pericolo di subire un accerchiamento completo, mai sperimentato nella storia, visto che potrebbe estendersi da Pechino a Berlino, con effetti ora difficilmente prevedibili ma di certo notevoli. Penso quindi che Salvini abbia espresso un auspicio del tutto condivisibile. E’ meglio agganciare la Russia all’Occidente, rivalutandone la tradizione pietroburghese, piuttosto che sospingerla verso le steppe. Sono d’accordo con lui.

(Salvini ha parlato del “tornare a buoni rapporti con la Russia” come un “obiettivo comune” discusso anche con il vicepresidente Mike Pence. Una questione in cima all’agenda delle priorità allo stesso modo di frenare la “pre-potenza cinese”. Il ministro italiano ha fatto capire di avere una visione meno severa sul sistema sanzionatorio rispetto a Washington, che “forse è ora che venga superato”, ma ha aggiunto che “anche la Russia deve dimostrare di volte fare dei passi in avanti”, ndr)

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