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Gli italiani? Formiche e non cicale. Il risparmio (e la responsabilità delle banche) secondo De Lucia Lumeno

“Formiche e non cicale”. Ancora oggi, malgrado tutto, malgrado la crisi economica e finanziaria, malgrado i mille problemi del “sistema Italia”, la propensione al risparmio degli italiani resta alta, cambia nelle forme ma resiste alle difficoltà. La crisi, che dura ormai da due decenni, una crisi dell’economia reale con effetti pesantissimi sulle imprese che ha visto soccombere migliaia di piccole e medie imprese, ha totalmente mutato le consuetudini dei risparmiatori abituati a investire i propri risparmi nei titoli di Stato che garantivano sicurezza e alta redditività (soprattutto negli anni ’80).

IL RISPARMIO DINNANZI ALLA CRISI

Oggi, il basso livello dei tassi d’interesse unito a una crescita della percezione del rischio da parte dei risparmiatori ha portato a una maggiore attenzione nelle scelte di investimento. Se prima lo schema risultava piuttosto semplificato, con il rifugio nei titoli di Stato e nell’ottenimento di premi di rendimento elevato, oggi lo scenario si mostra molto più complesso e richiede una conoscenza superiore dei rischi e dei vantaggi connessi alle scelte di investimento che, nel frattempo, sono notevolmente aumentate fornendo al risparmiatore un’ampia possibilità di scelta. Nel corso degli anni, quindi, è stato naturale aumentare l’attenzione sul tema dell’educazione finanziaria con l’obiettivo prioritario di predisporre strumenti e nozioni capaci di fornire il giusto grado di comprensione e di conoscenza per assicurare scelte che siano il più possibile consapevoli e informate.

LA SFIDA DELLE BANCHE

Se da un lato il pericolo emerso, anche e soprattutto, negli anni passati, può essere stato quello di una certa opacità di alcuni prodotti (si veda il caso dei derivati o dei mutui sub-prime che hanno coinvolto le principali banche d’affari statunitensi e anche grandi gruppi bancari europei) dall’altro – è bene dirlo – l’eccesso di materiale informativo, piuttosto che aiutare il risparmiatore nella scelta, spesso, ha provocato maggiore disorientamento. L’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari e del Territorio, insieme alle banche associate, così come tutto il sistema bancario italiano, in questi anni, ha investito molto su questo versante con diverse iniziative di attività convegnistiche e la pubblicazione di volumi specifici per diffondere una maggiore consapevolezza della cultura finanziaria tra i risparmiatori. Oggi, ciò che la clientela chiede sono banche semplici, chiare e professionali. In questo senso istituti legati all’economia locale e con una compagine sociale espressione del territorio d’insediamento rappresentano un valore aggiunto estremamente importante che, anche grazie agli investimenti sull’educazione finanziaria, si va, giorno dopo giorno, rafforzando. Nello stesso tempo, le Banche Popolari hanno continuato a investire sulla formazione del proprio personale per affrontare le evoluzioni normative e i nuovi strumenti finanziari e tecnologici di cui la clientela può disporre. Il fine è, ancora una volta, quello di offrire un servizio sempre più rispondente alle scelte d’investimento di risparmiatori più esigenti e attenti nell’allocazione delle proprie risorse.

EVITARE L’INCERTEZZA

Il rischio da evitare è quello del cosiddetto “stallo” del risparmiatore: un risparmiatore che intimorito dall’incertezza della situazione generale, preoccupato più del dovuto del rischio, diffidente nei confronti degli operatori bancari e, soprattutto, non sentendo di avere il controllo e la piena consapevolezza delle proprie scelte e delle relative conseguenze, decide di congelare il proprio risparmio. La conseguenza più diretta è quella di avere banche nelle quali aumentano i depositi, soprattutto quelli in conto corrente, e diminuiscono gli investimenti a sostegno del tessuto produttivo, dando vita a una pericolosa spirale negativa che va a gravare sull’economia e sullo stesso risparmiatore. Conoscenza, consapevolezza e sicurezza delle scelte in ambito finanziario devono e possono diventare patrimonio diffuso e radicato. Sono le condizioni necessarie per tornare a fare del “risparmiatore” un “investitore” e rimettere così in moto l’economia.


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