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La mitezza di Bergoglio sfida l’indifferenza e offre un’ancora anche alla Russia

Bisogna leggerlo bene l’ultimo numero de La Civiltà Cattolica, perché nella conversazione di papa Francesco con i gesuiti incontrati in Romania ci sono indicazioni utili per leggere questo importantissimo momento ecclesiale e anche l’imminente incontro con Vladimir Putin, al quale è dedicato un altro articolo del numero della rivista diretta da padre Antonio Spadaro. Francesco dà subito una bussola davanti a momenti così difficili nella Chiesa e fuori dalla Chiesa: e questa bussola sta in una parola, mitezza: “e ci vuole davvero coraggio per essere miti”. E per essere ancor più chiaro aggiunge: “ Che cosa ha fatto Gesù nel momento della tribolazione e dell’accanimento? Non si metteva a litigare con i farisei e i sadducei, come aveva fatto prima quando loro tentavano di tendere tranelli. Gesù è rimasto in silenzio. Nel momento di accanimento non si può parlare. Quando è in atto la persecuzione, restano da vivere la testimonianza e la vicinanza amante nella preghiera, nella carità e nella bontà. Si abbraccia la croce”.

LA SOCIETÀ IMMOBILE

Qui il Papa sembra parlare più delle questioni interne, degli inauditi tradimenti che portano a citare in nota ad un suo discorso come fonte di una preghiera di un ex segretario di stato vaticano addirittura un blog oscurantista e che offende quotidianamente Francesco. Quel testo era disponibile su fonti ufficiali. Non è certamente questo il caso in cui essere miti, ma questo è un esempio di cosa debba sopportare quotidianamente Bergoglio. E la consapevolezza Francesco la indica davanti al grande disordine del mondo. E dice cosa non si può accettare. Lo fa con fermezza, cristallina: l’indifferenza. “L’indifferenza piatta”, specifica subito Francesco, facendo un esempio concreto, un esempio che vediamo ogni giorno, forse con noi stessi come protagonisti: “Uno dei fotografi dell’Osservatore Romano, un artista, ha fatto una foto dal titolo ‘Indifferenza’. Nell’immagine si vede una signora molto ben vestita, con una pelliccia e un bel cappello, che esce in una notte d’inverno da un ristorante di lusso. E poi nella foto, accanto a lei, c’è una signora per terra che chiede l’elemosina. Ma la signora guarda da un’altra parte. A me questa fotografia ha fatto tanto pensare. È quella che noi in spagnolo chiamiamo la calma chicha. Come dite voi in italiano? Calma piatta. Sant’Ignazio ci dice che se c’è indifferenza e non ci sono né consolazioni né desolazioni, non va bene. Se nulla si muove, si deve guardare che cosa succede. E anche a noi farà bene aprire gli occhi sulla realtà e guardare ciò che accade”. Anche a noi, a chi legge quanto ha detto Bergoglio, farà bene, perché a tutti farebbe bene preoccuparsi della “cultura dell’indifferenza cattiva, dove tutto è calma piatta, dove non si reagisce alla storia, quando non si ride e non si piange. Una comunità che non sa ridere e non sa piangere non ha orizzonti. È chiusa nei muri dell’indifferenza”. Le strade italiane sono popolate di persone che sanno ridere e sanno piangere?

L’INCONTRO CON PUTIN

Nella discussione riportata da Civiltà Cattolica c’è poi un passaggio molto importante per cominciare a pensare all’incontro con Putin, quello in cui viene chiesto al Papa quale sia il ruolo dei greco cattolici nell’Europa orientale. La risposta non parla di Putin, ma parla di un approccio non solo ecclesiale: “La Chiesa respira con due polmoni. E il polmone orientale può essere ortodosso o cattolico. Lo status quo si deve mantenere. C’è tutta una cultura e una vita pastorale che va preservata e custodita. Ma l’uniatismo oggi non è più la via. Anzi, io direi che oggi non è lecito. Nell’oggi però si deve rispettare la situazione e aiutare i vescovi greco-cattolici a lavorare con i fedeli”. Quando il vescovo di Roma parla dei due polmoni non dice una grande novità, ma quando dice che l’uniatismo oggi non è lecito dice una cosa importantissima, che per capire bene bisogna chiarire. L’uniatismo è in buona sostanza l’idea che ci si debba unire riconoscendo il primato di Roma (si dirà con un accordo teologico). Al riguardo Francesco ha detto l’anno scorso incontrando una delegazione del patriarcato di Mosca: “Quando qualche fedele cattolico, sia laico, sacerdote o vescovo, prende la bandiera dell’uniatismo che non funziona più, che è finita, per me è anche un dolore. Si devono rispettare le Chiese che sono unite a Roma, ma l’uniatismo come cammino di unità oggi non va. Invece a me dà consolazione quando trovo questo: la mano tesa, l’abbraccio fraterno, pensare insieme, e camminare. L’ecumenismo si fa camminando. Camminiamo”.

LO SCOPO DI FRANCESCO

È il poliedro di Bergoglio, l’unità rispettosa delle storie e delle differenze, un’idea per la Chiesa e per il mondo. Una globalizzazione poliedrica funzionerebbe, quella tentata uccidendo le identità, globalizzando solo le speculazioni finanziarie, no. Ecco perché c’entra Putin. Con lui il papa non cercherà né scontri né accordi impropri, ma cercherà di dare alla Russia quella sponda di cui ha bisogno per non cadere nell’estremismo ideologico, nazionalista, imperialista, dottrinale. Gli estemismi camminano spesso insieme, prodotti l’uno dell’altro e questo rischio un leader innamorato del poliedro e della pace nel mondo non può correrlo. Offrire una sponda per non cadere nell’estremismo, però, cosa vuol dire? Lo aiuta a capire il bel saggio di padre Vladimir Pachcov, intitolato “Radici culturali di un confronto”. L’autore parte proprio da una considerazione che appare connessa a questo bisogno di offrire sponde per evitare estremismi constatando che dopo il crollo dell’Unione Sovietica non solo l’élite ma anche gran parte della popolazione guardava al diventare parte della comunità occidentale o diventare di nuovo parte dell’Europa, e non andando così la storia ha prodotto due delusioni. Perché? Scrive padre Pachcov: “L’Europa, così come in generale l’Occidente, era convinta che con la vittoria nella ‘Guerra fredda’ fosse arrivata la ‘fine della storia’ e che il resto del mondo, inclusa la Russia, dovesse seguire il modello occidentale. In Russia, al contrario, si rivelarono illusorie le speranze di essere riammessi nella cerchia degli Stati europei, non soltanto perché la nazione era stata molto meno ‘europea’ di quanto si era immaginato, ma anche perché l’Europa, a partire dall’inizio del XX secolo, era cambiata notevolmente”.

LA STRADA DELLA RUSSIA

L’Occidente postmoderno è stato incontrato dalla perestrojka, rapidamente archiviata. E la Russia ha scelto un’altra strada: “Come nel XIX secolo era la roccaforte delle forze conservatrici in Europa, così anche oggi la Russia è la nazione che si oppone all’ideologia dominante in Occidente. Essa viene addirittura vista come forza trainante che sta dietro i movimenti nazionalistici nel Continente europeo”. Alla Russia non viene riconosciuto un diritto alla diversità, osserva padre Pachcov, mentre ad altri sì, basti pensare alla Cina o all’Arabia Saudita. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria e così emerge il secondo Putin, di cui il gesuita scrive: “Allo stesso tempo, gli appartenenti all’attuale élite russa, e in particolare Putin, si ritengono i ‘veri europei’ e custodi della civiltà europea, che oggi è stata sostituita dal multiculturalismo. Tuttavia, la Russia è davvero una ‘vera Europa’? E Putin è ‘il vero europeo’, come vuole apparire agli occhi dei movimenti conservatori in Europa?”. L’autore ripercorre gli anni sovietici e ricorda come al momento del crollo sovietico Mosca si sia ritrovata senza un’idea forte davanti al mondo, abbandonandosi all’individualismo, all’arrivismo, all’etica edonistica. E poi? “Già negli anni Novanta sono stati fatti dei tentativi per arrestare tale processo. Ma né la Chiesa ortodossa né i movimenti nazionalisti patriottici sono stati abbastanza energici. Essi hanno però creato nel Paese quell’atmosfera che ha portato nel 2003-2004 alla rielezione di Putin e alla vittoria del partito ‘Russia Unita’, che si è presentato come partito patriottico e tradizionale. Dopo che, grazie ad esso, il presidente Putin ha ottenuto un forte sostegno anche in Parlamento, in politica si è assistito a una svolta dall’orientamento filo-occidentale ai valori tradizionali. Questo non è stato solo il risultato di tensioni politiche con l’Occidente, ma soprattutto la consapevole decisione di creare una nuova ideologia di Stato, basata più sul patriottismo che sulla libertà individuale, sul liberalismo e sull’individualismo. Questa nuova ideologia di Stato vive di patriottismo e di ‘valori tradizionali’, rappresentati anche dalla Chiesa ortodossa. Ma è riuscita a permeare la società solo in parte. La Chiesa attualmente gode di una grande fiducia: secondo un sondaggio del Levada Center del 2016, il 60% degli intervistati ha riconosciuto che la politica dello Stato è influenzata dalla Chiesa, e solo il 31% ha dichiarato di vivere in uno Stato laico. Tuttavia questa convinzione rimane soltanto teorica, quando si tratta di decisioni che le persone devono prendere per la propria vita. Quanto sia scarsa la reale influenza della Chiesa, lo si può constatare a proposito della questione dell’aborto”.

Ma destrutturazione e postmodernità sono le categorie giuste per capire la Russia? Sì, perché la Russia ha vissuto all’ombra del confronto culturale europeo senza integrarne le idee. “E se oggi l’élite russa al governo mette in risalto le differenze con l’Occidente, con lo scopo di mantenere il potere, questa rivendicazione del ‘cammino speciale’ della Russia come di una sorta di reazione contraria mostra solo quanto fortemente il Paese abbia subìto, e continui a subire, l’influenza culturale dell’Occidente”. La geopolitica della misericordia di Jorge Mario Bergoglio il 4 luglio prossimo sarà ad un altro giro di boa. Occorrerà mitezza per smuovere le acqua e la fermezza di chi rifiuta l’indifferenza piatta.


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