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Trump (che ama l’Italia) visto da vicino. Parla l’ex portavoce Scaramucci

Una chiamata inaspettata, per ufficializzare l’offerta di lavoro della vita, “Mi serve il tuo aiuto”. Quei giorni alla Casa Bianca, nell’afa di agosto. Poi una soffiata, di un amico, che manda tutto all’aria, e lo costringe a fare le valigie prima di averle disfatte. Anthony Scaramucci ricorda come fosse ieri quelle convulse giornate estive del 2017. Quando Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America, gli ha chiesto di fare il capo della sua comunicazione. Dieci giorni sono bastati per passare dall’altare alla polvere. In collegamento con il Centro Studi Americani di Roma per i “Colloqui sulla democrazia”, intervistato da Maria Latella, il fondatore del fondo SkyBridge Capital è un fiume in piena. L’ex manager di Goldman Sachs ne ha per tutti. Soprattutto per chi ha interrotto precocemente il suo sogno a Pennsylvania Avenue. Tutto è nato da una telefonata notturna a un amico storico, Ryan Lizza, scrittore e giornalista in forza al New Yorker e alla CNN. Scaramucci è già sull’orlo del collasso, ha appena accettato il lavoro e deve fare i conti con una cascata di leaks alla stampa che fanno tremare Trump e i suoi. “Voglio ammazzare tutte le maledette spie”. Una frase d’impeto, che doveva rimanere privata. E invece Lizza, amico di vecchia data cresciuto con lui a Long Island nella comunità italoamericana, scrive tutto, nero su bianco. “Fu un errore, le nostre famiglie si conoscevano da cinquant’anni, non me l’aspettavo”.

Così, con il licenziamento del già precarissimo capo dello staff Reince Priebus, Trump ha preso la palla al balzo, sbarazzandosi di Scaramucci, dopo undici giorni di servizio. Lui non prova rancore, anzi. Per Trump ha solo dichiarazioni d’amore. Ci ha scritto su un libro, fresco di stampa: “Trump. Il presidente del popolo” (Giubilei Regnani). “Sono cresciuto in una famiglia di colletti blu, e ho speso gli ultimi trent’anni cercando di diventare ricco in America – racconta alla platea del Csa – non capivo quanto fosse difficile inseguire il famoso sogno americano”. Poi è arrivato Trump. “Quando curai la comunicazione della campagna elettorale mi resi conto che era l’unico che poteva dare speranza a una classe lavoratrice disperata”. Anche il Tycoon, a suo modo, viene da una famiglia di colletti blu, “è un presidente lavoratore, è riuscito a farsi amare per la sua autenticità”. Di più, azzarda un pronostico per il 2020: “se l’economia americana rimane forte ci sono 9 chances su dieci che venga rieletto”.

Negli occhi di Scaramucci si legge ancora l’emozione per quella chiamata del neo-eletto presidente che lo implorava, dice lui, di guidare la comunicazione alla Casa Bianca. Era il gennaio 2017, il team di transizione aveva quasi ultimato il suo lavoro e le pedine della nuova amministrazione cominciavano a prendere posto. L’offerta è di quelle irrinunciabili, ma c’è un ostacolo. Anzi due: Steve Bannon, il guru di Breitbart assunto da Trump come capo stratega, e Reince Priebus. “Non ero un fan di nessuno dei due, chiamai il presidente e gli dissi: richiamami quando ti sarai sbarazzato di loro”. Succede l’estate successiva, il 25 luglio 2017. Bannon e Priebus sono ancora al loro posto (per poco). “Non vi nascondo quando ho accettato mi promisi di liberarmi di loro due, che non mi avevano voluto, ero infuriato”.

Di Priebus non parla più.  Bannon invece è una ferita aperta. La Latella ci mette il dito dentro, spiegandogli che “Il Diavolo” gira l’Europa spacciandosi come guru dei sovranisti, e in Italia ci ha fatto una capanna.

He’s a joke” chiosa subito lui, “organizziamo un dibattito a due in Italia, moderi tu – dice alla giornalista di Sky Tg24 – ma non accetterà, perché sa che lo sbugiarderei”. Bannon è “un personaggio gonfiato, è subentrato in campagna elettorale gli ultimi mesi, quando Trump aveva già sconfitto diciassette candidati repubblicani, la sola idea che il presidente fosse il suo pupazzo è follia”. E ancora: “Amo davvero l’Italia, vi consiglio vivamente di tenere Bannon il più lontano possibile dalla vostra politica”. Il presidente invece va tenuto vicino, dice Scaramucci, che assicura: “il viaggio di Salvini negli Usa andrà benissimo”. Perché? “Semplice, Trump ama l’Italia e la sua cultura, le relazioni fra Roma e Washington sono davvero ottime”.

(Foto: Fortune.com)

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