“Cari giovani, lo ripeto ancora una volta: voi siete l’oggi di Dio, l’oggi della Chiesa! Non solamente il futuro, no, l’oggi. O ve la giocate oggi, o perderete la partita. Oggi. La Chiesa ha bisogno di voi per essere pienamente sé stessa.” Sono giorni vissuti intensamente quelli di Papa Francesco, come se avesse l’urgenza di far capire quanto grave sia il rischio di smarrirsi, quanto presente sia il pericolo. Questa urgenza è risuonata nell’incontro di questa mattina con i giovani. Se un libro intervista con lui si intitola Dio è un poeta, noi possiamo dire che certamente Papa Francesco ha dentro di sé la forza della parola poetica, dell’immagine poetica.
E infatti ai giovani ha detto: “Con Cristo, Pane di Vita che ci dà forza per il cammino, portiamo la luce del suo fuoco nelle notti di questo mondo!” Quella del fuoco è immagine forte, ma anche problematica, perché se non opportunamente alimentato può sempre spegnersi: ma la partita dei giovani di Cristo si gioca non domani, ma oggi: “in un mondo in cui sono sempre di più le divisioni e le divisioni portano con sé conflitti e inimicizie, voi dovete essere il messaggio dell’unità”. È questo l’appello lanciato da Papa Francesco ai partecipanti al forum internazionale dei giovani, promosso dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.
LA CHIESA E I NAZIONALISMI
La distanza tra Chiesa cattolica e nazionalismi è nota a tutti, ma in questo momento di smarrimento impaurito per tanti con l’invito di Papa Francesco ai giovani ad essere “messaggio di unità” contro divisioni e conflitti, la Chiesa si fa promotrice di un’unità che rispetta le diversità. Non c’è ritiro dal mondo secolarizzato nei “nuovi conventi” della Benedetict Option per i cattolici del terzo millennio. No, c’è immersione in questo mondo, tanto che il Papa sottolinea ai suoi giovani il loro compito: “Anche noi, un giorno, abbiamo incontrato il Signore sulla strada della nostra vita. E, come i discepoli di Emmaus, siamo chiamati a portare la luce di Cristo nella notte del mondo. Voi, cari giovani, siete chiamati ad essere la luce nella notte di tanti vostri coetanei che ancora non conoscono la gioia della vita nuova in Gesù.”
IL DISCORSO DI NAPOLI
Queste parole del Papa possono essere lette con le lenti fornite dal grande discorso pronunciato venerdì alla Pontificia Facoltà Teologica di Napoli. Lì Papa Francesco ha parlato del Mediterraneo e della teologia, proprio davanti a conflitti e inimicizie diffuse. Leggendo distrattamente si potrebbe pensare a un discorso che ha evocato alcuni cardini della Teologia della Liberazione, e invece è stato un discorso per la Liberazione della Teologia. L’unità richiesta dal Papa presuppone la consapevolezza che Dio è Dio della vita, e quindi la teologia non può fossilizzarsi in formule astratte, fredde, ma deva partire dalla vita vera, quella degli uomini e delle donne di oggi.
Liberata da dottrinalismi e letteralismi, dalla pretesa di definire tutto per tutti in schemi, questa teologia saprà addirittura trovare partner negli altri monoteismi, saprà vedere che i testi sacri sanno proporre risposte che sembrano emergere da domande poste in altri libri sacri, saprà fare ricerca in libertà, senza temere i rigori della Congregazione per la Dottrina della Fede. L’approccio di Francesco è chiaro: se Dio è Dio della vita, la verità pratica avrà la precedenza su quella astratta e l’opzione privilegiata per poveri diventerà non pauperismo o classismo, ma comprensione di una delle verità che ripete più spesso: “il tutto è superiore alla parte”.
UNA NUOVA TEOLOGIA
La teologia di Papa Francesco può finalmente riscoprire il gusto, il sapore della ricerca, un gusto la rende nuovamente giovane, dopo essere invecchiata nelle rigidità di uno studio ingessato da mille formalismi e anatemi. Liberarsene in casa propria faciliterà il liberarsene in casa altrui, e il cammino della ricostruzione dell’unità nelle diversità invece che delle divisioni e delle inimicizie essendo libero diverrà anche più fruttifero.
Ecco allora che i giovani cui si è rivolto oggi sembrano diventare l’avamposto dei teologi cui si è rivolto ieri, con linguaggio ancora poetico e forte, quando gli ha chiesto di fare teologia “in solidarietà con tutti i naufraghi della storia.” Forse i giovani sono i migliori teologi di quella teologia narrativa cara al Papa, quella di cui ha chiaramente parlato ieri e che vive i testi sacri come un racconto, una narrazione del rapporto di Dio con il suo popolo, con l’uomo. Chi meglio dei giovani sa capire che più che le leggi o le regole c’è urgenza di imparare a relazionarci con Dio e fare la propria parte. Oggi.