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Basta tagli alla Difesa. Il punto di Catalano (Iveco Defence Vehicles)

All’industria della difesa servono chiarezza programmatica e investimenti certi, con un occhio attento alle manovre di Francia e Germania nel Vecchio continente. Il rischio, altrimenti, è di perdere un comparto strategico per il sistema-Paese. Il nuovo campanello d’allarme è suonato oggi in commissione Difesa alla Camera, dove si è svolta l’audizione di Claudio Catalano, amministratore delegato di Iveco Defence Vehicles, l’azienda di Bolzano specializzata in veicoli militari. L’audizione si è tenuta nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla pianificazione e sugli investimenti per il settore che la commissione presieduta da Gianluca Rizzo ha avviato qualche mese fa.

L’ESIGENZA DI UNA PIANIFICAZIONE DI LUNGO PERIODO

Il focus, dunque, è stato sull’esigenza di tutela del comparto. D’altra parte, ha spiegato Catalano, “i prodotti di eccellenza non potrebbero assolutamente esistere senza uno strettissimo collegamento con il cliente nazionale”. Per questo, risulta imprescindibile “la condivisione tra Difesa e industria di una pianificazione di lungo periodo, anche perché si tratta di prodotti che si progettano, validano e realizzano in orizzonti temporali di diversi anni”. Dunque, ha notato il manager aggiungendosi alle richieste già arrivate da diversi rappresentanti delle grandi industrie nazionali (oltre che dai vertici delle Forze armate), “serve una chiarezza di altrettanto lungo periodo”.

“SERVONO INVESTIMENTI CERTI”

Al tema della pianificazione si associa quello del budget. La certezza programmatica, ha infatti notato il manager, “è fondamentale ma non sufficiente, poiché occorre una chiara disponibilità di risorse finanziarie, determinante per la sostenibilità del comparto industriale”. Tali condizioni, ha ammesso Catalano, “oggi non sono pienamente in atto”. I tagli al budget della Difesa si sono fatti sentire: “Da tre anni facciamo cassa integrazione, cosa che l’azienda non ha mai conosciuto nella sua storia”. A risentirne sono poi i programmi, due su tutti. “Nel 2012 abbiamo firmato il contratto di sviluppo del Centauro 2, che vedrà l’omologazione militare all’inizio del 2020; oggi abbiamo un ordine di produzione per solo dieci unità, e se non vi fosse la continuazione o il sostengo oltre la decima, saremmo costretti a fermare una produzione appena partita, per di più per un veicolo di una complessità tale da aver bisogno di assoluta continuità per poter mantenere le maestranze addestrate”.

IL CASO DEL MULTIRUOLO LINCE

Poi, c’è il caso della seconda versione del veicolo leggero multiruolo Lince, il più usato nelle missioni internazionali. “Abbiamo cominciato lo sviluppo nel 2012 su feedback dell’Esercito italiano e degli eserciti di altri Paesi”. Due anni dopo è cambiata l’esigenza operativa che ha innalzato le esigenza di produzione e dunque “abbiamo dovuto riprogettare tutta la parte della produzione e ripetere le prove di validazione già fatte, considerando che lo sviluppo viene portato avanti dall’azienda con fondi propri”. In “due mesi al massimo” dovrebbe arrivare l’omologazione militare; eppure “di questa piattaforma non c’è ancora visibilità di alcun contratto di produzione”. Si tratta di “un veicolo oggi più protetto e avanzato, in grado di soddisfare le esigenze derivanti dal campo operativo; tuttavia non sappiamo quando potremmo metterlo nelle mani dei nostri militari”.

ENTRARE NELLA PARTITA EUROPA…

Infine, a preoccupare il comparto sembra esserci una certa indecisione politica su come affrontare la nuova partita, ormai già concreta, nel Vecchio continente. “È fondamentale che il Paese traini e supporti le proprie aziende anche nei programmi internazionali, in particolare in Europa”, dove si profila “la formidabile opportunità” della Difesa comune. “Si parla molto di carro europeo e di una chiusura franco-tedesca rispetto all’Italia”, ha ricordato Catalano. Eppure, “evitando di lasciarsi fuorviare”, occorre prima di tutto “essere convinti della necessità di aderire ai programmi europei, poiché essi rappresentano, per le aziende nazionali, un’incredibile possibilità di sviluppo per mantenere quella sovranità tecnologica che è la premessa per la crescita del Paese”.

…ANCHE SENZA FRANCIA E GERMANIA

In ogni caso, se davvero si concretizzasse un asse esclusivo tra Parigi e Berlino sul carro del futuro, ci sarebbero comunque spazi per un’alternativa in cui Iveco Defence Vehicles si presenterebbe “a testa alta”, ha detto l’ad. “Per quello che mi è dato sapere come industria – ha spiegato ai parlamentari – ci sono parecchi Paesi che non sono soddisfatti della chiusura franco-tedesca e che ritengono di avere, in parte, tecnologie ed esperienze che possono far valere a fattore comune per la definizione di una futura piattaforma”. In tale contesto, “penso che ci sia spazio per pensare a una piattaforma veramente aperta che, partendo da concept di base, possa fornire capacità a tutti i Paesi che entreranno nel consorzio e che possa consentire, parallelamente, la nazionalizzazione di competenze specifiche”. D’altra parte, ha aggiunto, “tutti i Paesi cercheranno di difendere in maniera solida la propria industria nazionale, e mi auguro che anche l’Italia faccia lo stesso”.

IL SUCCESSO ALL’ESTERO

Iveco Defence Vehicles impegna in Italia circa mille persone, distribuite tra lo stabilimento di Bolzano e gli altri siti a Vittorio Veneto, Piacenza e Brescia. Con investimenti in tecnologie innovative pari a circa l’8% dei ricavi, l’impatto sul sistema-Paese è notevole, considerando anche gli oltre 350 fornitori su cui poggia all’interno del territorio nazionale. Il suo successo è confermato anche dall’export, per cui “la maggiore soddisfazione arriva dai veicoli blindati anfibi”. Ne è un esempio l’8×8 SuperAV, con cui l’azienda ha vinto, insieme alla britannica BAE Systems, la gara per la fornitura dei veicoli anfibi di nuova generazione dei Marines degli Stati Uniti. Il programma è ancora nella produzione a basso rateo, ha ricordato in conclusione Catalano, con una “salita produttiva che raggiungerà le 100 macchine e poi passerà alla seconda fase fino a un potenziale complessivo di 700 macchine nel prossimo decennio”.

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