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Dugin torna in Italia. Ecco il programma dello zar della convergenza degli estremi

Personaggio a dir poco controverso, di certo Aleksandr Dugin non è un uomo “ordinario”. Dirlo non deriva soltanto dal suo essere uno dei più importanti e ascoltati teorici della politica nella Russia di Putin. Lo si evince anche dal programma della sua nuova visita italiana, nella quale ci sono tantissimi incontri, ma raramente con nomi “altisonanti”.

Dugin, famoso soprattutto per la “Quarta teoria politica”, sa bene cosa sia o cosa sia stata la scuola quadri. Le scuole di partito, o scuola quadri, non erano una cosa da irridere, anzi, erano lo strumento che ha consentito a tanti partiti di aver personale politico assai più formato e attrezzato di altri partiti o movimenti. Un personale capace di radicarsi sul e nel territorio e di gestirlo in un vero rapporto politico con la base. C’è probabilmente questo rimando formativo nella scelta di consegnare tante occasioni e tante platee del tour italiano, cominciato ieri a Benevento e che proseguirà fino al 15 di questo mese, anche per gruppi giovani. Ad esempio: ci sarà Lega Giovani a Varese all’incontro con lui. Nata nel 2018 dopo l’esperienza di Giovani Padani, è un’organizzazione di cui poco si parla, ma alla quale Dugin dà attenzione. Qualcosa di salottiero ci sarà anche per lui, visto che sarà con il leader di Lega Giovani a Varese, poi visiterà lì vicino Gaviraghi, e ancora sarà a Messina con il presidente dell’Associazione Sicilia-Russia, il suo viaggio italiano però vedrà oggi a Milano e alla fine a Roma una discussione con il giovane collega filosofo Diego Fusaro, anche lui ritenuto a cavallo tra estreme posizioni, tanto da essere definito da molti non distante dai “rossobruni” e comunque nemico giurato del globalismo.

È questo della “formazione” un possibile tratto dell’intenso programma del viaggio di Dugin in Italia che merita di essere considerato. Come gli interlocutori presenti in alcuni degli incontri. Inutile dire che c’è un’aria sovranista, ma soprattutto di destra antimoderna, come viene ritenuto Dugin, il teorico dell’Eurasia antiatlantica, che sembra rimasto in contatto con i vecchi amici. Gli amici dei tempi difficili, dei tempi in cui si vogava contro corrente, sono una costante, anche nel racconto romantico. Così accanto a Dugin non poteva mancare e non manca Grece. Se la Fondazione Julius Evola darà nell’occhio a chi scorra il programma per la notorietà di Evola negli ambienti della nuova destra radicale e antimoderna, è Grece il gruppo che ha dato una rete a Dugin anni fa e che lui non trascura ora che è famoso e importante, non solo al Cremlino. Il responsabile della sezione italiana di questo Gruppo di ricerca e di studi sulla civiltà europea, che questa sera a Milano colloquierà con Dugin, saprà certamente che l’incontro tra Dugin e Alain de Bonoist, il direttore di Grece a quel tempo, condusse già nella seconda metà degli anni Ottanta Dugin da Robert Stueckers, padre dei blocchi sovranisti fiammingo e belga. Fu proprio lui a illuminare Dugin sul bolscevismo nazionalista, di cui nel ‘91 si parlò al ventiquattresimo colloquio internazionale di Grece. Fu allora che Grece andò a Mosca, su invito di Dugin, contribuendo nel ‘92 all’elaborazione dell’idea di Eurasia senza Stati Uniti. I più stretti collaboratori della famiglia Le Pen sanno bene che il Fronte per la liberazione dell’Europa nacque così, allora, in quel contesto culturale. Un dirigente del Front National, Michel Schneider, ne fu parte non certo irrilevante secondo l’analista russo Anton Shakhstov.

Allora alla Convention moscovita di Grece c’erano, sempre secondo Shekhstov, Marco Battara di Orion e Carlo Terracciano, definito dai suoi amici un “rossobruno”, scomparso anni fa. A coordinare l’incontro milanese di quest’oggi ci sarà nuovamente Maurizio Murelli, definito da molti vicino al Battara. Murelli fu condannato a 14 anni di reclusione nei lontani e tumultuosi anni ’70, coinvolto negli scontri che portarono all’assassinio dell’agente Marino. I due si conoscono bene, visto che Murelli ha già discusso un anno fa con Dugin, in occasione di un altro suo soggiorno milanese e ha denunciato che Amazon non consente la vendita delle traduzioni della sua casa editrice dei libri del filosofo russo. Recentemente Murelli per spiegare perché si definisca fascista ha dichiarato: “Se non altro — e ovviamente c’è ben altro — per differenziarmi da chi non lo è. Provi lei a fare l’elenco delle personalità oggi in scena che fascista non lo sono o, peggio ancora, sono antifascisti avendo del fascismo un’idea costruita in vitro frammischiando ignoranza, incultura e falsificazione storica. Si renderà ben conto che quando in quella lista appaiono nomi come Saviano, Bonino, Boldrini ecc. per quel che riguarda l’Italia, Soros et similia per quanto riguarda il mondo intero, se ci si vuole differenziare la scelta di definirsi fascista è addirittura obbligatoria, tanto più che l’alternativa comunista/marxista si è rivelata un bluff. È questa gente che elegge ad antitesi dei propri pseudo-valori e pseudo-princìpi il fascismo definendolo “male assoluto”. Ponendosi dunque sul piano manicheistico, se da una parte ci sono questi bei personaggini, chi non è come loro e si centra attraverso princìpi e valori non può che declinarsi come fascista, prima di tutto per una questione di igiene”.



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