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Erdogan a Osaka cerca mediazione con Trump su S-400

Il presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, domenica scorsa si è preso una batosta elettorale memorabile, vedendo il suo candidato, Binali Yildirim, perdere a Istanbul contro Ekrem Imamoglu, Istanbul, che controllava da anni.

L’appuntamento più difficile per questa settimana è fissato però per questo fine settimana, perché il presidente turco incontrerà il suo omologo americano, Donald Trump, a margine del G20 di Osaka. E si tratterà di un faccia a faccia dopo mesi di polemiche e con un ordine del giorno critico: l’acquisto del sistema missilistico S-400 e la Siria.

L’OTTIMISMO DI ERDOGAN

Il presidente Erdogan, che è arrivato in Giappone oggi, è ottimista, tanto che parla già di una possibile visita di Trump in Turchia a luglio. “Il presidente Trump – ha dichiarato Erdogan – Sa perfettamente perché abbiamo bisogno del sistema missilistico, la nostra priorità è la difesa del territorio, unito al trasferimento di competenze e all’analisi costi benefici”.

I missili di Mosca, insomma, non solo non si toccano, arriveranno in Turchia a fine luglio. Il sistema S-400 è stato ordinato da Ankara, secondo esercito numerico della Nato, nel dicembre 2007, dopo che Washington si è rifiutata per molto tempo di fornire un suo prodotto analogo, ossia il sistema Patriot. Il diniego, ha portato Ankara a valutare l’offerta russa, arrivata in un momento in cui le relazioni con Mosca erano (e sono) particolarmente favorevoli. Il fatto ha provocato l’irritazione da parte dell’amministrazione americana, che non solo ha bloccato la consegna degli F35, che la Turchia aveva acquistato, ha trovato anche il modo di buttare fuori la Mezzaluna dal programma. Per il momento è toccato ai piloti e ai tecnici, il prossimo passo sarà escludere le aziende turche fornitrici, che per Ankara si tratterebbe di un colpo molto duro.

LE RELAZIONI TURBOLENTE CON WASHINGTON

L’obiettivo di Erdogan è quello di convincere Trump che il sistema di difesa russo e quello di attacco Usa possono serenamente convivere sul suolo turco, senza provocare problemi di sicurezza all’Alleanza Atlantica. Washington è pronta a fare un muro totale a questa eventualità, anche se la Turchia è pronta a fare valere i suoi diritti.

“Abbiamo già pagato 1,25 miliardi di dollari’ ha detto Erdogan aggiungendo che, in caso di mancato accordo, gli Usa dovranno restituire quanto già incassato.
Nonostante tutto, il presidente è ottimista e non crede, come temono alcuni, che il Paese sarà oggetto di sanzioni da parte dell’ex storico alleato. Ma si trova in una situazione molto delicata. L’economia turca è in piena crisi e relazioni turbolente con Washington potrebbero potrebbero portare nuovi scompensi, come la crisi della valuta dello scorso agosto, dalla quale la Turchia non si è ancora ripresa.

CAPITOLO SIRIA

Sul tavolo già abbastanza caldo dell’incontro, c’è anche il capitolo Siria. La Turchia vuole che Washington allontani gli elementi del Pyg, i combattenti curdi siriani dalla zona di Manbji, citando come motivazione la protezione del nord della Siria e l’integrità del suolo turco dalla minaccia del terrorismo di matrice curda. Ma su questo capitolo, il presidente di Ankara continua a non ricevere riscontro tanto dagli Usa, quanto dalla Russia.

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