Che succede nel Mediterraneo se Erdogan vira su Pechino? Gli Usa come è noto non intendono vendere ad Ankara gli F-35 per via della concomitanza con la fornitura alla Turchia del sistema russo S-400. Per cui il presidente turco decide di prenotare il cinese J-31, caccia stealth della Shenyang Aircraft Corporation, che tanto somiglia al jet Usa. Cosa accade nei riverberi Nato e delle alleanze nel mare nostrum?
J-31
Nel 2016 venne divulgata la notizia che un 50enne cinese, tale Su Bin, era stato accusato dal dipartimento di Giustizia americano di tradurre dall’inglese al cinese i diversi fascicoli riservati delle società appaltatrici della Difesa statunitense che contenevano informazioni su alcuni armamenti dei nuovi caccia stealth. Fatto sta che, vera o no quella informazione, l’industria cinese ha da quell’anno bruciato le tappe per ottenere vernici e materiali radar-assorbenti imprescindibili per i suoi nuovi jet che piacciono a Erdogan. Per cui il J-31, anche se inferiore agli F-22 Raptor e agli F-35, rappresenta comunque la risposta cinese allo sviluppo Usa.
SU-57
La Turchia ne è pienamente consapevole, al pari del fatto che un altro potenziale sostituto degli F-35 potrebbe essere il Su-57 di fabbricazione russa, che evidentemente chiuderebbe il cerchio dell’intera questione. Ufficialmente dell’argomento non se ne parlerà in occasione del vertice tra i ministri della Difesa di Azerbaigian, Georgia e Turchia, rispettivamente Zakir Hasanov, Levan Izoria e Hulusi Akar, in programma oggi in Azerbaigian. Ma è probabile che dopo un giro di orizzonti sui temi caldi della macro regione (come energia e sviluppi in Siria) un passaggio possa essere ugualmente fatto.
MOSSA
Va ricordato che nonostante le dichiarazioni del governo russo secondo cui 78 esemplari di Su-57 saranno disponibili entro cinque anni per l’Air Force russa, nulla si sa con certezza circa tempi e modi di realizzazione. In molti si spingono a credere che il problema investa le situazione economica russa tutt’altro che rosea. Tornando al J-31 cinese, pur avendo fatto il suo primo volo nel 2012, non è ancora stato integrato in una vera e propria catena di produzione. Come dire che la virata su Mosca e Pechino della Turchia al momento è ancora una mera ipotesi, anche se comunque arricchisce di un altro elemento il dibattito sul ruolo mediterraneo di Ankara.
Nelle stesse ore in cui il governo di Erdogan faceva trapelare questa possibilità, ecco che dall’altro lato dell’oceano, dal palco del Consiglio Atlantico, l’ambasciatore Usa ad Atene Jeoffrey Pyatt, ribadiva che il Pentagono ha nella Grecia il suo più stretto alleato nell’intera macro regione. Washington nell’Egeo ha una serie di dossier strategici da tenere sotto osservazione: gas, geopolitica, nuova centrale nucleare turca e business cinese (Belt and road e 5G).
CONTROMOSSA
Parole che si intrecciano inevitabilmente al dossier energetico a Cipro con le continue provocazioni turche legate alle due navi pronte a perforare illegalmente e con i quotidiani sconfinamenti degli F-16 e dei droni turchi nei cieli dell’Egeo. Proprio per meglio presidiare i cieli sulle isole contestate e per meglio pattugliare le sue frontiere esterne, Atene ha appena ricevuto da Washington la prima tranche dei 74 elicotteri OH-58D Kiowa Warrior, fornitura da circa 40 milioni di euro.
ALLARME
Anche l’ex premier greco socialista Costas Simitis, dopo Usa e Ue, ha lanciato l’allarme sulle mosse turche, temendo che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan possa provocare un conflitto nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale. Il riferimento è non solo al gas di Cipro, ma anche al bis della crisi andata in scena sull’atollo di Imia, quando nel 1996 i due Paesi sfiorarono il conflitto armato per l’isolotto disabitato, con la morte ancora senza un perché di tre militari greci il cui elicottero cadde misteriosamente sull’isola.
Inoltre da Ankara giunge voce che una delle navi di perforazione nelle acque cipriote possa “sconfinare” anche in Grecia, a caccia di gas al largo di Kastellorizo, l’isola greca resa celebra dal film di Gabriele Salvatores, Mediterraneo.
Restando alla Grecia, è da segnalare l’arrivo al Pireo, l’hub containers controllato da Cosco China, della nave portacontainer più lunga del mondo: di 399,87 metri della inglese OOCL. Porta 21.413 containers, superando i 21.237 di Cosco, a dimostrazione di come il peso specifico del sea-business sia diventato centrale nelle dinamiche che le grandi potenze riversano nel Mediterraneo.
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