Non è andata come doveva. L’Eurogruppo appena terminato, che ha visto il ministro Giovanni Tria impegnato in un primo faccia a faccia sui nostri conti pubblici con il commissario Pierre Moscovici, non ha partorito quella forma di distensione tra Roma e Bruxelles che qualcuno auspicava. Non che ci fossero molte speranze ad essere onesti, visto che si è trattato solo di un primo confronto in cui il rappresentante del governo italiano ha più che altro sondato il terreno, accorgendosi ben presto di una cosa: l’Europa questa volta fa sul serio e di sconti al governo gialloverde non se ne vedono.
ITALIA-BRUXELLES, MALE LA PRIMA
L’Eurogruppo e la Commissione europea per il momento sono del tutto insoddisfatti delle indicazioni fornite dal ministro Tria sull’andamento dei conti pubblici e sull’impegno del governo a restare in linea con le regole di bilancio. Tanto che sia i ministri dell’Eurozona, di nuovo uniti per contestare all’Italia le scelte di bilancio anche se tutti disponibili a trovare un accordo per evitare la procedura sul debito, sia la stessa Commissione hanno dato un colpo di acceleratore: chiedendo a Tria delle risposte entro una settimana per permetterne una valutazione approfondita e poi di preparare, eventualmente, l’avvio della procedura dal 9 luglio, quando si riunirà l’Ecofin. Insomma, più che un germoglio di intesa, l’Europa ha messo l’Italia con le spalle al muro.
IL GOVERNO CHIEDE UN MESE
Roma non è in una posizione semplice sul terreno dei conti pubblici. Tanto per cominciare Tria ha assicurato risposte certe circa i nostri conti per il mese di luglio, mentre Bruxelles le vuole entro una settimana. C’è dunque un problema di tempistica. Secondo, il responsabile del Tesoro ha in mente una riduzione del nostro disavanzo di 0,2 punti percentuali (dal 2,4% al 2,2%) entro la fine del 2019. Tutto però va messo nero su bianco prima delle vacanze estive e per farlo servono soldi. Al momento l’unica posta di bilancio su cui si può fare affidamento sono quei due miliardi o poco più risparmiato sul reddito di cittadinanza e la quota 100. Qualcosa potrebbe arrivare a fine mese quando le grandi partecipate pubbliche staccheranno le cedole per i loro azionisti, Stato incluso. Non si arriverebbe però a quei 5-6 miliardi che servirebbero per evitare la manovra correttiva. I conti dunque non tornano e l’Europa ha fretta.
LA VERSIONE DI RUOCCO
Formiche.net ha chiesto un commento a Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze della Camera in quota M5S. “Credo che oggi si faccia una certa difficoltà a far passare un concetto e cioè che questo è un Paese che deve essere valorizzato dall’Europa e non certo mortificato. Va valorizzata la sua manifattura, il suo risparmio, in una parola i suoi fondamentali. Che, sarebbe bene ricordarlo ogni tanto, sono e rimangono solidi”, spiega la deputata. “Poi certamente c’è un tema di parametri europei che vanno ridiscussi e noi siamo anche qui per questo. Non bisogna farsi prendere dalle campagne elettorale, ma ci sono certe regole che indubbiamente stanno penalizzando il nostro Paese, anzi lo hanno già fatto. Vorrei in questo senso ricordare che l’Europa non può permettersi di andare in rotta di collisione con l’Italia, perché come ha giustamente ricordato il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, la crisi di un Paese può diventare la crisi di tutti. Ha senso dunque questo accanimento?”. Per Ruocco non ci sono dubbi. “Un accordo deve essere trovato, perché l’Unione europea non può pensare di continuare a metterci in difficoltà: facendolo mette in difficoltà se stessa”.
TRA MINI-BOT E MERCATI
L’esponente pentastellata tocca poi un altro punto. La fiducia dei mercati e quella dell’Europa. “Due giorni fa abbiamo avuto la riprova che il mercato si fida ancora di noi (il Tesoro ha collocato tutti i Btp in asta e con tassi al ribasso, qui l’articolo, ndr). Dunque c’è una fiducia del mercato che forse contrasta con quella dell’Europa. Ogni Paese ha il suo rischio sovrano però, mica solo noi, non possiamo solo pensare che noi siamo quelli cattivi. In Germania per esempio c’è una fiducia delle imprese ai minimi”. Ruocco tocca anche il tema dei mini-Bot. “Sono strumenti come altri, non vanno demonizzati, hanno una loro natura e un loro interesse. La cosa importante è che siano condivisi, quello sì”.