Il G20 di Osaka, previsto per la fine di questa settimana, potrebbe rivelarsi dirimente per arrivare a una risoluzione della guerra dei dazi che vede protagonisti da ormai quasi un anno Stati Uniti e Cina. Il conflitto tariffario si è fatto sempre più aspro, soprattutto negli ultimi mesi, quando – dopo una fase di rasserenamento – la tensione commerciale tra i due giganti è tornata ad esplodere. Si tratta di una questione di estrema importanza, tanto che il presidente cinese Xi Jinping spererebbe che l’incontro con Donald Trump possa finalmente appianare le divergenze. A renderlo noto è stato nelle scorse ore il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Geng Shuang, in occasione di una conferenza stampa. “Questo sarà un incontro molto importante, i leader si scambieranno idee su questioni fondamentali tra Cina e Stati Uniti“, ha dichiarato il portavoce, aggiungendo che Pechino è disposta a collaborare con Washington sulle basi di un rispetto reciproco. I due avversari continuano dunque a scrutarsi. E la possibilità di arrivare a un accordo tra le parti, almeno nel breve termine, resta appesa a un filo. Un timido segno di disgelo sembrerebbe comunque esserci stato, vista la telefonata avvenuta lunedì tra Robert Lighthizer e il vice premier cinese Liu He.
L’INTERESSE DI USA E CINA
Da una parte, entrambe le potenze avrebbero un certo interesse a cessare le ostilità tariffarie: soprattutto per problemi legati alla politica interna. Trump ha riscontrato grane soprattutto sul fronte agricolo. La guerra dei dazi con Pechino ha infatti assestato un duro colpo all’esportazione di soia americana. Un fattore problematico, che rischia di avere delle ripercussioni negative per il presidente statunitense anche in termini elettorali. Non dimentichiamo che, nel 2016, la maggior parte degli Stati agricoli appoggiò l’ascesa politica del magnate newyorchese. E adesso questo malcontento tariffario potrebbe azzopparlo in vista della campagna elettorale per le presidenziali del 2020. Anche per tale ragione, Trump sta stanziando da due anni forti sussidi pubblici a favore degli agricoltori americani. Una misura cui qualche senatore repubblicano ha guardato tuttavia con non poco fastidio. Lo stesso Xi Jinping, dal canto suo, sta riscontrando non pochi grattacapi. Come ha riportato Bloomberg a inizio giugno, la guerra dei dazi sta producendo una serie di conseguenze profondamente negative per il sistema economico cinese. Il settore manifatturiero ha rallentato vertiginosamente, mentre – lo scorso maggio – lo yuan è sceso del 2,5%. E, dalle parti di Pechino, dati preoccupanti si iniziano a registrare anche in termini di occupazione. Un fattore, quest’ultimo, che potrebbe comportare effetti destabilizzanti anche a livello politico. Se la leadership interna di Xi Jinping resta per il momento abbastanza salda, la preoccupazione sta comunque aumentando. E il presidente cinese inizia a temere che prima o poi possa cominciare a manifestarsi qualche inquietante turbolenza interna.
GLI ASPETTI DIVISIVI SUL TAVOLO
Se ragioni per un disgelo ce ne sono, gli aspetti divisivi continuano comunque a rimanere sul tavolo. Con la guerra dei dazi, Trump ha effettuato forse la più grande scommessa della sua presidenza. Ragion per cui, obiettivo del magnate è o raggiungere il miglior accordo possibile o far saltare definitivamente il tavolo. Una eventuale via di mezzo non verrebbe infatti capita in patria, esponendo tra l’altro il magnate all’accusa di non risultare quel grande negoziatore che ha sempre detto di essere. In questo senso, Trump ha progressivamente aumentato la pressione su Pechino, intrecciando – nelle scorse settimane – la questione commerciale con quella tecnologico-militare del 5G. Non sarà del resto un caso che il magnate si sia detto disponibile a risolvere il dossier Huawei all’interno di un più generale accordo commerciale con la Repubblica Popolare. Xi Jinping, dal canto suo, non è rimasto con le mani in mano. Per alleggerire la pressione americana, il presidente cinese ha rafforzato poche settimane fa i propri legami commerciali con il presidente russo, Vladimir Putin, da lui definito “il mio migliore amico”. Senza poi trascurare che sarà proprio Huawei a sviluppare la rete 5G in Russia: uno schiaffo, neppur tanto velato, al bando recentemente emesso dalla Casa Bianca. Xi sta insomma cercando di costituire un arco di alleanze internazionali che gli consenta di tollerare il peso dei dazi americani e – soprattutto – che gli conferisca un maggior potere contrattuale nei negoziati con Trump. È forse in questo senso che va letto il recente riavvicinamento della Cina alla Corea del Nord: non è detto quindi che la questione della denuclearizzazione della penisola coreana non possa intersecarsi con il dossier dei dazi. Osaka ce lo dirà presto.