Non è ancora composta la nuova Commissione Europea che già si ritrova per le mani un altro dossier particolarmente impegnativo: il conflitto tra Serbia e Kosovo. L’ultimo episodio in ordine di tempo, è il nulla di fatto del vertice balcanico organizzato da Berlino e Parigi per tentare di appianare dissidi e stemperare tensioni. È saltato per volontà delle parti, lasciando aperta la porta dell’ulteriore destabilizzazione sul costone balcanico che in questi mesi è l’oggetto del desiderio della Cina per gli investimenti della Via della Seta.
QUI SERBIA
Emmanuel Macron e Angela Merkel avevano immaginato di costruire un nuovo momento di incontro e dibattito sul caso serbo-kosovaro, ma si sono scontrati con il cocciuto no delle parti che per motivi diversi (ma convergenti) hanno fatto saltare il banco.
Secondo il presidente serbo Aleksandar Vucic, l’annullamento del summit non è una sconfitta per Francia e Germania ma la dimostrazione che la situazione è difficile per tutti. I kosovari non vogliono alcun dialogo, accusano i serbi, con riferimento alla partita dei dazi che non è certo un elemento secondario. Il mancato vertice di Parigi segue il flop di quello berlinese dell’aprile scorso. Il nodo sta nel fatto che Belgrado chiede come condicio sine qua non l’abolizione dei dazi anti-serbi, altrimenti il negoziato non partirà. Ma Pristina dice no ed è impasse.
Vucic dalla Bielorussia dove si trovava in visita ufficiale ha anche compiuto un gesto simbolico, rinunciando volontariamente ad essere presente a Minsk alla cerimonia di inaugurazione dei Giochi Europei. Il motivo? La concomitante partecipazione di una delegazione ufficiale di atleti del Kosovo.
QUI KOSOVO
La replica di Pristina è affidata al ministro degli esteri Behgjet Pacolli che punta il dito contro Belgrado, rea del mancato svolgimento del vertice di Parigi, per questo ha chiesto a Bruxelles di prendere una posizione maggiormente aspra nei confronti della Serbia. Sul punto ha rafforzato la propria tesi tirando in ballo influenze esterne, come quelle che ha individuato nelle pressioni di Mosca sul governo, ragion per cui gli altri Paesi non possono “restare ostaggio di questa situazione”.
Lo scorso 8 giugno era stato il presidente serbo a chiedere alla cancelliere tedesca Angela Merkel di contribuire a “superare una battuta d’arresto” nei colloqui con il Kosovo, che si è rifiutato di togliere la tassa del 100% sulle importazioni dalla Serbia in risposta alla campagna della Serbia contro la sua offerta di adesione all’Interpol.
SCENARI
In verità poche settimane fa sembrava vicino un momento di incontro tra le parti, così come aveva lasciato intendere il leader serbo Vucic che aveva personalmente esortato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a fare pressioni sul Kosovo per uscire dall’impasse dei negoziati. In una missiva ufficiale Vucic aveva scritto che Trump ha seguito il lavoro “coraggioso” che a volte porta a “un approccio inaspettato alla risoluzione dei problemi”. L’occasione era stata utile per avanzare alla Casa Bianca la richiesta di influenzare direttamente Pristina.
Ma sul costone balcanico in questo momento si stanno riversando anche altri interessi, paralleli alla politica, come quelli legati alle manovre cinesi e al cono di influenze di vari soggetti. È il caso del filo cybernetico che Pechino sta tessendo con Belgrado per una sorta di Grande Fratello basato sul software di riconoscimento facciale cinese targato Huawei.
INFLUENZE
Un incidente automobilistico in Serbia è stato risolto da Huawei con il progetto Safe City che l’azienda sta implementando per abbattere i tempi di indagine della polizia. Verrà usato un avanzatissimo sistema di sorveglianza su cui però ci sono già state alcune manifestazioni di protesta per via dell’attacco diretto a diritti civili e alle libertà fondamentali. Il motivo si ritrova nel fatto che verranno installate mille telecamere ad alta definizione, che utilizzano software di riconoscimento facciale e targa, in 800 località della capitale serba.
Ma non è tutto, perché oltre al tentativo di Huawei di incunearsi nell’etere serbo, c’è da registrare anche la tensione militare legata a possibili spie per un’operazione condotta dalla polizia di Pristina. Lo scorso 28 maggio un blitz kosovaro aveva provocato diverse decine di arresti, compresi quelli di un funzionario russo e di alcuni serbi, suscitando forti reazioni sia dalla Serbia che dalla Russia. Vučić aveva annunciato che l’esercito del paese era pronto per un intervento in caso di necessità, mentre Konstantin Kosachev, il presidente della Commissione Esteri di Russia, aveva dichiarato che la Russia era pronta a sostenere la Serbia.
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