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Ilva, un film già visto (nel 2012-2013). Clini riavvolge la pellicola

Quello che dice Arcelor Mittal è quello che avrebbe dovuto dire la famiglia Riva nel 2013, perché quella della ex Ilva di Taranto di oggi è una storia che si ripete: tra la fine del 2012 e la primavera del 2013 la famiglia Riva, tra sequestri e sanzioni, fu messa in condizione di interrompere il risanamento ambientale appena avviato: oggi si ripresenta lo stesso rischio per Arcelor Mittal.

DAL 2012 AL 2015

Ricordo che il 26 ottobre 2012 avevo rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per l’Ilva, all’epoca della famiglia Riva. L’Aia aveva individuato e imposto interventi di risanamento ambientale per circa 3 miliardi di euro. Il 15 novembre del 2012 l’azienda aveva accettato tutte le prescrizioni dell’Aia e i conseguenti oneri finanziari. Ma il 26 novembre 2012 il Gip di Taranto aveva bloccato i prodotti finiti come “corpo del reato” per un valore di 1 miliardo di euro, che Ilva aveva destinato formalmente ai primi interventi per il risanamento ambientale. Era evidente l’intenzione di impedire l’attuazione del piano di risanamento e di chiudere gli impianti, e forse Riva avrebbe fatto bene a dire quello che oggi dice Arcelor Mittal.

Per sbloccare il sequestro e consentire continuità produttiva e risanamento ambientale abbiamo dovuto procedere con un decreto legge, convertito quasi all’unanimità dal Parlamento il 24 dicembre 2012: ma il percorso fu molto accidentato, con il ricorso della magistratura di Taranto alla Corte Costituzionale rigettato dalla stessa Corte nell’aprile 2013. Ma nel frattempo l’Ilva era stata congelata sul piano produttivo e commerciale, e le attività del piano di risanamento di fatto bloccate.

Il governo Letta, subentrato nel maggio 2013, decise il commissariamento dell’Ilva: il percorso di risanamento ambientale fu rimesso in discussione e gli interventi che dovevano terminare alla fine del 2015 sono stati rinviati più volte fino alla fine del 2023.

Se fosse stata data attuazione alle disposizioni dell’Aia, da 4 anni lo stabilimento di Taranto sarebbe risanato con la garanzia della tutela della salute e dell’ambiente.

PERCHÉ FU INTRODOTTA L’IMMUNITÀ

Quello che è avvenuto tra la fine del 2012 e la primavera del 2013 spiega ampiamente perché nel 2015 fu introdotta quella che oggi viene chiamata impropriamente “immunità”: ovvero fu deciso opportunamente che i responsabili del programma di risanamento, prima i commissari e poi l’impresa che sarebbe subentrata, non sono soggetti a sanzioni in merito alle attività che riguardano il risanamento ambientale evitando che le stesse possano essere interrotte come accaduto nel 2012-2013.

La cosiddetta immunità è coerente con la direttiva europea Ippc (Integrated pollution prevention and control), che ha introdotto in Europa l’Autorizzazione Integrata Ambientale . La direttiva prevede che nella fase di attuazione del piano di risanamento ambientale le imprese non dovrebbero essere soggette a sanzioni per attività che riguardano appunto la realizzazione degli interventi di risanamento ambientale in condizioni di continuità produttiva. Altrimenti le attività produttive dovrebbero essere sospese fino a quando gli interventi di risanamento non siano completati.

L’Autorizzazione integrata ambientale che ho rilasciato stabilisce la realizzazione degli interventi di risanamento ambientale in continuità delle attività produttive dello stabilimento.

Quella che oggi viene chiamata “immunità’”prevede quindi che l’azienda non sia soggetta a sanzioni per le attività che riguardano il risanamento ambientale: questo serve a garantire la continuità degli interventi evitando che possano venire interrotti fino ad essere compromessi, come accaduto tra la fine del 2012 e la primavera del 2013.
Questo non vuol dire che l’azienda può fare quello che vuole: l’immunità è circoscritta alle attività che riguardano il piano di risanamento; per tutte le altre l’impresa risponde come di consueto per l’inosservanza delle leggi ambientali o sulla sicurezza del lavoro.

LA CRISI EUROPEA DELL’ACCIAIO E POSSIBILI SOLUZIONI

La singolare coincidenza della crisi europea dell’acciaio con l’annullamento dell’immunità suggerisce che la chiusura dello stabilimento sia oggi di nuovo il reale obiettivo.

Sarebbe opportuno che il governo, invece di aprire una fase di grande incertezza e conflitto, si concentrasse sulle soluzioni tecnologiche che possono essere introdotte per migliorare la sicurezza ambientale e la protezione della salute.

Nonostante l’Aia attualmente in vigore per Ilva porti il mio nome, sono io il primo a ricordare che l’autorizzazione è stata rilasciata ormai 7 anni fa e che sarebbe opportuno verificare con Arcelor Mittal la possibilità di introdurre innovazioni nel ciclo di produzione dell’acciaio, tenendo anche conto della importante rete produttiva dell’azienda a livello mondiale, ovvero della possibilità di trasferire a Taranto soluzioni più avanzate dal punto di vista ambientale già sperimentate altrove con effetti positivi sulla riduzione delle emissioni e sulla cosiddetta “decarbonizzazione”.

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