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Di Maio a Taranto scopre le carte sull’Ilva. Cosa farà Mittal?

Sull’Ilva di Taranto cala l’incertezza più assoluta. Due giorni fa in Parlamento è andato in scena un pasticcio legislativo che in tempi di investimenti industriali degni di questo nome ridotti all’osso, non è certo una buona notizia. Come raccontato da Formiche.net (qui l’articolo), prima è stata approvata con i voti della coalizione di governo la fiducia al decreto Crescita che toglie l’immunità penale ai nuovi proprietari dell’Ilva a partire dal fine settembre, successivamente la stessa maggioranza ha votato un ordine del giorno che invita a tutelare la salute e mantenere gli impegni presi con la multinazionale Arcelor Mittal. Un pasticcio che ha pochi precedenti e mostra l’incertezza del governo, che nello stesso giorno prima ha pigiato l’acceleratore e poi il freno. Un orientamento che oggi il ministro dello Sviluppo Economico e azionista di governo, Luigi Di Maio, ha ribadito proprio a Taranto, proprio all’Ilva, dove si è recato in visita con ben cinque ministri (il ministro per il Sud Barbara Lezzi, la responsabile della Salute, Giulia Grillo, quello dell’Ambiente, Sergio Costa, dei Beni Culturali Alberto Bonisoli e la titolare della Difesa, Elisabetta Trenta).

LA PAROLA FINE

“Il problema immunità penale per l’ex-Ilva è risolto: la norma non c’è più. Questo è il nostro obiettivo, l’abbiamo detto e non è assolutamente un atto contro i lavoratori né contro Arcelor Mittal”, ha detto Di Maio a Taranto, prima del vertice sul Contratto istituzionale di Sviluppo della città jonica. “Semplicemente la Corte Costituzionale si sarebbe espressa sul tema e siccome abbiamo sempre avuto delle perplessità su quella norma è giusto dire, in questo momento, che non debbano esistere immunità penali in una situazione così complicata come quella di Taranto. Però allo stesso tempo io sono al lavoro per affrontare il tema della cassa integrazione annunciata da Arcelor Mittal a cui chiederemo chiarimenti sul perché 1300 persone sono state messe in Cig quando ovviamente verranno al tavolo e cercheremo di capire”.

IL FATTORE TEMPO

A questo punto i proprietari dell’Ilva, ovvero Mittal, sono avvertiti. Dal 6 settembre cadrà definitivamente lo scudo penale, dunque se verranno commessi dei reati in materia di risanamento ambientale, Mittal ne risponderà. Di Maio in questo senso è stato chiaro, indicando la timeline. “La dotazione finanziaria per Taranto è di 1 miliardo di euro di investimenti e, al 24 aprile scorso, sono stati impegnati solo 300 milioni. Entro settembre ci sarà la possibilità di vedere 500 milioni in fase di esecuzione, assegnati ai progetti”. Il rilancio di Taranto passa da quattro assi: recupero della Città vecchia, il porto, la bonifica dell’area esterna al siderurgico e l’Arsenale della Marina Militare. Sono stati istituiti tre gruppi di lavoro per confrontarsi con gli enti locali a ritmi serrati.

MITTAL LASCIA?

Su Taranto incombe lo spettro di un addio anticipato allo stabilimento da parte del gruppo franco-indiano. Che già nei giorni scorsi ha fatto intendere tutto il suo malumore per una decisione che considera lesiva dei suoi interessi. La multinazionale, che a Taranto è impegnata ad investire 2,4 miliardi entro il 2023 tra piano ambientale e piano industriale, ha già detto chiaramente che, essendo lo stabilimento sequestrato per inquinamento dal luglio 2012, servono “le necessarie tutele legali fino alla completa attuazione del piano ambientale per evitare di incorrere in responsabilità relative a problematiche che gli attuali gestori non hanno causato”. Tradotto, senza scudo fiscale sarà tutto più complicato. Molto.

 

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