Donald Trump ha annunciato ieri che non imporrà i dazi al Messico, dopo che lo Stato centroamericano ha accettato di adottare nuove misure di contrasto per bloccare i flussi migratori diretti verso il confine meridionale statunitense. La decisione arriva pochi giorni prima dell’entrata in vigore delle tariffe, che erano state minacciate dal presidente americano la settimana scorsa. Un annuncio che aveva provocato un vero e proprio terremoto. I democratici e non pochi repubblicani si erano infatti opposti alla nuova strategia protezionistica della Casa Bianca, mentre le principali ditte automobilistiche americane ed europee (da FCA a General Motors, passando per Volkswagen) avevano registrato gravi perdite in Borsa.
L’IMPEGNO MESSICANO
“Sono lieto di informarvi che gli Stati Uniti d’America hanno raggiunto un accordo con il Messico. Le tariffe che avrebbero dovuto essere implementate dagli Stati Uniti lunedì contro il Messico, sono sospese a tempo indeterminato”, ha scritto Trump. Il presidente ha quindi aggiunto che il governo messicano “prenderà misure forti per arginare la marea della migrazione attraverso il Messico e il nostro confine meridionale”. Il ministro degli esteri messicano, Marcelo Ebrard, ha confermato su Twitter che è stato raggiunto un accordo per scongiurare i dazi, mentre il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, in una nota di ieri ha ringraziato lo stesso Ebrard “per il suo duro lavoro nel negoziare una serie di obblighi congiunti a vantaggio sia degli Stati Uniti che del Messico”. Nel concreto, Città del Messico si impegnerà a dislocare la guardia nazionale su tutto il proprio territorio, con l’obiettivo di fermare i flussi migratori diretti verso Nord. Inoltre, i due Paesi incrementeranno la collaborazione in materia di intelligence, mentre allo Zio Sam sarà consentito di trasferire in territorio messicano gli immigrati in attesa di giudizio. L’intesa non è comunque definitiva. I colloqui tra i due Paesi proseguiranno nei prossimi novanta giorni: se in questo lasso di tempo il flusso migratorio non dovesse diminuire sensibilmente, gli Stati Uniti si sono infatti detti pronti ad adottare ulteriori provvedimenti.
UNA VITTORIA PER TRUMP
L’accordo raggiunto ieri segna, al momento, una vittoria per il presidente americano. In primo luogo, Trump ha potuto tener fede alla sua classica linea dura sull’immigrazione clandestina: un tema particolarmente importante, su cui il magnate si giocherà gran parte della rielezione nel 2020. Con questa intesta, la Casa Bianca è quindi riuscita – almeno in parte – ad aggirare le forti opposizioni nei confronti del muro al confine con il Messico. Muro che, al momento, risulta sospeso tra sentenze contrastanti di varie corti federali. In secondo luogo, posto che l’accordo funzioni, Trump potrà adesso sbandierarlo come un successo di carattere negoziale: non dimentichiamo che, dai tempi della campagna elettorale del 2016, il magnate abbia fatto dell’immagine di negoziatore uno dei propri tratti distintivi. Un elemento che, non a caso, tende a rispolverare anche su altri dossier di politica estera. In terzo luogo, il temporaneo sopirsi della minaccia tariffaria disinnesca adesso le polemiche che, negli ultimi giorni, erano esplose in seno al Partito Repubblicano. Svariati senatori dell’elefantino si erano infatti opposti al provvedimento e minacciavano battaglia al Congresso. Uno scenario da guerra civile che, certo, non avrebbe giovato troppo a Trump nell’incipiente campagna elettorale.
EFFETTI COMMERCIALI
Senza poi dimenticare il versante commerciale: nonostante non sia mai stato ufficialmente in pericolo, molti analisti temevano che le nuove tensioni tariffarie potessero produrre effetti negativi sullo United States-Mexico-Canada Agreement: il trattato di libero scambio tra Stati Uniti, Messico e Canada che dovrebbe sostituire il vecchio NAFTA. Adesso, con questa tregua, il destino dell’intesa non dovrebbe più essere a rischio e il Congresso americano dovrebbe ratificarla entro quest’estate. Infine, buone notizie potrebbero registrarsi anche nel settore automobilistico e – più in generale – per il sistema economico italiano: la stessa FCA dispone di alcuni stabilimenti produttivi sul territorio messicano e l’allontanamento dello spettro tariffario le consentirà prevedibilmente di tirare un sospiro di sollievo, scongiurando nuove performance negative in Borsa come quella registrata a fine maggio, all’indomani delle minacce di Trump. Un rasserenamento che, guardando al nostro Paese, coinvolge positivamente anche realtà come Pirelli e Brembo: anch’esse legate al territorio messicano.