L’Iran ha annunciato che prestissimo potrebbe superare unilateralmente i paletti posti sulle quantità di uranio che gli è concesso arricchire secondo l’accordo sul nucleare raggiunto nel 2015 e da cui gli Stati Uniti sono usciti, con una decisione altrettanto unilaterale (volta a disarticolare l’intesa), lo scorso anno. La mossa di Teheran potrebbe creare un altro punto di attrito con Washington, mentre i due Paesi sono impegnati in un confronto muscolare lungo il Golfo Persico — area che nell’ultimo mese è stata teatro di episodi di guerra asimmetrica.
Il portavoce dell’Agenzia atomica iraniana ha parlato ai media durante una visita al reattore ad acqua pesante di Arak, e ha detto che nei prossimi dieci giorni lavorativi Teheran potrebbe decidere di riprendere l’arricchimento dell’uranio /(a percentuali civili) superando i quantitativi concessi fino ad alzarsi sopra i 300 chilogrammi, soglia massima prevista dal Nuke Deal, oltre la quale l’intesa prevedeva che l’Iran provvedesse a cedere all’estero le eccedenze. L’annuncio di oggi rappresenta la prima sfida dell’Iran per andare oltre i commi del deal, anche perché è stata contemporaneamente dichiarata la possibilità di aumentare l’arricchimento dalle soglie consentite per scopi civili a percentuali più alte, più vicine a quelle necessarie per scopi militari.
La retorica minacciosa usata per vie indirette, potrebbe servire al governo iraniano per stressare il dossier dopo la reintroduzione dell’intera panoplia sanzionatoria statunitense (soprattutto sui settori legati all’energia, cuore dell’economia iraniana). Teheran inoltre cerca con la voce dura di spronare le altre controparti dell’accordo, Russia e Cina, ma soprattutto l’Europa, a prendere una posizione forte per permettere al deal di sopravvivere.
Il portavoce iraniano ha anche detto che l’Iran vuole piani concreti su come avere accesso ai sistemi finanziari internazionali ed eludere le sanzioni americane per compensare le entrate petrolifere perse. La situazione è questa: l’accordo è in piedi di fatto, ma gli altri Paesi non riescono a costruire un meccanismo di salvaguardia per tutelare le proprie ditte dal sistema sanzionatorio secondario americano (ce n’è già uno pensato dall’Ue, si chiama Instex, ma potrebbe servire soltanto a coprire il commercio di aiuti umanitari e generi simili). Il punto è questo: preservare il mercato con l’Iran mettere le controparti in un rischio tale da giocarsi il commercio con gli americani, e chi sceglierebbe il mercato iraniano rispetto a quello americano?
“L’Ue ha un tempo limitato per adempiere ai suoi obblighi nel quadro dell’accordo sul nucleare, ed è meglio che si assuma le sue responsabilità nel poco tempo rimanente, altrimenti l’intesa crollerà”, ha detto il presidente Hassan Rouhani qualche giorno fa, a margine di un incontro con l’ambasciatore francese in Iran.
Il quadro è delicatissimo, e s’è subito portato dietro delle reazioni. Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, ha preso la linea moderata del non “c’è nulla di cui preoccuparsi”. Russia e Iran sono alleati e per questo Mosca ha cercato di tenere i toni bassi, agendo di anticipo: l’Iran sta “rispettando gli impegni”, dice Peskov, ed è continuamente monitorato: “Una recente ispezione dell’Aiea e il relativo rapporto hanno constato che l’Iran sta assolvendo appieno i suoi obblighi e noi ci basiamo su questo”.
Londra, cofirmataria del deal del 2015 ma allo stesso tempo il primo Paese ad appoggiare la ricostruzione americana secondo cui alcuni recenti sabotaggi ai danni di petroliere nel Golfo sarebbero stati compiuti dalla Guardie rivoluzionarie iraniane, s’è invece detta “pronta a tutte le opzioni necessarie” nel caso l’Iran non rispetti gli impegni presi sul nucleare. Una linea ancora più aggressiva è uscita da Gerusalemme: Israele ha già chiesto nuove, immediate sanzioni nel caso l’Iran dovesse uscire dal perimetro di concessioni inserite nel deal.