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Sale la tensione tra Washington e Teheran. Ma Trump frena sul conflitto

Si acuisce la tensione tra Washington e Teheran. Oggi, Donald Trump ha scritto su Twitter che l’Iran ha “commesso un grave errore” nell’abbattimento di un drone statunitense: abbattimento annunciato dalle Guardie della Rivoluzione iraniana alle prime ore di stamane. Inizialmente, il presidente è quindi quasi sembrato propenso ad adottare la linea dura, per poi smorzare tuttavia parzialmente i toni in un secondo momento. Nelle ore successive al tweet, l’inquilino della Casa Bianca ha iniziato infatti a mostrare qualche titubanza.

LA RISPOSTA DI TRUMP

A margine di un incontro con il premier canadese, Justin Trudeau, ha affermato: “Ho la sensazione che sia stato un errore commesso da qualcuno che non avrebbe dovuto fare qualcosa che è stato fatto”. “Trovo difficile credere che sia intenzionale, se volete sapere la verità.” Trump ha poi aggiunto che, qualora si fosse trovato del personale militare statunitense all’interno del velivolo, ciò avrebbe “costituito una grande, grande differenza”. “I miei consiglieri non mi stanno spingendo a entrare in guerra”, ha dichiarato il presidente, dicendosi abbastanza scettico sulla possibilità di un conflitto armato diretto con Teheran. Quando gli è stato chiesto se l’opzione militare fosse sul tavolo, Trump ha non a caso risposto: “No, per niente. Per niente. In molti casi è l’opposto. Guardate, io ho detto che voglio uscire da queste guerre infinite, mi batto per questo. Voglio uscirne”.

SITUAZIONE IN BILICO

Insomma, Trump sembra voler tirare il freno a mano, per quanto la situazione resti al momento pericolosamente in bilico. La possibilità di un conflitto non è infatti certo scongiurata e – con ogni probabilità – all’interno dell’amministrazione americana si sta consumando in queste ore un dibattito piuttosto acceso. Negli ultimi mesi, si sono del resto registrare differenti sensibilità sul dossier iraniano dalle parti della Casa Bianca. In generale, Washington ha di recente aumentato la pressione economica e militare sul regime di Teheran: non solo le Guardie della Rivoluzione sono state inserite nella lista delle organizzazioni terroristiche ma la portaerei Abraham Lincoln è stata anche schierata nelle acque del Golfo Persico. Senza dimenticare l’invio di altri mille soldati statunitensi in loco, in funzione esplicitamente anti-iraniana.

LE LINEE A WASHINGTON

Detto questo, dietro un tale duro approccio, si sono scorte linee differenti a Washington. Da una parte, troviamo il consigliere per la sicurezza nazionale americano, John Bolton, che auspica da sempre l’abbattimento del regime degli ayatollah. Una linea interventista, fortemente caldeggiata – tra gli altri – dall’Arabia Saudita, che invoca un maggiore coinvolgimento militare americano nella regione mediorientale come deterrente contro Teheran. Trump, dal canto suo, non si è mai sinora spinto fino a questo punto, preferendo utilizzare la pressione per costringere l’Iran ad aprire delle trattative con l’obiettivo di rinegoziare l’intesa sul nucleare (da cui gli Stati Uniti si sono sfilati l’anno scorso). Come anche poc’anzi ribadito, Trump ha sempre temuto di restare impelagato in qualche complicato scenario mediorientale e teme che un conflitto diretto con la Repubblica Islamica possa trasformarsi in un nuovo Iraq. Senza poi trascurare il fatto che il presidente americano si trovi ormai in campagna elettorale per le presidenziali del 2020: una guerra, in questo momento, potrebbe rivelarglisi fatale in termini di consenso interno. Infine, le tensioni con Teheran complicano terribilmente il processo di distensione auspicato da Trump nei confronti del Cremlino (che della Repubblica Islamica è il principale alleato mediorientale). Non a caso il presidente russo, Vladimir Putin, ha dichiarato che una guerra tra Stati Uniti e Iran “sarebbe una catastrofe”. Ecco: non è affatto escluso che questa sorta di dicotomia possa essere al centro del dibattito interno alla Casa Bianca in queste stesse ore.

LE POSSIBILITÀ SUL TAVOLO

Adesso bisognerà capire non solo se Washington deciderà di intervenire ma anche – nel caso – in che modo sceglierà di farlo. Una guerra in piena regola non è del resto l’unica possibilità sul tavolo. Non è infatti escludibile un’azione che abbia l’obiettivo di colpire esclusivamente le Guardie della Rivoluzione. Senza poi trascurare l’eventualità di un intervento militare su scala più vasta, che non sfoci tuttavia in una guerra vera e propria: qualcosa sul modello dell’Operazione Praying Mantis, attuata da Ronald Reagan nel 1988, quando forze aeree e navali americane attaccarono installazioni petrolifere e unità militari iraniane. Nelle prossime ore, Trump dovrebbe scegliere quale linea seguire.


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