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Guerra contro freddezza. Usa e Iran secondo Alcaro (IAI)

Tra Stati Uniti e Iran la tensione è altissima. Il presidente statunitense Donald Trump per il momento ha congelato la risposta armata contro la Repubblica islamica dopo che la giornata intesa di ieri, seguita all’abbattimento di un velivolo senza pilota Bams-D della US Navy da parte della contraerea iraniana. Entrambi i Paesi forniscono informazioni a proprio vantaggio sull’accaduto: Teheran sostiene che si è trattata di un’attività difensiva dopo la violazione del proprio spazio aereo; Washington che il missile terra-aria lanciato dall’Iran abbia colpito il velivolo nello spazio aereo internazionale sopra lo Stretto di Hormuz.

LA PRESSIONE DEGLI USA

È l’ultimo, grave episodio di una serie di schermaglie. Gli Stati Uniti hanno alzato al massimo la pressione su Teheran: un anno fa sono usciti dall’accordo sul nucleare del 2015, che era anche una bozza di architettura multilaterale di stabilità regionale, e da lì hanno rimesso in piedi l’intera panoplia sanzionatoria contro l’Iran. Circostanza che ha portato al rinfocolarsi della minoranza reazionaria e più aggressiva iraniana. Sanzioni, pressioni, sabotaggi, da un ultimo l’abbattimento del drone americano. Cosa succederà adesso?

IL PARERE DI ALCARO

“Diciamo che oggi ha prevalso il calcolo”, risponde Riccardo Alcaro, analista dell’Istituto Affari Internazionali specializzato in Iran, Nato e relazioni transatlantiche: “Questa guerra non la vuole l’Iran come non la vuole Trump. Ma il campo è stato disseminato di così tante mine che la probabilità che qualcuno ci metta il piede sopra senza volerlo resta elevata”. Per l’esperto italiano, Head of the Global Actors Programme dello Iai, ci sono due scenari plausibili al momento. Primo: “Trump resta sotto pressione per aver ceduto all’ultimo, Bolton & Co (John Bolton è il capo del Consiglio di Sicurezza nazionale ed è considerato il falco tra i falchi anti-Iran nell’amministrazione statunitense, ndr) continuano a spingere per l’escalation militare, qualche oltranzista in Iran si sente imbaldanzito dal dietrofront di Trump e comanda un azzardo contro forze Usa o alleate degli Usa nella regione; oppure semplicemente continuano a eccedere i limiti al Jcpoa (l’acronimo inglese dell’accordo sul nucleare del 2015, ndr) fino a che gli europei non possono più difenderli”. Che cosa succederebbe in questo caso? “Si va al conflitto direttamente, oppure perché una volta che gli europei denunciano gli iraniani per la violazione del Jcpoa (lo so è assurdo visto che gli Usa hanno violato l’accordo per intero, ma è quello che succederà se gli iraniani non si fermano) l’Iran esce dall’accordo e riattiva il programma nucleare. Forse esce pure dal Tnp (Trattato di non proliferazione nucleare ratificato nel 1970. Ndr). E a quel punto Usa e Israele avranno maggiore consenso internazionale per un’azione armata contro i siti nucleari iraniani”.

LO SCENARIO

E il secondo scenario? “Stati Uniti e Iran si scambiano minime misure distensive evitando rischi di escalation incontrollata, gli europei riescono a far partire Instex (il meccanismo per salvaguardare gli scambi finanziari con l’Iran dalle sanzioni Usa, ndr), gli iraniani si mantengono ai limiti dei limiti dell’accordo del 2015, si aspetta come evolve la situazione interna agli Usa con l’avvio della campagna presidenziale, e si guadagna a un altro anno, anno e mezzo”. Secondo un’esclusiva Reuters, l’Iran avrebbe ricevuto questa notte, da parte del presidente Trump, un messaggio di avvertimento recapitato in anticipo tramite il canale diplomatico dell’Oman riguardo alla possibilità di un attacco imminente. Però ho anche lasciato aperta la possibilità di una risposta da parte di Teheran – “in un tempo definito” dicono le fonti iraniane dell’agenzia. Un segnale che comunque la comunicazione non è rotta completamente.


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