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Assassinio di Khashoggi. Le ombre dell’Onu su MBS (report in arrivo)

In un rapporto di oltre 100 pagine redatto a valle di sei mesi di indagini, la relatrice speciale per le esecuzioni extragiudiziali dell’ONU, Agnes Callamard, ha indicato che ci sono “prove credibili” sul coinvolgimento di alti funzionari sauditi e del principe ereditario, Mohammed bin Salman (MbS), dietro alla morte del giornalista Jamal Khashoggi. Il report non è ancora stato diffuso pubblicamente, ma diversi media internazionali ne hanno ricevuto un estratto, e sembra essere il punto di partenza per un’inchiesta supplementare sulle responsabilità individuali dei vertici del sistema di intelligence collegato alla politica e al potere della casa regnante a Riad.

Khashoggi, un famosissimo fondista del Washington Post di origini saudite autoesiliatosi in Virginia per ragioni di sicurezza, è stato ucciso il 2 ottobre del 2018 all’interno del consolato del suo paese a Istanbul. Secondo alcune ricostruzioni a compiere l’assassinio fu una squadraccia dei servizi segreti inviata direttamente da Riad — non è chiaro se per compiere l’eliminazione, oppure a qualcuno la situazione sia uscita di mano — e costantemente in contatto con bin Salman. MbS — policymaker del regno che ricopre anche il ruolo di ministro dell’Interno e comanda tutte le organizzazioni di intelligence saudite — avrebbe dato l’ordine di uccidere il giornalista perché ritenuto uno scomodo personaggio dell’opposizione al nuovo corso del potere che il giovane figlio di Re Salman s’è intestato in parte con la forza, in parte costruendo una narrativa che ha creato un nuovo patto sociale soprattutto con le classi anagraficamente più giovani (maggioritarie nel regno).

La vicenda di Khashoggi aveva avuto un contraccolpo pesante a Riad. Il giornalista è morto, a quanto pare, mentre stava dando vita a un movimento collegato alle visioni islamiste della Fratellanza musulmana, che hanno un’interpretazione dell’Islam politico opposta alle linea universalistiche su cui bin Salman ha agganciato parte della spinta futuristica su cui ha poggiato quel patto sociale. L’uccisione efferata — torture, morte ed eliminazione dei resti, con il corpo dell’editorialista mai ritrovato, forze fatto a pezzi e portato fuori dalla sede diplomatica turca dentro borsoni — ha messo drammaticamente a nudo le ambiguità e le incongruenze della forza politica e sociale di MbS. E posto davanti ai suoi interlocutori globali il dubbio di un paese lanciato verso riforme, aperture e futuro (sempre in salsa saudita) e la grossolana eliminazione di una voce di opposizione. Interrogativi che hanno portato apparati statali come il Congresso americano, per esempio, a muovere mozioni per chiedere alla Casa Bianca chiarimenti sull’alleanza e sulle coperture offerte all’amministrazione all’alleato di ferro — anche perché pure la Cia, dimostrando di avere un sistema di intercettazione sia tra i turchi che tra i sauditi, aveva addossato responsabilità su MbS e il suo circolo ristretto era stato costretto per questo a subire un’epurazione, ammettendo colpevolezze parziali inizialmente negate.

Callamard ha dichiarato di aver avuto accesso ad alcune registrazioni riprese all’interno del consolato durante l’inchiesta, ma ha anche ammesso di aver avuto diverse restrizioni. Per esempio: è stata ignorata una sua richiesta di ingresso in Arabia Saudita, un paese molto chiuso alle critiche sulle gestioni degli affari interni. O ancora dice di aver ricevuto soltanto 45 minuti di registrazioni sebbene l’intelligence turca avesse dichiarato di averne a disposizione sette ore. Tra i dettagli disponibile inseriti nel report, quello che è stato campionato come il rumore di una sega elettrica sul fondo delle registrazioni interne raccolte al consolato di Istanbul durante i fatti: forse è stata usata per sezionare il corpo di Khashoggi. Il ministro degli Esteri saudita, Adel al Jubeir, ha dichiarato che le indagini “non sono credibili”, e soprattutto “non vincolanti”.

 

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