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Investimenti e strutture. Cosa cambierà con le Olimpiadi invernali del 2026

L’assegnazione dei Giochi olimpici invernali del 2026 a Milano–Cortina d’Ampezzo risulta, almeno a me, alquanto sorprendente. Mi sorprende infatti la vicinanza – solo 20 anni – dalle Olimpiadi a Torino e, ancora di più, il riconoscimento di un credito internazionale che, pensavo, fosse debole, soprattutto nella contesa con Stoccolma, la capitale di uno Stato che gode di grande prestigio, non solo in Europa. Questo riconoscimento sta comportando una spinta di convinta fiducia che gli organizzatori del progetto hanno espresso con grande entusiasmo.

LE AREE INTERESSATE DALLE OLIMPIADI

Il comprensorio che ospiterà le prove olimpiche include, oltre le aree urbanizzate di Milano e Cortina d’Ampezzo, la Valtellina e la Val di Fiemme. Si inserisce pertanto in un territorio già ricco di impianti per gli sport invernali, il cui completamento, da realizzare entro febbraio 2026 attraverso investimenti contenuti, assicurerà una dotazione robusta e ben articolata. Ritengo che risieda proprio in questa valutazione la decisione di accogliere la candidatura italiana; a ciò si aggiunga il credito acquisito da Milano in occasione dell’Expo 2015 e l’idea, sicuramente vincente, di mettere a disposizione un territorio vasto e differenziato, molto attraente per i 1140 partecipanti tra atleti e tecnici, capace di catturare, per la sua telegenia, un gran numero di spettatori.

IL CONFRONTO CON ROMA (POCO SOSTENIBILE)

Alcuni, non pochi, anche se con sufficiente discrezione, evidenziano la relazione con la rinuncia di Roma Capitale a candidarsi per le Olimpiadi del 2024. Questo confronto, a mio parere, è poco sostenibile, in quanto l’impegno tra i Giochi estivi e quelli invernali è profondamente diverso e squilibrato e, in aggiunta, Roma versa in una condizione molto debole, dove l’impegno di un carico straordinario di lavori, soprattutto infrastrutturali, avrebbe certamente aggravato le criticità attuali.

COSTI E STRUTTURE

Vediamo, anche se per sommi capi, quali oneri le sedi ospitanti dovranno soddisfare e di quali aiuti potranno usufruire. Secondo lo studio condotto dall’Università La Sapienza di Roma, il costo totale, quasi interamente coperto, ammonterà a 1,9 miliardi di euro, destinati a pagare le spese per la gestione complessiva, per la sicurezza e per le infrastrutture. Queste ultime dovrebbero essere alquanto ridotte (346 milioni) grazie alla dotazione che hanno già tutte le sedi.

INTERVENTI CONTENUTI, BASSO IMPATTO SUL TERRITORIO

Come si può constatare, anche dalla progressiva riduzione delle candidature per tutte le manifestazioni sportive importanti, è profondamente mutato il clima della spettacolarità, spesso fine a se stessa: oggi riscuote un consenso maggiore la soluzione che propone interventi contenuti, con un basso impatto sul territorio, confinando su valori negativi tutto ciò che contiene esagerazioni. La scelta vincente della proposta delle regioni del Nord-Est italiano, che, secondo uno studio condotto dall’Università di Venezia prevede 13.800 posti di lavoro, occupati sia nelle imprese pubbliche che private, è radicata proprio in questa linea: valorizzare quanto già esiste e costruire il nuovo pensando principalmente al suo riuso al termine dei Giochi dopo il 2026.

I TRE VILLAGGI OLIMPICI

L’esempio più convincente è dato dai tre villaggi olimpici: quello da realizzare a Milano, riqualificando lo Scalo ferroviario di Porta Romana, sarà riconvertito in residenze studentesche; quello di Livigno diventerà un centro di allenamento per gli atleti; infine quello di Cortina d’Ampezzo, costruito in prefabbricati nell’area di montagna di Fiames, potrà essere smontato e riutilizzato per le eventuali calamità territoriali, dai terremoti alle alluvioni. Anche quest’ultima è un’idea convincente; resta tuttavia l’incertezza sulla sua effettiva realizzabilità: le esperienze finora portate avanti dimostrano che smontare i prefabbricati per rimontarli altrove è difficilmente perseguibile. In occasione dei disastri ambientali la tempestività è prioritaria e ogni operazione un po’ più complessa ha sempre generato inconvenienti sulla effettiva abitabilità delle “casette” riconvertite.

UN RISULTATO POSITIVO

Il risultato ottenuto dalla candidatura italiana è comunque positivo e gli studi progettuali e di fattibilità offrono garanzie reali, sostenuti soprattutto dalla convinzione che l’assenza di quelle esagerazioni, che un tempo sembravano indispensabili, potrà migliorare il territorio e avvicinare sempre più persone ad ambienti naturali protetti, anche se destinati ad attività sportive oltre che per il tempo libero.


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