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Maduro ci prova. Come cambia la politica economica del Venezuela

Il Venezuela è un Paese collassato. Il Fondo monetario internazionale sostiene che l’attività economica venezuelana è in totale arresto e la Banca centrale del Venezuela, controllata dal regime di Nicolás Maduro, non ha potuto più ignorare la situazione. Lo scorso 28 maggio ha ammesso che il Prodotto interno lordo si è ridotto quasi della metà dal 2013. La crisi economica ha provocato una crisi umanitaria e sociale senza precedenti nella storia del continente latinoamericano.

Tuttavia, negli ultimi mesi il governo chavista sta cercando di applicare misure economiche che cercano di contenere la crisi, dopo avere capito che è inutile negarla.

PAESE IN GINOCCHIO

Un reportage della Bbc ripassa questo piano di Maduro per cercare di sollevare i conti del Paese e valuta i possibili effetti. “L’economia del Venezuela è in caduta libera – sostiene l’emittente britannico. Nonostante Nicolás Maduro cerchi di aprire il paracadute”.

Ma qual è questo paracadute? Il governo di Maduro è partito con la fine del controllo cambiario. Dai primi anni del 2000, la compravendita di divisa estera è regolata dallo Stato venezuelano per impedire la fuga di capitale. Le transazioni erano gestite dall’istituzione Dicom, che è stata molto criticata perché annidava corruzione malversazione di fondi per aumentare artificialmente il valore della moneta nazionale.

Da maggio però il governo di Maduro ha cominciato ad autorizzare le banche private a vendere e comprare divisa estera, con l’obiettivo di acquistare il denaro delle commissioni di tutto il denaro che i migranti venezuelani inviano ai loro famigliari rimasti nel Paese (secondo le Nazioni Unite circa 4 milioni di venezuelani sono usciti dal Paese negli ultimi due anni).

Secondo Luis Vicente León, economista e presidente dell’agenzia Datanálisis, la decisione risponde “alla mancanza di manovra da parte del governo venezuelano, che non può più offrire moneta straniera ad un valore inferiore al reale […] non ci sono più risorse e le sanzioni economiche degli Stati Uniti impediscono che Maduro possa generare impatto sui conti”.

POLITICA DEI TAGLI

Un’altra misura (disperata?) del governo di Maduro è la riduzione della spesa pubblica. Un anno fa, quando è stato presentato il Piano di recupero economico, crescita e prosperità, l’obiettivo era azzerare il debito. Ma per gli economisti si tratta di un’utopia, a causa dell’attuale contesto del Paese, la differenza tra le spese e le entrate di denaro e l’iperinflazione, tra tanti altri problemi strutturali dell’economia venezuelana.

Maduro però ci prova. Non alza più frequentemente lo stipendio minimo, come prima, per cercare di contenere l’aumento dei prezzi. Le poche imprese private rimaste in Venezuela aggiustano direttamente gli stipendi, mentre quelli degli impiegati pubblici sono rimasti congelati.

Da settembre del 2018, in Venezuela c’è un 100% di “legal banking reserve”, cioè, i bonifici ricevuti dalle banche devono per legge restare immobili nella Banca Centrale del Venezuela. “Questo comporta una politica molto aggressiva da parte del governo – spiega l’economista León alla Bbc – che evita i prestiti e aumenta i costi di operazioni delle imprese. […] C’è un’apertura e un processo di trasparenza dello stato reale dell’economia, che da anni era necessario. Non si può più alterare artificialmente il valore delle divise straniere e non c’è la capacità di importare materia prima, così come non si può più fare pressione sul settore privato per fare rispettare i prezzi controllati”.

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