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I moderati? Non sono più al centro, ma astenuti. L’analisi di Arditti (Kratesis)

In politica tutto si muove alla velocità della luce. L’Italia di oggi è un paese prevalentemente di destra, ma soltanto cinque anni fa la situazione era esattamente l’opposto.

La fotografia che emerge da una rilevazione Swg è quella di un elettorato inquieto alla ricerca costante dell’ultima novità. Così i cittadini plasmano la propria fede politica a immagine e somiglianza del leader più in voga del quale si innamorano con estrema rapidità e si disinnamorano altrettanto facilmente.

Il quadro restituito dalle urne dopo il 26 maggio è quello di oltre 13 milioni di italiani conquistati dall’area politica che fu di Berlusconi e che oggi appartiene a Salvini. Una situazione del tutto ribaltata rispetto alla tornata elettorale europea precedente quando, grazie all’appeal di Renzi, il centrosinistra svettava su tutti.

Ancora più impressionante è il prosciugamento del consenso pentastellato. Nel giro di un anno, l’M5S ha perso più della metà dei suoi voti. Segno evidente che per Di Maio e compagni più di qualcosa è andato storto nella transizione da Movimento “di lotta” ad azionista di maggioranza del governo.

Ci sono poi i moderati, quelli che tutti evocano, cercano e vorrebbero rappresentare, ma che sembrano essere sempre di più “una specie in via di estinzione”. Un esempio plastico di come alcune categorie politiche siano più nella testa di qualche nostalgico della Prima repubblica che nella realtà dei fatti.

In questa situazione sempre più confusa e ingarbugliata, c’è un solo partito che continua a crescere imperterrito: quello degli astenuti (più di 12 milioni alle Politiche e sopra quota 20 milioni alle Europee).

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È poi interessante osservare come cambiano gli equilibri delle appartenenze politiche all’interno dei tre principali competitor.

L’M5S sembra perdere molta della sua capacità di attrazione trasversale. Infatti, l’abbraccio mortale di Salvini ha portato a un esodo della componente destrorsa dei grillini verso l’alleato leghista.

Il profilo degli “elettori superstiti” si sposta così verso il centro ma la quota maggiore continua ad essere quella dei non collocati sul tradizionale asse ideologico.

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Per i Dem, archiviata la stagione renziana, la nuova conformazione ideologica ha il sapore di un “ritorno alla Ditta”.

Il baricentro del PD zingarettiano si sposta nettamente verso sinistra con una perdita evidente degli elettori centristi e di destra conquistati nell’exploit del 2014.

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Infine, quelli che scelgono Lega non sono così estremisti come si potrebbe pensare, ma si riconoscono in larga parte nella tradizionale area di centrodestra. Un dato che spiega bene il travaso massiccio di voti da Forza Italia al Carroccio e che dimostra come gran parte degli elettori riconoscono in Salvini l’erede (non voluto) del Cavaliere.

C’è poi persino un 9% di sinistra. Prova evidente che “la strategia del buonsenso” è riuscita ad abbattere i tradizionali steccati facendo della nuova Lega un “partito pigliatutto”.

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