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Perché l’alleanza tra Lega, FdI e FI è inevitabile

La riunione di Forza Italia e le decisioni che sono state prese ieri da Silvio Berlusconi sono un dato di partenza di grande importanza per capire oggi i futuri sviluppi della nostra politica nazionale. Da quando l’anno scorso, ad inizio legislatura, il Cavaliere ha dato il nulla osta a Matteo Salvini per la nascita dell’attuale governo giallo-verde, i rapporti tra gli azzurri e la Lega si sono deteriorati progressivamente.

In effetti, prima ancora delle diverse declinazioni programmatiche tra i due movimenti alleati, l’aspetto più significativo è stato conciliare il pessimo rapporto tra FI e il M5S e la nuova maggioranza nata con il contratto. Da sempre, infatti, i Grillini hanno esplicitato la loro radicale ostilità verso Berlusconi, essendo ricambiati da un medesimo e reciproco disprezzo. Per avere il senso della situazione basti pensare che Berlusconi stesso ha definito i pentastellati “peggio dei comunisti” e Di Battista ha postillato il Cavaliere come “essenza del male”. Ovviamente, ciò ha costituito il metro dell’opposizione dura che i forzisti hanno fatto all’esecutivo in questi mesi, ma anche l’opposta frizione creatasi tra Salvini e Giorgia Meloni.

Malgrado il complesso divenire, l’alleanza futura tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia è difficilmente evitabile. Le ragioni ineluttabili sono due: la prima relativa all’unione di centrodestra a livello amministrativo, che segna continui e ripetuti successi ovunque; la seconda più politica, sancita dall’affinità del corpo elettorale e dalla prossimità programmatica tra i tre partiti. Perciò, dopo la maretta interna a FI, dovuta ovviamente agli scarsi risultati mietuti, adesso Berlusconi vuole rilanciare l’alleanza con Salvini, affidando a Giovanni Toti e a Mara Carfagna un ruolo decisionale di vertice, accanto ad Antonio Tajani. Molto importante sarebbe l’introduzione di un autentico principio democratico nel partito, ovviamente sotto la regia del suo leader fondatore, in modo da creare maggiore partecipazione tra i militanti e reale competizione tra i maggiorenti. Se finalmente Forza Italia riuscisse a fare un vero congresso, questi auspici troverebbero un loro approdo concreto apprezzabile.

La scelta di essere alleati ma non subalterni alla Lega è chiaramente il punto decisivo dello sviluppo possibile. Il patto tra Salvini e Di Maio è a tempo determinato, il conto alla rovescia della sua dissoluzione è già cominciato: quindi è bene che si torni a ragionare in modo ordinario su un’area politica liberal-conservatrice, la quale, includendo anche Fratelli d’Italia, rappresenta una rilevantissima casa politica per la maggioranza degli italiani. Tale opzione offre, oltretutto, anche ulteriori garanzie per i soci. La prima è scongiurare il rischio, spesse volte sollevato da Giorgia Meloni, di un’insana tendenza a sinistra di Forza Italia. D’altra parte, la storia insegna che l’esperienza del Nazareno è stata la linea di Berlusconi, forse resasi necessaria in quel frangente, meno illuminata e meno premiata dagli elettori. In Italia, come nel resto del mondo occidentale, si è di destra o di sinistra: tertium non datur. Dopodiché possono esistere tante varianti contingenti in un sistema, una di queste è l’anomalia 5 Stelle, e tante positive presenze centriste. Tuttavia, alla fine, vince chi ragiona in modo identitario, coerente e alternativo all’altro polo.

L’identità, insomma, è importante per tutti, e lo è a maggior ragione per il centrodestra in questo momento, essendo una coalizione potenzialmente trionfante. Intendiamoci, però, su questo punto: parlare di un programma unitario, sentire un’identità comune, avere una serie di valori veri e validi condivisi (anche e soprattutto nazionali e cristiani), non significa essere tutti uguali come dei soldatini, sotto un unico leader. Al contrario, l’essenza della politica è contemperare al proprio interno identità e differenza, ideali comuni e declinazioni differenziate, posizioni chiare e omogenee e distinzioni anche nette, quando imposte dalle circostanze.

La vera difficoltà per Salvini, non certo per Meloni e Berlusconi, è semmai presentarsi domani agli elettori in antagonismo frontale con gli attuali alleati: una complessità aggravata dalle promesse fatte dal Carroccio di governare ancora per quattro anni con i 5Stelle. Ciò nondimeno, attualmente per una Lega al massimo del consenso il rischio logoramento è molto più grave di un ritorno alla propria collocazione politica naturale.

Lavorare, dunque, per avere presto una maggioranza forte, coesa ed unita, di centrodestra è cruciale per tutti. E Salvini beneficerebbe, in aggiunta, ad avere a fianco persone affini e competenti, uscendo da una solitudine che col tempo potrebbe danneggiarlo anche personalmente. Le risorse umane, oltre che valoriali, di tutto il centrodestra sono maggiori, infatti, di quelle che può ottenere un solo uomo con un solo partito. E indubbiamente migliori sono le credenziali di un passo in avanti verso la normalità, piuttosto che perseverare a mantenere in vita un’alleanza forzata tra soggetti che non condividono niente al di fuori di un contratto artificiale, scaduto, imposto dal caso e dalla necessità.



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