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Perché l’Isis rimette la Tunisia tra gli obiettivi

Dalla primavera dei Gelsomini all’estate sotto le bombe. La Tunisia si rialza dopo gli attacchi kamikaze di ieri, che l’hanno rigettata nella paura accanto ad una possibile crisi istituzionale per il malore che ha colpito il 92enne presidente Beji Caid Essebsi. Sullo sfondo il ruolo dei foreign fighters, le infiltrazioni jihadiste, gli equilibri nei players del nord Africa e il piano Usa per il Medio Oriente.

QUI TUNISI

Prima le bombe a Tunisi, poi il malore per il Presidente. È stata una giornata complicatissima ieri per la Tunisia, con i due attacchi kamikaze: il primo rivolto ad una pattuglia della polizia sull’arteria principale della città, Charles De Gaulle Avenue, il secondo contro una stazione di polizia della città dove una persona si è fatta esplodere dietro la porta sul retro del dipartimento nel quartiere di El Gorjani.

Il primo ministro tunisino Youssef Chahed ha scritto sulla propria pagina Facebook di aver visitato Essebsi in ospedale e ha invitato cittadini e media a non diffondere notizie false sulla sua salute: “Assicuro ai tunisini che il presidente della repubblica sta ricevendo tutta l’attenzione necessaria dai medici più efficienti”. Essebsi aveva subito un ricovero anche la scorsa settimana per quello che la presidenza aveva definito “un trattamento non serio”. In carica dal 2014 Essebsi ha recentemente annunciato che non parteciperà alle elezioni del prossimo novembre, affermando che una persona più giovane dovrebbe guidare il paese.

PRIMAVERA

Le elezioni di fine 2019 saranno la terza occasione in cui i tunisini potranno votare liberamente in seguito alla rivoluzione dei Gelsomini del 2011 che rovesciò il regime di Zine El Abidine Ben Ali, in carica e in solitaria da 23 anni. Nel 2015 il terrorismo inficiò nuovamente la stagione turistica tunisina dopo che un uomo armato prese d’assalto una spiaggia di Sousse uccidendo 38 persone, tra cui 30 turisti britannici. Il Paese fu in seguito criticato per essere stato lento nel rispondere all’attacco e anche il governo in seguito ammise le proprie mancanze.

È la ragione per cui gli attacchi di ieri hanno nuovamente aperto il capitolo relativo alla contaminazione dell’Isis in un momento in cui il caos in Libia non permette una ridefinizione più stabile degli equilibri in campo.

TENSIONE E PIL

Il riferimento è alle lotte che la Tunisia ha fatto in passato contro i gruppi militanti che operano vicino al confine con l’Algeria sin dal 2011, quando la Rivoluzione dei Gelsomini era agli albori: il frutto di quella contrapposizione, però, fu proprio la ripresa degli attacchi armati andando ad incidere sull’unica fonte di pil per la Tunisia: il turismo.

Infatti lo scorso aprile era stato emesso un allerta ufficiale da parte dell’antiterrorismo relativamente ai rischi di possibili attacchi, come si sono verificati ieri. Dal 2015 ad oggi il governo tunisino ha lavorato intensamente per migliorare la sicurezza nelle grandi città e nelle località turistiche, ma secondo gli investigatori internazionali i nuclei operativi dell’Isis sono ancora molto propensi a cercare di portare a termine attacchi simili in Tunisia, ragion per cui le forze di sicurezza restano in forte allerta.

QUI ISIS

In passato la Tunisia è stata una notevole fornitrice di “materiale umano” per l’Isis: secondo le forze antiterrorismo almeno tremila cittadini tunisini negli ultimi otto anni si sono affiliati all’Isis e ad altri gruppi jihadisti in Iraq, Siria e Libia contribuendo a fare del paese una zona fortemente controllata.

Lo Stato islamico ha rivendicato gli attacchi commessi ieri. Il tutto secondo alcuni analisti si lega al fatto che solo recentemente i turisti britannici hanno iniziato a tornare in Tunisia dopo il massacro della spiaggia di Sousse e il sangue versato al museo Bardo nel 2015. Ma non va sottovalutato un altro aspetto più generale relativo alla macro regione.

GEOPOLITICA

Gli equilibri nei players del nord Africa sono in evoluzione, non solo per l’impasse libico ma anche per la ridefinizione degli schemi politici in Siria. Un panorama al quale va sommato il piano Usa per il Medio Oriente, che prevede una fase invasiva nei rapporti tra sunniti e sciiti.

Tre giorni fa un tribunale tunisino ha condannato un cittadino tunisino a due anni di carcere per essersi unito all’Isis nel 2013, per poi tornare a casa dopo aver trascorso due anni con l’organizzazione in Siria. Inoltre il tribunale di primo grado ha condannato a 36 anni di prigione cinque capi dell’Isis, tutti cittadini tunisini. Nel frattempo il ministero della Difesa ha confermato la distruzione di cinque nascondigli utilizzati dai terroristi nelle montagne della provincia di El Kef, nel nord-ovest del paese. Nei nascondigli sono stati rinvenuti mine e prodotti chimici convenzionali per la fabbricazione di esplosivi e bombe, oltre a munizioni e dispositivi mobili collegati a cavi elettrici esplosivi. È stato anche arrestato un 32enne sospettato di essere collegato a una cellula terrorista dormiente.

twitter@FDepalo

 

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