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Perché l’onda verde non riesce ad arrivare nella politica italiana. Lo spiega Pagnoncelli (Ipsos)

“Non c’è una proposta politica oggi in Italia in grado di mettere al centro il tema della crescita sostenibile, nonostante questa sia una richiesta che viene da tre italiani su quattro”. Nella giornata mondiale per l’ambiente è Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos a ricordarci che un movimento verde nel nostro Paese non riesce a prendere il volo, a differenza di quanto invece accaduto ad esempio in Germania e Gran Bretagna, perché “in Italia – dice in quest’intervista a Formiche.net – i movimenti verdi sono sempre stati considerati un po’ più di nicchia e molto ideologici”. Eppure ricorda Pagnoncelli: “i corpi intermedi, i cittadini e diversi enti sono molto attivi nel sostenere queste istanze che vengono dal basso, ma la politica pensa più alle paure e alle emozioni del presente che a progettare il futuro”.

Presidente dalla vostra indagine emerge che il 72% degli italiani mette tra le priorità la sostenibilità ambientale. Un dato sorprendente…

Sì In Italia il concetto di sostenibilità oggi è noto a tre italiani su quattro ed è ritenuto importante dal 93% dei nostri intervistati che mettono al centro problematiche sensibili come lo smaltimento dei rifiuti (48%), l’inquinamento (43%), il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici (41%). Una tendenza che è cresciuta nel tempo. E lo dico con una certa sorpresa, perché la crisi economica generalmente mette al centro dei cittadini e dei consumatori altri problemi come quello relativo ai prezzi, del far quadrare i conti. In un’epoca antecedente i temi ecologici – vorrei ricordarlo – riguardavano una minoranza della popolazione, una nicchia.

E come mai si è invertita questa tendenza? Sembra che si parli di ambiente solo per le feste comandate…

Non è vero: c’è questa crescita esponenziale del tema della sostenibilità che è prevalentemente sostenibilità ambientale ma anche sociale, a fronte delle diseguaglianze crescenti, e sostenibilità economica, cioè l’idea che comunque si devono far quadrare i conti anche all’interno delle aziende. Non è un caso che molte società oggi sono sempre più attente al tema della responsabilità sociale: si è passati da un atteggiamento che puntava all’eticità, alla correttezza e alla trasparenza nei confronti dei propri clienti-consumatori ad una vera e propria dimensione olistica della responsabilità sociale. Le aziende sono chiamate ad essere responsabili verso una pluralità di portatori d’interessi e non soltanto nei confronti dei consumatori ma anche per l’ambiente e le comunità nelle quali operano.

Secondo lei questa “onda verde” dalla società è arrivata anche alla politica?

Questo solo parzialmente. È successo – e lo abbiamo visto con le elezioni europee – in altri Paesi e non nel nostro. Se vogliamo memorizzare un momento in cui l’ambiente ha cambiato marcia mi viene da citare l’enciclica di Papa Francesco ‘Luadato si’ ’dove l’ecologia integrale è diventato un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una ‘mera cornice’ della vita umana. Ed è interessante osservare come, da quel momento e non solo, il tema della sostenibilità si sia molto legato anche a quello della crescita.

Cosa vuol dire esattamente?

Che l’ambiente non è una battaglia di retroguardia, i cittadini ritengono che la sostenibilità possa rappresentare davvero un paradigma di crescita per l’economia del nostro Paese. Chi rimane un po’ ai margini di tutti questi processi è proprio la politica. Non c’è una proposta oggi in grado di mettere al centro il tema della crescita sostenibile nonostante i corpi intermedi, i cittadini e diversi enti siano molto attivi nel sostenere queste istanze che vengono dal basso.

Come mai secondo lei?

Perché in realtà molto spesso la politica tende ad inseguire le paure, le emozioni dei cittadini e fa fatica a mettere a fuoco quelli che sono i veri bisogni della collettività. C’è una tentazione permanente ad imboccare delle scorciatoie: è più facile ottenere consenso facendo leva su paure ed emozioni che non immaginare qualcosa che presuppone tempi lunghi e risultati che richiedono il concorso di tutti i cittadini, le istituzioni, la politica e i media.

Ma un movimento verde avrebbe un seguito in Italia?

Mi pare un po’ difficile oggi immaginare di uscire da quello che è lo stereotipo nei confronti dei movimenti verdi. Questi in Italia sono sempre stati considerati un po’ più di nicchia e molto ideologici. Quello a cui stiamo assistendo oggi è un cambiamento che ha una fortissima trasversalità per il tema proprio della sostenibilità. Questa non è più – mi si perdoni la semplificazione – un patrimonio della sinistra. Ci sono cittadini, di qualsiasi orientamento politico, che mettono al centro delle loro preoccupazioni il tema del futuro del pianeta e della qualità della vita e che non vengono adeguatamente rappresentati dai nostri movimenti politici.

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