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Scuola/ L’unica soluzione (che) scomoda

 «Il danno recato dal monopolio statale dell’istruzione non è dissimile dal danno recato da ogni altra specie di monopolio» (Luigi Einaudi).

Secondo quanto riporta l’OCSE (dati 2015), il costo per studente dall’Infanzia al diploma è di 89.336 euro nella buona scuola pubblica statale gratuita e aperta a tutti. Come sia possibile, a fronte di questo dato, considerarla gratuita è inspiegabile. Gratuita per chi? Non certamente per i contribuenti italiani, che ogni anno versano le tasse (sempre più elevate), consegnandole allo Stato affinché assicuri i servizi pubblici primari, tra i quali l’istruzione. Per poi scoprire che lo Stato impiega 10.000 euro annui per ciascuno dei 7.682.635 di allievi che frequentano la scuola pubblica statale e destina invece 500 euro annui per ciascuno dei 879.158 allievi che frequentano la scuola pubblica paritaria. Se questo dato di per sé chiarisce (chi dice il contrario mente sapendo di mentire) che le scuole paritarie non rappresentano nessun onere per lo Stato italiano (tutt’altro: sono proprio queste – e le famiglie – a pagare due volte, finanziando lo Stato… Una sussidiarietà al contrario, insomma!), d’altro canto denuncia un impiego inefficiente di risorse dei cittadini per alimentare un sistema scolastico che risulta classista, regionalista e discriminatorio. Si paga per l’inefficienza: sembrerebbe assurdo, ma è quanto mai reale. Ritorna allora a bomba la domanda di sempre: quanto costa realmente un allievo? E come e dove vengono impiegati questi 89.336 euro?

Cifra, ovviamente, approssimativa e che non tiene conto delle spese delle famiglie e soprattutto delle ripetenze. Sì, perché far ripetere uno studente costa, e non poco. Infatti, secondo dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, bocciare uno studente nella scuola secondaria di primo grado o in un istituto professionale costa tra i 6 e i 7mila euro. Se invece la ripetenze riguarda la secondaria di secondo grado, il costo è sugli 11.500 euro. Insomma, bocciare non conviene a nessuno. Ancor meno, poi, se pensiamo che questi italiani sui quali investiamo espatriano. E un italiano che espatria ci costa 145.621 euro dall’infanzia alla laurea. Confindustria stima un costo totale di 5,6 miliardi di euro (un decimo di tutta la spesa per l’istruzione).

Qualsiasi politica seria sulla scuola non può prescindere da un esame accurato di questi dati. Purtroppo, negli ultimi 20 anni la politica ha visto bene di alimentare la confusione, connivente lo stile litigioso e frammentario di chi preposto a garantire i diritti dei genitori, degli studenti e dei docenti, ne ha legittimato l’inerzia.

Performance discriminanti accolte senza la minima “indignazione civica” (i numeri della discriminazione)

LA SOLUZIONE
L’unica strada possibile per uscire da una situazione già drammatica, sia per la scuola pubblica statale che per la pubblica paritaria, è quella di riconoscere alla famiglia il suo diritto di educare liberamente i figli. Come? Attraverso il costo standard di sostenibilità per allievo: esso prevede che alla famiglia venga data una quota (di circa 5.500 euro annui per studente) da spendere per l’istruzione dei figli. Sarà poi la famiglia stessa a decidere dove spendere tale quota, se in una scuola pubblica statale o in una scuola pubblica paritaria. Il ruolo dello Stato in tutto questo? Quello di garante e controllore, non di gestore e controllore… di se stesso!

 

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