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Haftar vedrà Trump? Gli esiti prevedibili dell’incontro (non confermato)

L’italiana Agenzia Nova ha una notizia che potenzialmente può produrre un terremoto politico – e dunque militare – in Libia: il 18 giugno il signore della guerra dell’Este libico, Khalifa Haftar, potrebbe essere a Washington per tenere un incontro con il presidente Donald Trump e alti funzionari dell’amministrazione (a cominciare dal segretario di Stato, Mike Pompeo).

Non c’è nessun genere di conferma ufficiale da parte americana, e Nova stessa specifica che tutto va preso col punto interrogativo, perché la spifferata arriva all’agenzia da “una fonte dell’entourage” politico militare di Haftar, team noto per ingigantire in forma propagandistica le attività dell’uomo forte della Cirenaica. Per esempio, la scorsa settimana i media amici dell’autoproclamato Feldmaresciallo che da inizio aprile ha lanciato un’offensiva infruttuosa su Tripoli per cercare di prendere il controllo del paese, sostenevano di un incontro a Mosca con Vladimir Putin nel weekend.

Una fonte dal Cremlino ha precisato a Formiche.net che quel faccia a faccia non è mai avvenuto. In quello stesso giorno invece il suo rivale libico, Fayez Serraj, leader del Governo di accordo nazionale patrocinato dall’Onu, era alla Mecca, ospite di un maxi meeting organizzato dal leader saudita Mohammed bin Salman per intestarsi le dinamiche regionali in chiave anti-Iran. La presenza di Serraj in Arabia Saudita, la photo opportunity durante il faccia a faccia con l’erede al trono (motore delle dinamiche politiche del regno e non solo), ha una valenza chiave.

Riad è considerata uno sponsor occulto – nemmeno troppo – dietro all’attacco haftariano a Tripoli, diventato un passaggio cruciale del grande confronto intra-sunnismo con i paesi collegati alle visioni dell’Islam politico della Fratellanza musulmana, Turchia e Qatar, che non a caso sono i protettori delle milizie della Tripolitania che difendono la capitale. Bin Salman avrebbe spinto l’azione di Haftar insieme ad Abu Dhabi sicuro di un’altra protezione, quella degli Stati Uniti, che hanno concesso ampi spazi di azione alla coppia di partner da quando Trump ha consolidato l’alleanza annacquata in era Obama per via della firma dell’accordo sul nucleare iraniano.

La notizia di un possibile incontro tra Trump e Haftar è un rumor che si è diffuso da circa tre settimane, oggi riportato da diversi media libici, anche vicini alla propaganda haftariana. A metà aprile era circolata una ricostruzione su una telefonata tra Trump e Haftar in cui il primo avrebbe riconosciuto al Feldmaresciallo “l’importante ruolo nel combattere il terrorismo e mettere in sicurezza le risorse petrolifere in Libia” secondo una narrazione – che ruota attorno all’anti-terrorismo – molto spinta da Arabia Saudita ed Emirati Arabi per giustificare l’azione di Haftar contro le milizie considerate nemiche verso la presa del Paese. Quella ricostruzione, che sembrava una scelta di campo da parte degli americani, è stata poi edulcorata dal dipartimento di Stato, Pentagono e Consiglio di Sicurezza nazionale.

L’incontro a Washington – se confermato, cosa non scontata – potrebbe avere due sbocchi: o un implicito riconoscimento di legittimità all’azione di Haftar (passando sopra a Serraj, che muovendosi sotto egida Onu ha finora goduto del riconoscimento formale della Comunità internazionale); oppure potrebbe significare l’ingresso degli Stati Uniti nel dossier libico con maggior peso, intimando lo stop dei combattimenti e intestandosi la guida di un processo politico che coinvolgerebbe in modo più diretto gli attori esterni dispiegati sui due fronti.

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