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L’occhiolino di Mosca a Roma (e Salvini). La visita di Putin secondo Pushkov

Aleksey Pushkov ha la diplomazia nel sangue. Nato a Pechino da una famiglia di diplomatici sovietici, ha sempre coltivato la passione dei genitori, seguendo altre strade. La carriera giornalistica ne ha fatto uno dei più noti volti dell’editoria in Russia. Quella politica lo ha portato alla Duma, dove ha diretto la Commissione Esteri nelle fila di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin, di cui è amico e confidente personale. Oggi è senatore. Ospite di una conferenza a Roma presso il Centro Russo di scienza e cultura, spiega a Formiche.net perché si sta aprendo una nuova fase nei rapporti fra Russia e Occidente. Di cui la visita di Putin a Roma costituisce un primo, cruciale tassello.

Qual è il vero significato della visita di Putin a Roma?

Credo che la visita di Putin a Roma abbia una dimensione europea prima ancora che bilaterale. L’Unione Europea ha un nuovo parlamento e avrà presto una nuova leadership. Dopo cinque anni di conflitto politico Russia ed Europa devono fare un passo avanti.

Parla delle sanzioni, giusto?

Certo, l’economia russa beneficerà molto del ritiro delle sanzioni. Anche i Paesi europei stanno accusando il colpo delle contromisure da parte del governo russo, Italia in primis.

Al Consiglio Europeo il premier Giuseppe Conte ha sempre votato senza batter ciglio il rinnovo delle sanzioni.

Il motivo è semplice. L’Ue non vuole aprire un fronte interno sulla Russia. Per questo ogni sei mesi i leader europei danno il via al rinnovo automatico delle sanzioni senza neanche discuterne.

Perché?

Sanno che è un tema estremamente divisivo. Da una parte ci sono Stati come Italia, Cipro, Grecia, Austria e Ungheria che chiedono di allentare le misure. Dall’altra un gruppo guidato da Paesi baltici, Polonia, Svezia e Nord Europa che si batte per la sopravvivenza delle sanzioni. Questo stallo è destinato a durare.

Von der Leyen alla Commissione Ue, Michael al Consiglio europeo, Sassoli al Parlamento Ue. Con questi nomi cambierà qualcosa?

Questa nuova leadership è stata scelta per assicurare continuità dell’attuale politica europea, ma si può avere continuità senza preservare tutto del passato. La stessa opinione pubblica sta cambiando. Ha capito che mantenere uno stato di Guerra Fredda non fa bene a nessuno.

In un’intervista al Financial Times Putin ha definito l’idea liberale europea “obsoleta”. Non sono frasi da Guerra Fredda queste?

Al G20 di Osaka ha chiarito che si riferiva al tema dei migranti. Gran parte della popolazione europea è insoddisfatta dell’approccio liberale al tema migratorio. La politica delle porte aperte si scontra con l’aumento della criminalità e delle tensioni sociali. Come ogni dottrina, anche quella liberale deve essere aggiustata. La Russia un tempo adorava la dottrina socialista finché non ne ha attuato una pesante revisione. Così anche il liberalismo non sarà la fine della Storia.

Pushkov, che pensa del ritorno della delegazione russa nel Consiglio d’Europa?

Un gesto non solo simbolico. È il segno che la Russia è tornata al centro del dibattito e che un consistente gruppo di Paesi europei vuole porre fine allo scontro con Mosca.

Sarà, ma per le istituzioni Ue la Russia non è più un partner strategico.

Non è vero. Molti dei politici un tempo scettici di un miglioramento delle relazioni con la Russia stanno oggi realizzando che un’Europa senza Russia non è in grado di far fronte alla pressione politica di Cina e Stati Uniti. Non è un caso che quando il nuovo presidente dell’Ucraina Vladimir Zelensky in visita a Parigi e Berlino ha chiesto un ampiamento delle sanzioni contro la Russia ha ricevuto un no in risposta.

Torniamo alla visita di Putin. Davvero il governo italiano può rafforzare i rapporti con Mosca senza danneggiare quelli con Washington?

Gli Stati Uniti sono il più importante alleato politico, economico e militare dell’Italia. Ciò detto non vedo alcun bisogno per il governo italiano di dover scegliere fra Washington e Mosca. I consolidati rapporti con gli americani non impediscono all’Italia di coltivare buone relazioni con la Russia. Oggi ci sono tre grandi centri della politica globale: Washington, Mosca e Pechino. L’Italia farebbe bene a scegliere da sola su quali rapporti investire.

Dall’amministrazione Trump sono spesso arrivati moniti in direzione opposta. 

Sinceramente non vedo come gli Stati Uniti possano intralciare le relazioni economiche fra Russia e Italia. Perfino negli anni di tensione per la crisi in Ucraina, quando l’Ue ha imposto le sanzioni contro Mosca, c’erano 1500 aziende italiane con i loro quartier generali a Mosca a tener vivi i rapporti economici. Dopotutto lo stesso Donald Trump incontra di persona il presidente Putin. Se gli americani continuano a confrontarsi con la Russia perché l’Italia non dovrebbe farlo?

Non solo Stati Uniti. Anche l’Ue vede nella Russia un pericolo per la sua coesione interna.

La Russia riconosce l’Ue come entità e il governo russo mantiene contatti ai più alti livelli con le istituzioni europee. Il video dell’intero Brexit Party che volta le spalle nel mentre l’Europarlamento ascolta l’inno europeo lancia un chiaro messaggio: il più grande pericolo per la coesione europea proviene dalle sue divisioni interne.

Ad esempio?

Il tema dei migranti provenienti da Nord Africa e Medio Oriente è stato particolarmente divisivo. Quattro Paesi dell’Est Europa hanno rigettato il sistema delle quote. Il governo italiano ha cambiato radicalmente approccio all’accoglienza. Nel mentre il governo di coalizione di Angela Merkel si è indebolito e i partiti euroscettici hanno il record di voti e seggi a Strasburgo.

E se non è la Russia, qual è secondo lei la più grande minaccia dall’esterno per l’Ue?

La pressione migratoria da Nord Africa e Medio Oriente. È un fenomeno che non si arresterà. L’Ue ha commesso degli errori in questi anni. Ad esempio, consegnare solo agli Stati Uniti le chiavi della politica mediorientale. Il risultato è che a distanza di anni l’Europa sta ancora accusando il contraccolpo della guerra in Afghanistan, Iraq e Siria. Per non parlare della Libia. Come disse giustamente Matteo Renzi, l’intervento della Nato in Libia è stata una vera catastrofe.

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