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Acqua, energia, rifiuti. Le sfide dell’Autorità Arera viste da Besseghini

“Acqua, energia, rifiuti: tutti i settori di competenza di Arera in questo momento attraversano una transizione verso la sostenibilità”. E ancora, sull’emergenza rifiuti a Roma: “La regolazione non si occupa dei problemi dell’oggi, ma del lungo periodo. Siamo però a disposizione per studiare soluzioni che siano le più efficaci possibili”. Senza dimenticare il ruolo delle autorità indipendenti, tante volte tirate per la giacchetta o criticate nel dibattito pubblico: “La nostra forza è la competenza tecnica e il fatto di essere sganciati, anche in termini temporali, dai cicli della politica”. Parola del presidente dell’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera) Stefano Besseghini che domani alle 11, alla Camera dei Deputati, terrà la sua prima relazione annuale dopo la nomina dello scorso agosto. L’occasione giusta per tracciare un primo bilancio dell’attività svolta in questi dodici mesi di guida dell’Arera caratterizzati in particolare – come ha subito sottolineato Besseghini in questa conversazione con Formiche.net –  dal Clean Energy Package “con tutto ciò che ne è conseguito dal punto di vista della transizione, della decarbonizzazione e del piano nazionale energia e clima. Tutti fronti in cui l’Autorità è coinvolta in misura anche rilevante”. Come conferma pure il quadro strategico 2019-2021 che Arera ha recentemente approvato.

Besseghini, iniziamo proprio da qui. Qual è il principale elemento da evidenziare a proposito del quadro strategico dell’Autorità?

La consapevolezza che tutti i settori di nostra competenza, seppure con differenze, si trovano in questo momento in una fase di transizione. Per l’energia mi sembra che sia abbastanza definito, ma anche nell’idrico c’è più attenzione al problema della siccità e delle perdite o della conservazione e dell’uso consapevole. E poi i rifiuti che entrano a pieno titolo nel grande tema dell’economia circolare. Se dovessi usare uno slogan, direi che tutti i settori in questo momento attraversano una transizione verso la sostenibilità: nell’energia con la decarbonizzazione, nell’idrico con la conservazione dell’acqua e nei rifiuti perché l’economia circolare è un grande sforzo di sostenibilità per far sì che i beni durino molto di più rispetto alla loro vita standard.

Questa visione comune fa emergere anche elementi di collegamento tra i diversi settori?

Inevitabilmente sì. Ad esempio il water energy nexus, il legame tra acqua ed energia, perché l’acqua fa l’energia ma l’energia serve anche per gestire l’acqua. Quanto a rifiuti ed energia, basta pensare al biometano che sta crescendo. E poi un altro elemento di collegamento è la tecnologia, non solo in senso lato: la digitalizzazione in particolare ha un effetto molto forte in questo senso perché prevede strumenti abilitanti di gestione dei settori che fino a qualche anno fa non c’erano. Tutto questo il quadro strategico ha cercato di fotografarlo per quanto possibile e di sottolinearne gli elementi di trasversalità.

Il tema dell’acqua continua a creare discussioni anche molto accese. Arera come si sta muovendo a tal riguardo?

Il dibattito verte in particolare sui modelli di governance e sull’efficacia della modalità con cui viene gestito l’assetto societario che caratterizza il settore, che è stato consolidato e avviato a un processo di rilancio degli investimenti. Tutto si può modificare ma domandandosi se vale la pena interrompere un trend che non è ancora completato ma che ha dimostrato di essere di successo. Dopodiché, ciò non toglie che esistano aree della regolazione dell’idrico in cui si debba mettere mano in maniera specifica perché ad esempio alcuni territori non hanno ancora raggiunto il livello richiesto dalla regolazione. Oppure perché alcune azioni non si sono sviluppate nell’ottica della trasparenza degli operatori o della vicinanza ai consumatori.

Trasparenza in che senso?

Una maggiore trasparenza rispetto all’attività che fanno gli operatori senza che vada disvelato chissà quale segreto. Ma si deve trovare il modo di rendere evidente al consumatore quali sono le azioni e le iniziative che gli operatori mettono in campo.

E sui rifiuti? Ricordiamo che, almeno dal punto di vista temporale, si tratta dell’ultimo ambito di competenza che vi è stato attribuito.

È un settore nel quale abbiamo cominciato quasi da zero. Il documento di consultazione di dicembre ha individuato i primi aspetti fondamentali e poi abbiamo messo in campo una serie di attività in termini di focus group e di iniziative specifiche per andare a comprendere quale potrebbe essere un primo impianto regolatorio, tariffario soprattutto. Contiamo entro la fine di quest’anno di farlo uscire.

Dunque, entro il 2019 uscirà questo primo piano sulla regolazione nel settore rifiuti?

In realtà il percorso sarà come sempre attraverso documenti di consultazione successivi: quello di dicembre conteneva i primi orientamenti tariffari mentre adesso ne uscirà uno più specifico. L’obiettivo è di riuscire entro l’anno a concludere con una prima impostazione regolatoria.

A proposito di rifiuti, Roma sta vivendo da questo punto di vista un’emergenza di cui si parla purtroppo in tutto il mondo. Come se ne esce?

La regolazione non risolve i problemi dell’oggi ma crea un assetto regolatorio che cerca di evitare il ripetersi di situazioni come quella che sta vivendo Roma. Nel 1995 l’emergenza colpì la Lombardia e fu l’occasione per rimetter mano in profondità all’assetto organizzativo e al paradigma di gestione dei rifiuti: oggi, a distanza di oltre 20 anni, la situazione è completamente diversa. Questo voglio dire: le crisi ci sono, nel transitorio bisogna mettere in campo tutti gli strumenti per cercare di minimizzarne l’impatto ma dopo occorre provare a cogliere le opportunità che l’emergenza in qualche modo offre per costruire un’impostazione di ampio respiro.

Qual è il contributo che in questo senso può arrivare dall’Autorità?

Fin dall’inizio Arera ha auspicato di riuscire a trovare un assetto della governance del settore che sia razionale e ben strutturato. In questo momento è molto frastagliata – parte dallo Stato centrale e arriva fino ai Comuni – e ahimè, come spesso accade, non sempre i punti di confine sono tracciati in maniera netta. In parte è inevitabile ovviamente – qualche sovrapposizione ci sarà sempre – ma, in ogni caso, ci mettiamo a disposizione per studiare le soluzioni che siano le più efficaci nel medio e nel lungo periodo.

A proposito di elettricità e gas, si va verso il definitivo addio al mercato tutelato. Il governo ha sottolineato che la data del primo luglio 2020 non sarà ulteriormente prorogata. Che ne pensa?

Mi pare una buona notizia, il mondo va in quella direzione. D’altro canto iniziative come il Portale Consumi e il Portale Offerte – che lunedì sono entrati in funzione – possono permettere tranquillamente al settore di fare il salto per dare al consumatore le risposte attese. Bisogna superare l’idea che l’unico segnale sia quello di prezzo.

In che senso?

Certo è importante, se si guardano le statistiche, l’85% di chi è passato al mercato libero lo ha fatto per ottenere vantaggi di prezzo. Però c’è anche un mondo che diventerà sempre più flessibile grazie ai servizi aggiuntivi che si creeranno insieme alla bolletta. Nell’offerta di energia sarà facile introiettare una serie di servizi ulteriori rispetto alla semplice fornitura della commodity. Su questi non è detto che quello del prezzo sia l’unico elemento di comparazione. Dobbiamo trovare un numero minimo di indicatori che consenta di effettuare il confronto e fare attenzione a non costruire gabbie che comprimano la capacità di offerta degli operatori.

Cosa cambia con il Portale Consumi entrato in funzione lunedì?

Partiamo dal tema dei dati, fondamentale pure nell’energia che è una grandissima rivelatrice di comportamenti e attività. Sappiamo benissimo che i dati vengono studiati e investigati soprattutto per riuscire a leggere la tipologia dei consumatori. Un aspetto che richiede grandissima attenzione, come in tutti i settori dell’economia. Il portale Consumi è la prima attività di questo tipo ed è stato importante farlo nei tempi previsti grazie anche all’attività di Acquirente Unico. Uno strumento in continua crescita che già da lunedì offre un set di informazioni piuttosto ricco per l’utente singolo con una profondità di dodici mesi.

E per gli operatori? 

C’è il secondo fronte: fare in modo che alle istanze del Portale Consumi possano accedere terzi, che ci siano meccanismi più o meno automatici che permettano a operatori autorizzati dagli utenti, e sempre con la possibilità di revoca, di accedere ai profili di consumo. Una novità di grande valenza in termini di aggregazione degli utenti. E’ una fase che implementeremo in un secondo momento perché impone delicatezze ulteriori. Per questo stiamo interagendo con il Garante della Privacy: il tema dei dati, ovviamente, è molto rilevante.

In questa fase del dibattito pubblico le autorità indipendenti vengono spesso tirate per la giacchetta e criticate. Ad esempio, per difenderne il ruolo, l’Istituto per la Competitività (I-Com) ha promosso uno studio e un manifesto sul tema. Qual è la sua opinione?

Credo che in questa fase storica le autorità indipendenti rappresentino una scelta quasi forzata. La loro caratteristica migliore è di essere sganciate dai cicli politici in termini anche temporali. Un elemento da non trascurare perché in qualche maniera rasserena il dibattito rispetto alle inevitabili e lecite necessità di creazione e gestione del consenso della politica. Le cui competenze di indirizzo generale sono fatto salve: le autorità non sono ovviamente indipendenti dal mondo ma nelle loro valutazioni di natura tecnica, una volta che è stato delineato il contesto d’insieme.

Però siamo pur sempre in un periodo storico in cui le competenze tecniche vengono spesso descritte in termini negativi…

A mio avviso la competenza tecnica è l’elemento che le autorità devono preservare con maggiore forza, pure nel rapporto con le altre istituzioni e gli altri soggetti della vita pubblica, perché ne difende e ne delinea l’autonomia. Come collegio, lo slogan in cui crediamo è quello della “leale collaborazione istituzionale”: l’autorità deve essere un soggetto indipendente nello scrivere le regole e attivo nello spiegarle, in quel lavoro di advocacy che poi fondamentalmente ne legittima la funzione.


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