L’amministrazione Trump ha annunciato giovedì i dettagli di un pacchetto di aiuti da sedici miliardi di dollari, diretto gli agricoltori danneggiati dal maltempo e dalla guerra commerciale attualmente in corso tra Stati Uniti e Cina. Il piano del Dipartimento dell’Agricoltura include quattordici miliardi e mezzo di dollari per sostenere determinati settori agroalimentari (tra cui, soia, mais, orzo, grano, latticini, maiali, mirtilli rossi, ciliegie e noci). Tutto questo, mentre 1,4 miliardi saranno impiegati per un programma di acquisto di alimenti. Trecento milioni saranno infine utilizzati per la promozione commerciale. Le candidature per ricevere i sussidi inizieranno domani, mentre i finanziamenti cominceranno ad essere erogati a partire dal prossimo mese. Queste misure dovrebbero rimanere in vigore fino all’inverno, a meno che il conflitto tariffario con Pechino non si risolva prima. Un’eventualità al momento non particolarmente probabile.
Nonostante una sorta di tregua siglata il mese scorso tra Trump e Xi Jinping in occasione del G20 di Osaka, le tensioni commerciali tra Washington e Pechino sono riprese nelle ultimissime settimane. In particolare, l’inquilino della Casa Bianca ha accusato la Cina di non aver mantenuto l’impegno ad acquistare grandi quantitativi di prodotti agroalimentari statunitensi. Un accordo che – stando a quanto sostenuto dallo stesso Trump – sarebbe risultato alla base della tregua di giugno. Tutto questo ha portato a nuovo raffreddamento nei rapporti tra i due colossi. A metà luglio, parlando di Xi Jinping, il presidente americano ha significativamente affermato: “Ero solito dire che era un mio buon amico. Probabilmente non siamo così vicini adesso”.
Inoltre, pochi giorni fa, Trump ha espresso forte pessimismo sulla possibilità che la guerra tariffaria con la Repubblica Popolare possa concludersi in tempi brevi. Nella fattispecie, il magnate newyorchese ha sostenuto che – con ogni probabilità – Pechino voglia attendere le elezioni presidenziali americane del 2020, per capire chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti e comportarsi di conseguenza. In tal senso, va sottolineato come, tra gli attuali candidati alla nomination democratica del 2020 non si registrino idee troppo chiare sulla postura commerciale da tenere in futuro con Pechino. Insomma, la guerra dei dazi rischia di durare ancora a lungo. Un braccio di ferro economico, politico e psicologico che si sta sempre più trasformando in una vera e propria sfida di resistenza.
D’altronde, entrambi i duellanti stanno subendo pesanti contraccolpi dalla situazione attuale. Trump riscontra i principali problemi proprio sul fronte della classe agricola: una quota elettorale che, nel 2016, ha in buona sostanza votato per lui e che – come abbiamo visto – non appare troppo felice delle tensioni tariffarie in atto con Pechino. Del resto, i recenti aiuti annunciati dal Dipartimento dell’Agricoltura statunitense vanno proprio in questa direzione: alleviare i problemi degli agricoltori statunitensi, sperando di sopire in tal modo il loro astio verso la Casa Bianca. Dall’altra parte, non è che la Repubblica Popolare se la passi tuttavia molto meglio. Recentemente il Fondo Monetario Internazionale ha evidenziato che le peggiori conseguenze della guerra dei dazi le stia pagando proprio il dragone cinese. L’istituzione ha infatti aggiornato le sue previsioni di crescita degli Stati Uniti quest’anno dal 2,3% al 2,6%, declassando al contempo la Cina dal 6,3% al 6,2% e attribuendo le cause di questo peggioramento proprio all’escalation tariffaria. Il duello quindi va avanti. E, al momento, nessuno dei due giganti sembra voler retrocedere.