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Basta con la politica che risveglia i peggiori istinti. Becchetti legge il manifesto di Calenda

RIVOLUZIONE IMMODERATA

“Rivoluzione immoderata” è il titolo scelto da Carlo Calenda per il suo manifesto politico pubblicato dal Foglio. Un manifesto che è uno sforzo per superare steccati ideologici e tra questi Calenda inserisce anche il liberismo cui non lesina critiche. “È diventato ideologia – scrive l’europarlamentare – contrariamente alla sua radice liberale pragmatica e, appunto, anti ideologica. Diventando ideologia il liberismo ha perso contatto con la realtà e con la capacità di adattarvisi”. Calenda si attribuisce lo sforzo di creare un pensiero politico nuovo e rifugge il termine “moderati”: “lontani dal moderatismo, vicini all’Italia seria” scrive.

Ne discutiamo con Leonardo Becchetti, economista e ordinario di Economia politica all’Università di Tor Vergata, Roma. “Seri, non moderati” sarebbe un ottimo slogan.

“Fa piacere poter confrontarsi con un approfondimento culturale. Non è consuetudine imbattersi in un uomo politico che ha anche lo spessore di produrre una riflessione di alto livello culturale e che favorisca e stimoli il ragionamento sull’elaborazione di contenuti. Non avviene quasi mai, anche perché nei politici in genere prevale la frenesia per la gestione del quotidiano”.

LA SOSTENIBILITÀ UMANA

A Becchetti è piaciuta in particolar modo “la condivisione di alcuni punti fondamentali dell’economia civile, gli indicatori di benessere multidimensionale. Si comincia ad accettare che la crescita è una condizione necessaria ma non sufficiente. Per la prima volta un documento politico si confronta con la domanda di senso dell’uomo. Non può essere tutto ridotto a un problema di sostenibilità economica e ambientale, esiste anche la sostenibilità umana. Fattore tra l’altro particolarmente rilevante nei Paesi occidentali. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ad esempio, c’è una crescita di morti per disperazione, di suicidi, di uso di oppioidi. È importante porsi il problema di società generative capaci di rendere la vita ricca di senso, di aiutare le persone in difficoltà, far uscire i giovani dall’inerzia attiva”.

IL PEGGIORAMENTO DEI CETI MEDI

Becchetti si sofferma anche sui cambi di direzione di Calenda. “Si vede che c’è stato un lavoro sulle proprie idee, che ad esempio ha seguito un percorso sul tema del commercio: non ha sempre avuto questo pensiero. È  vero che abbiamo fatto tanto per liberalizzare, un fenomeno che ha prodotto un aiuto importante ai Paesi emergenti, con alcune forzature come nel caso della Cina. Un processo che ha però prodotto come feedback il peggioramento delle condizioni dei ceti medi nei Paesi ad alto reddito. Per evitare l’inevitabile risposta becera, populistica, va combattuto il dumping sociale. Aggiungo io che abbiamo capito che in economia era sbagliata l’idea salvifica del prezzo basso. Il prezzo basso non è condizione necessaria e sufficiente per il benessere, perché spesso comporta lo sfruttamento del lavoro, dell’ambiente, con ricadute sulla salute della persona”.

L’obiettivo di Calenda, che Becchetti condivide in pieno, è la “possibilità di creare una sintesi di pensieri liberali, cattolici, ambientalisti e delle reti civiche di questo Paese. Una sintesi che esiste già sul terreno dei festival e che tutti insieme, e penso a Mauro Magatti, ad Alessandro Rosina, a Marco Bentivogli, possiamo farla diventare manifesto della politica e non più solo ragionamenti da intellettuali”.

NON TRATTARE PIÙ L’ELETTORE COME UN IDIOTA

Per il professore Becchetti “ci sono gli ingredienti per questa trasformazione. Ingredienti di pensiero e anche attori per riuscire a fare politica senza cadere obbligatoriamente nel populismo. Credo che una delle sfida ambiziose da porsi sia quella di non trattare più l’elettore come un idiota. Una delle finalità dell’attività politica è l’effetto che l’attività politica ha sui cittadini. Non si può continuare a giudicare la politica esclusivamente in base ai dati sul deficit, sull’occupazione. La politica deve interrogarsi su questo”.

Proviamo a definirlo un approccio olistico della politica e il professore non si tira indietro: “Sì, possiamo considerarlo. La politica ha puntato sempre più al ribasso, ha cercato di solleticare gli istinti peggiori delle persone. E credo che questo sia il risultato allo stesso tempo più importante e peggiore raggiunto dalla politica nella trasformazione della cultura politica dell’Italia”.

Gli chiediamo infine se in questo contesto di riferimento, se attorno al manifesto di Calenda possano nascere anche leadership politiche. “Io sono fiducioso. Ripeto, gli ingredienti ci sono e potrebbe venir fuori una buona torta. Quanto alle leadership, ovviamente si misurano sul campo. Sicuramente persone come Calenda e Sala hanno ormai raggiunto una visibilità pubblica e una capacità di leadership riconosciute. Poi ci siamo anche noi professori che ci diamo e ci daremo da fare”.

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