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Lotta al riciclaggio o sanatoria sulle cassette di sicurezza? Il commento di Ferretti

Il contrasto al riciclaggio di denaro illecito ha sicuramente subito in questi ultimi anni una brusca accelerazione anche a causa della sua innata attitudine a miscelarsi subdolamente con il fenomeno del terrorismo. Più in particolare, in ambito bancario, il punto di svolta nella lotta al riciclaggio si è avuto con il passaggio dall’approccio passivo all’approccio attivo. In estrema sintesi, il primo approccio si basava essenzialmente sulla tracciabilità delle operazioni così da metterle, alla bisogna, a disposizione della magistratura. Un meccanismo semplice, ma statico e quindi incapace di mantenere il passo con sistemi di riciclaggio sempre più innovativi ed aggressivi. Da qui la necessità di passare ad un approccio attivo. In questa nuova modalità l’uomo (ad esempio il cassiere, il gestore, il direttore di una filiale) diventa protagonista ed il contrasto al riciclaggio si basa proprio sulla sua capacità di captare, grazie alla conoscenza dei soggetti e delle situazioni, eventuali anomalie riconducibili a fenomeni illeciti.

Ed è proprio da questa attività di base che partono eventuali successivi approfondimenti da parte di Gdf, Dia etc. Tuttavia, se è vero che la duttilità del nuovo approccio lo rende più efficiente nel contrasto al riciclaggio, è innegabile che una pletora di soggetti (non solo dipendenti di banca, ma anche impiegati delle Poste, agenti immobiliari, notai, commercialisti etc), sono stati assoggettati dalla normativa a pesanti responsabilità. Se non altro perché l’approccio attivo, sostituendo il ragionamento alla matematica, si basa necessariamente su valutazioni soggettive che, in presenza di eventuali reati, potrebbero essere messi in discussione dal magistrato inquirente. Da considerare, inoltre, che il passaggio all’approccio attivo ha comportato importanti costi per il sistema bancario, sia in termini di piani di formazione per i dipendenti (Abi), sia in termini di continuo adeguamento delle procedure informatiche antiriciclaggio (vedi Unicredit, Intesa e Banco Bpm).

Ora, il vero problema consiste nel fatto che, sorprendentemente, alcune impostazioni politiche sembrano muoversi in direzione diametralmente opposta rispetto allo sforzo antiriciclaggio sin qui descritto. Qualche tempo fa, ad esempio, in area leghista si ipotizzò di alzare l’attuale limite all’uso del contante dagli attuali 3000 Euro a 5000. L’intento era ovviamente quello di ridare slancio all’economia, tuttavia è evidente che, così facendo, si finisce per barattare una misura di rilancio con un abbassamento della guardia sul fronte dell’evasione e del riciclaggio. In Italia, secondo i dati del Comitato per la Sicurezza Finanziaria, ogni 100 euro di transazioni ben 86 sono in contanti, ben al di sopra della media europea. Anche la proposta sui Mini bot genera forti perplessità sul fronte dell’antiriciclaggio. Ad esempio, si applicheranno ai Minibot, che non sono valuta, tutte le restrizioni previste per il contante? E non potrebbero essere utilizzati proprio per aggirare questi limiti previsti? Se si passa la frontiera con pacchi di Minibot serve la dichiarazione doganale oltre i 10000 Euro? E non potrebbero essere acquistati in blocchi dalla malavita per essere poi utilizzati in contropartita di attività illecite?

Presto per rispondere a queste domande, ma, sicuramente, la malavita ha creato un pool di esperti che sta esaminando con grande curiosità questo strumento. Ciò che invece appare certo è che, qualora la proposta di far emergere i contanti detenuti nelle cassette di sicurezza attraverso una specie di sanatoria rientrasse nel progetto “Pace Fiscale 2”, le casse dello Stato ne godrebbero, ma il contraccolpo sulla lotta al riciclaggio, all’evasione ed al terrorismo sarebbe pesantissimo. Innanzitutto, il governo, di fatto, dichiarerebbe ufficialmente che il problema del riciclaggio e del vorticoso giro di contante non è poi così grave. Il problema è che l’immediata conseguenza di questo “outing istituzionale” sarebbe la totale demotivazione di tutte quelle migliaia di persone che, come detto, sono stati chiamate, non certo per loro desiderio, ad applicare la normativa antiriciclaggio.

Persone che rischiano ogni giorno di incorrere in sanzioni pecuniarie anche di un certo rilievo. Inoltre, la misura farebbe forse emergere il contante dalle cassette, ma non sarebbe in nessun modo in grado di evitare il riformarsi del fenomeno. L’idea di obbligare i beneficiari della misura a dimostrare la provenienza del denaro così da applicare la sanatoria alla sola evasione fiscale; l’idea di tracciare il denaro emerso per incanalarlo obbligatoriamente nell’attività dell’imprenditore; l’idea di convertirlo in Btp destinati ad opere pubbliche è solo fantascienza. Se il denaro verrà tracciato, non emergerà. Ma, soprattutto, a ben vedere, ripulendo di fatto con una sanatoria il denaro proveniente da ogni sorta di attività illecita, lo Stato non si trasforma esso stesso in un abile riciclatore?

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