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La Cina è sempre più vicina. E il governo gialloverde ci mette la firma

Roma continua a strizzare l’occhio a Pechino, non curante dei possibili effetti (negativi) sulle relazioni con gli alleati storici, Usa in primis. A cinque giorni dal Forum finanziario italo-cinese di Milano (qui l’intervista all’esperto Alberto Forchielli) che ha sancito il lancio dei primi Panda bond di matrice italiana, questa mattina si è avuto un altro assaggio della sbandata tutta cinese presa dal nostro governo. Teatro, Palazzo Chigi, protagonista, Luigi Di Maio.

ANCORA CINA PER IL GOVERNO

In mattinata il vicepremier e capo politico del Movimento Cinque Stelle ha incontrato a Palazzo Chigi, il segretario del partito comunista della città di Tianjin, Li Hongzhong, per un colloquio bilaterale che, come hanno spiegato dal ministero dello Sviluppo (di cui Di Maio è anche titolare) “segue la visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping avvenuta lo scorso marzo, nel corso della quale furono firmate dai due governi importanti accordi, come quello sulla Belt and Road Initiative”, meglio conosciuta come Bri. Attenzione, perché non si è trattato solo di convenevoli e strette di mano e qualche sorriso per i fotografi. Al termine dell’incontro sono state infatti firmate sette intese commerciali da parte di enti ed aziende italiane (qui l’elenco) e cinesi nell’ambito dei settori industriale, culturale e sportivo, per un valore potenziale di mezzo miliardi di euro.

La Cina dunque, almeno per il versante grillino, è sempre più vicina, in barba alle possibili ripercussioni sulle nostre relazioni internazionali. D’altronde, che il richiamo del Dragone per il Movimento sia irresistibile, al punto di farne uno dei primi sponsor dell’apertura all’ex Celeste Impero a cominciare dall’impegno grillino profuso per la Via della Seta, la scorsa primavera, lo dimostra anche un altro passaggio del comunicato del Mise: “Nei prossimi mesi sono in programma numerose missioni di enti provinciali cinesi in Italia per intensificare la collaborazione tra le istituzioni dei due Paesi che consentirà, in vista del 50esimo anniversario delle relazioni tra Italia e Cina nel 2020, di proseguire nel rafforzamento dei rapporti diplomatici e commerciali tra Italia e Cina”. Ma chi è Li Hongzhong?

UN UOMO POTENTE

L’ospite cinese non è certo un funzionario di medio livello della nomenclatura cinese. Tutt’altro. Massima carica politica della città di Tianjin (e dunque capo del Partito comunista locale), una delle quattro città, assieme a Pechino, Shanghai e Chongqing, ad avere status di provincia. Tanto per rendere l’idea, secondo una scheda dell’Agi, si tratta di uno dei venticinque uomini più potenti in Cina dallo scorso Congresso del Pcc: nell’ottobre 2017, è infatti entrato nel Politburo, il vertice decisionale del Partito Comunista Cinese, composto da 25 dirigenti politici di livello nazionale. Li, che nel 2013 fu tra i pochi leader provinciali a contribuire alla stesura di una bozza sulle riforme complessive del sistema cinese, ha preso il posto di Huang Xingguo, espulso dal partito con l’accusa di corruzione. Tianjin, alle porte di Pechino, conta circa 15 milioni di abitanti. Un tempo tra le aree a maggiore crescita del Paese, oggi risente di un forte rallentamento: nel 2018 è cresciuta del 3,6%, e per il 2019 le autorità locali hanno fissato come obiettivo quello di raggiungere una crescita del 4,5%, al di sotto dell’obiettivo fissato a livello nazionale, tra il 6% e il 6,5%.

L’ATTACCO DI FORZA ITALIA

Il nuovo blitz cinese, giunto a pochi giorni dal forum milanese e nello stesso giorno in cui il colosso Huawei ha annunciato 3,1 miliardi di dollari di investimenti in Italia entro il 2021, ha innescato la reazione di chi vede un pericolo nell’eccessivo avvicinamento tra Roma e Pechino. Il senatore di Forza Italia ed ex ministro Maurizio Gasparri è stato durissimo. “Continua la politica di svendita del governo Conte ai comunisti cinesi. Di Maio, che chissà come avrà chiamato l’ennesimo esponente cinese venuto a fare il padrone in Italia, ha sottoscritto altri accordi che fanno gli interessi della Cina. Mentre si urla tanto sulle vicende della Russia, si parla poco della svendita del nostro Paese alla Cina. Una scelta irresponsabile e gravissima che vede accomunato l’intero governo, perché anche chi finge di dissentire ha tra i propri sottosegretari, ce n’è uno leghista, persone impegnatissime a tradire gli interessi italiani e fare regali ai cinesi. Ci sarà qualcuno a Pechino che fa lo stesso mestiere che altri fanno in altre parti del mondo. Ma nessuno ne parla. Questa svendita dell’Italia alla Cina è un atto sventurato a danno del futuro del nostro Paese”.

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