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Così la web tax divide Washington e Parigi

Nuove tensioni rischiano di esplodere tra Stati Uniti e Francia. E, stavolta, il casus belli riguarda il web. L’amministrazione Trump ha annunciato ieri un’indagine sul progetto, avanzato da Parigi – e che ha avuto oggi il via libera definitivo dal Senato – di imporre una tassa sui giganti tecnologici. Il rappresentante per il commercio statunitense, Robert Lighthizer, ha espresso serie preoccupazioni sul fatto che la mossa francese possa risultare eccessivamente dannosa per le aziende americane. “Il presidente ha ordinato di indagare sugli effetti di questa norma e determinare se sia discriminatoria o irragionevole e gravi o limiti il commercio degli Stati Uniti”, ha non a caso dichiarato ieri Lighthizer in una nota. Su questo fronte, la Casa Bianca ha incassato l’appoggio bipartisan di vari esponenti del Congresso.

LA TASSA FRANCESE

La proposta prevede francese una tassa del 3% sulle entrate annuali delle società tecnologiche che realizzano almeno settecentocinquanta milioni di euro all’anno a livello mondiale e forniscono servizi agli utenti nel Paese. Ad essere maggiormente colpiti, risulterebbero – neanche a dirlo – i colossi tecnologici americani come Amazon, Google e Apple.

L’INDAGINE USA

In particolare, Washington sta effettuando la propria indagine in base all’articolo 301 dello US Trade Act del 1974: una norma che conferisce all’esecutivo americano la possibilità di imporre dazi come ritorsione a pratiche commerciali estere, giudicate dannose o inique per l’economia statunitense. Questo elemento lascia intendere che l’indagine possa preludere a uno scontro commerciale con l’Europa. Come fa notare Politico, con ogni probabilità, Parigi replicherebbe ad eventuali tariffe americane, dichiarandole illegittime davanti all’Organizzazione Mondiale del Commercio.

LA STRATEGIA DI PARIGI

Sull’argomento della tassazione dei colossi del Web Parigi risulta particolarmente sensibile. In passato, la Francia ha tentato di promuovere senza successo una legislazione simile a livello europeo. Anche perché – al di là di questioni legate alla giustizia fiscale – l’Esagono nutre tutto l’interesse ad arginare lo strapotere delle grandi aziende americane, per tutelare quelle di casa propria: a partire da Qwant, motore di ricerca francese che, non da oggi, ambirebbe ad acquisire il ruolo di vero e proprio Google europeo.

MA GLI USA NON MOLLANO

La Casa Bianca, dal canto suo, non ha troppa intenzione di cedere. Nonostante i rapporti tra Trump e i colossi della Silicon Valley non siano mai risultati esattamente idilliaci, queste nuove tensioni vengono in realtà ad inserirsi in una serie di dinamiche più generali e complesse. Nelle ultime settimane, gli attriti commerciali tra Washington e Bruxelles sono tornati ad intensificarsi, con l’amministrazione Trump che – a inizio luglio – ha espresso l’intenzione di imporre dazi su ottantanove prodotti di importazione europea (tra cui pasta e provolone). Una mossa che nascerebbe come risposta serrata alla questione Airbus: gli Stati Uniti accusano infatti da tempo l’Unione Europea di fornire sussidi illegali al colosso dell’aviazione, danneggiando così il concorrente americano Boeing. Bruxelles ha sempre tuttavia rispedito al mittente queste accuse, alzando il livello dello scontro.

I RISVOLTI GEOPOLITICI

D’altronde, al di là dell’aspetto meramente commerciale, il problema su questo fronte assume una connotazione profondamente geopolitica. Attaccare Airbus, per Trump, significa infatti tentare di colpire l’asse franco-tedesco: un sistema di potere cui la Casa Bianca guarda come il fumo negli occhi e che sta cercando di scardinare con ogni mezzo a propria disposizione. In questo senso, è allora chiaro come – con ogni probabilità – anche l’attuale scontro con Parigi sulla tassa digitale rientri in buona sostanza all’interno della medesima dinamica. Insomma, l’ormai storico braccio di ferro tra Trump ed Emmanuel Macron passa adesso anche attraverso il web.

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