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Populisti contro il popolo. La sfida della nuova Europa

La Ue può salvarsi? Deve, è, di fatto, l’ultima utopia della nostra generazione, l’ultima speranza per i nostri Paesi. Il populismo e i populisti sono pericolosi, va combattuto. Di fatto è contro il popolo, ne sfrutta specularmente le difficoltà e la rabbia per solo rendiconto elettorale e quindi di potere. La vera sfida da raggiungere e vincere sarebbe portare il popolo contro i populismi, avere consapevolezza della realtà delle cose e non alimentarsi della ormai nota e dilagante cosiddetta post-verità, ovvero le bugie distribuite con matematica meticolosità. Amare davvero il popolo è dir loro sempre la Verità, rispettarlo significa dar credito ai suoi bisogni e impegnarsi per le future generazioni e non considerarlo davvero un insieme di nullità al quale indottrinare qualsiasi imbecillità. Il popolo unisce mentre il populismo distrugge.

POPOLO E POPULISMI

Il risultato delle azioni dei populisti à la carte dell’era contemporanea è avere più disoccupazione, più violenza e meno libertà. Un individualismo becero inonda le nostra quotidianità e lo si scorge in tutte le attività umane negli ultimi anni e la cosa che più fa rabbrividire è che alla mia generazione e quella subito dopo non gliene frega nulla di lasciare società distrutte, ai propri figli e nipoti, nulla! Ecco la vera posta in gioco per le prossime generazioni, ecco la posta in gioco per il futuro del Vecchio Continente, il suo futuro non potrà solo essere divenire suddito o di Trump o di Putin o della Cina ma artefice e forte del proprio destino. I nuovi partiti rivendicano la definizione di “populista” inteso come “ chi sta dalla parte del popolo”, ma è una menzogna, tutti i democratici ascoltano il popolo (se penso che ho militato in un grande partito democratico che aveva come organo di partito un giornale storico dal titolo “Il Popolo”…) ma la differenza è che i populisti pensano che qualunque cosa dica, il popolo ha sempre ragione, invece in democrazia esiste chi deve prender decisioni e poi vi sono le Costituzioni, ci sono leggi, regole che ne limitano il potere; così è per il Parlamento, ci sono norme che ne regolano il funzionamento, la sovranità presuppone dei contro-poteri.

Il populista e i populisti affermano che il popolo è unico sovrano e che non deve avere nessun limite ne contro-potere. Il vero democratico a differenza dei populisti invece è qualcuno che dice il contrario, ma quando il popolo urla W Hitler” bisogna dire no, quando il popolo grida “viva la pena di morte” bisogna dire di no, quando il popolo, ed è successo anche questo “dice“ le donne sono esseri inferiori” bisogna dire di no, etc etc! Ma chi è che ha il coraggio di dire no allora? Innanzitutto colui che dice di no è, a volte, un’altra parte di popolo, costituisce una minoranza ma anch’essa con dei diritti. E poi ci sono appunto le istituzioni, una Costituzione, delle Leggi, c’è tutto un apparato istituzionale che aggiungendosi alla volontà popolare costruiscono assieme la democrazia che i populisti tacciano come elite, poteri forti, burocrati infami, quindi, basta con queste leggi cosi complicate, tutta questa difficoltà di mediazione e lavoro, basta, ascoltiamo direttamente il popolo, senza intermediari.

LA CRISI DELLA DEMOCRAZIA

Ci ritroviamo in questa situazione perché negli ultimi anni ci si è distratti, non senza profonde responsabilità, tutti , nessuno può esimersi, uomini politici, partiti, intellettuali, organizzazioni, giornali, media, università, ma soprattutto i cosiddetti nuclei fondanti della società, ovvero le famiglie, hanno sottovalutato cosa andava montandosi nella società. Stiamo vivendo la terza crisi della democrazia nell’arco di un secolo. La prima è stata alla fine del XIX, inizio XX secolo con Mussolini, anni venti-trenta e l’avvento tragico di Hitler e dopo la guerra, con il rafforzamento e le conseguenti atrocità del comunismo. Oggi siamo alla terza, di eguale importanza e pericolosità. Gli europei non credono più alla democrazia, la trovano pesante, ingessante, complessa; i trovano più comodo delegare il potere ad un Capo unico, che ama esser spiritoso in Tv, veloce, sembrare identico al sentire comune su Facebook, Twitter, postando di tutto e per tutto il giorno e fa nulla che il tempo per lavorare, studiare e analizzare miriadi di dossier delicati non si trova.

Nella loro ottica i populisti non sbagliano, anzi sono molto scaltri ed intelligenti nell’aver individuato un mutamento epocale nell’approccio alle cose, molta superficialità ma essere diretti, non ragionare e approfondire ma essere rapidi nell’interpretare il senso comune di quell’istante. Si è alterato e modificato il rapporto delegato/delegante, il Potere deve guidare i cittadini, dopo esser stati scelti democraticamente e non inseguire il comune sentire tout court. Gli europei di oggi trovano quasi inutile andare a votare, vedono complotti ovunque e gli stessi complotti sono per loro i responsabili dell’annullamento della loro volontà, la volontà del popolo. In poche parole questa crisi è più subdola, in sintesi è meglio dare la colpa a X o a Y e non guardarsi nel profondo e farsi domande concrete. Ormai la civiltà democratica è morente, certo in passato è già resuscitata altre volte, ma a che prezzo? Ne abbiamo memoria, che prezzo orrendo si è dovuto pagare?

Bisogna riflettere sull’origine di questa crisi. La democrazia si fonda su tre grandi idee Universalità, Verità e Libertà, tutte e tre queste idee sono state negli ultimi decenni de-costruite. L’universalità è stata sostituita dal relativismo culturale, l’idea di verità superata dalla fake news e quindi dalla cd post verità; per l’idea di liberta è successo quello che un grande come Tocqueville aveva previsto, gli occidentali hanno preferito l’uguaglianza alla libertà, quando inversamente il compito è combinarle tra loro evitando che l’una prevalga sull’altra. Il fallimento è stato nel non saper far da guardiano a queste tre idee. I cosiddetti intellettuali, la classe dirigente, la ormai bistrattata elitè ha fallito proprio per aver smesso di essere guardiana di questi grandi capisaldi dell’evoluzione umana. Le élite non sono scollegate dal popolo, ma dalle idee, dal gusto della libertà, dalla credenza dell’universalità e dalla ricerca della verità. Le élite hanno fallito nella irresponsabilità sopravvenuto ad un certo punto in questi ultimi decenni.

L’idea di Europa che dobbiamo recuperare, nella tradizione storica, è un modo di vivere insieme, farla ritornare spazio di civiltà, di rapporti tra uomini e donne, una certa concezione di amore, coltivare un particolare rapporto con le religioni, il diritto di aderire ad essa o anche di abbandonale, il comprendere che è una potenza economica che altre potenze economiche vogliono indebolire. Ci sta, sono le regole del gioco ma allora è giusto rafforzarla e non soccombere. Fare dell’Unione europea una unione politica, di difesa, di crescita culturale ed economica appunto per poter affrontare la sfida con l’offensiva commerciale ed economica della Cina, quella ideologica di Putin, la volontà di indebolirci espressa da Trump, quella ideologica espressa dall’islamismo radicale strumentalizzato dal saudita Mohamed bin Salman o da Erdogan. Come ha affermato Philip M. Breedlove, (Generale americano che ha comandato le forze dell’Alleanza Atlantica negli anni della crisi ucraina e dell’emersione dell’Isis), pochi giorni fa ad un evento organizzato a Roma presso il Centro Studi Americani, dopo settant’anni di pace duratura, la Nato, e aggiungerei io con essa l’Europa, devono saper attrezzarsi per le nuove minacce, non solo per quella tradizionale ad est, con la Russia sempre assertiva, ma anche per la competizione a tutto tondo con il Dragone cinese e per una soluzione durevole della crisi iraniana e dell’intera regione.

TEMPO DI SCELTE

In queste ore si è sciolto non senza fatica il rebus delle nomine ai vertici dell’istituzione europea e, tralasciando le analisi di come ci si è arrivati, la nota più che positiva è che per la prima volta, dalla sua nascita, l’Unione Europea vede due donne ai massimi vertici, la tedesca Ursula von der Leyen nominata presidente della Commissione e la francese, oggi Presidente del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde verso la guida della Banca Centrale Europea al posto di Mario Draghi, dal prossimo ottobre. Insomma è ormai tempo di fare passi in avanti, comprendendo come il mondo sta mutando, interpretando i problemi che assillano i popoli europei e contemporaneamente guidando (e non farsi guidare appunto) in un cambio che è epocale, non attardarci sul diametro delle vongole, la curvatura dei cetrioli, su quanti agrumi produrre o sull’austerity sempre e comunque.

Già un grande europeista come Alcide De Gasperi nel discorso tenuto al Consiglio Europeo del 1951, a Strasburgo affermò: “Se noi costruiremo soltanto amministrazioni comuni, senza una volontà politica superiore vivificata da un organismo centrale, potrebbe anche apparire ad un certo momento una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva quale appare in certi periodi del suo declino il Sacro Romano Impero. In questo caso le nuove generazioni, prese dalla spinta più ardente del loro sangue e della loro terra, guarderebbero alla costruzione europea come ad uno strumento di imbarazzo ed oppressione”. Sta tutto qui la sfida dell’oggi che guarda al domani, diceva Jean Monnet, “non c’è futuro per i popoli europei se non nell’Unione” ma soprattutto “niente è possibile senza gli uomini, e niente dura senza le Istituzioni.”

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